di Costanza Vascotto
Proviamo a chiudere gli occhi e ad immaginare di poter ritornare indietro con il tempo, alle civiltà antiche della Mesopotamia, all’Egitto e al periodo greco e romano. Questo sogno è reale e si riveste di un sapore dolce, speziato, mediorientale.
Quale sarà il segreto di questo sapore “antico”?
L’anice verde o comune: una pianta e spezia antica. Storia tra epoche diverse
Come per altre erbe medicinali commercializzate già dai tempi della Civiltà Minoica, l’anice comune o verde presenta una tradizione millenaria come spezia aromatica e salutare, riconosciuta fin dall’antichità.
Diverse piante agrarie, piante aromatiche e anche le spezie si diffusero in Occidente attraverso quel ponte ideale costituito dalle regioni della Mezzaluna fertile, tra l’Oriente e il Bacino mediterraneo (Simonetti, 1990). Così avvenne anche per l’anice verde che ha avuto origine nel Medio Oriente e che giunse ben presto in Occidente attraverso le vie commerciali delle spezie.
La storia della pimpinella asinum
All’epoca degli Assiri
Questo popolo lo riteneva un prezioso medicamento per lo stomaco, come è riportato nella famosa tavola del re assiro Assurbanipal, e lo innalzarono a pianta “magica” in quanto in grado di scacciare gli spiriti maligni.
Nell’antico Egitto
Il suo impiego come pianta medicinale risale all’epoca dei Faraoni. Questo uso a scopo medicinale viene riportato in un papiro egizio del 1550 a.C. (il papiro di Ebers), una vera e propria enciclopedia medica di quell’epoca resa possibile grazie alla classe sacerdotale che affiancava la figura del Faraone.
Nella culla della civiltà occidentale: Grecia
Gli antichi Greci cominciarono a coltivare l’anice verde per le sue proprietà curative, assai decantate da illustri filosofi, medici e non solo. Per esempio, dal grande filosofo greco Pitagora era considerato una pianta sacra per i suoi poteri soprannaturali. Ippocrate, il padre della medicina, lo riteneva in grado di sciogliere il muco nelle affezioni respiratorie; Celso e Galeno (medico greco, i cui punti di vista hanno condizionato la medicina europea) elogiavano le sue proprietà contro i dolori intestinali, l’itterizia e gli avvelenamenti (il suo aroma serviva da esca per attirare i topi).
Spezia afrodisiaca e digestiva tanto pregiata per gli antichi Romani
L’adoperavano spesso come spezia per insaporire i piatti a base di carne e verdure, con lo scopo di risvegliare i sensi ossia di eccitarli per combattere l’impotenza sessuale. Inoltre, l’inserivano nella preparazione di un dolce rituale, “mustaceum”, per facilitare la digestione.
L’anice comune divenne talmente gradito e ricercato in epoca romana che iniziò ad essere usato persino come moneta. A tal proposito, i Romani ne incrementarono la sua coltivazione, partendo dalla Toscana e da lì a poco in Europa.
Periodo d’oro medioevale. La sua coltivazione si diffonde in Europa
Questa spezia continua ad essere usata come insaporente ed aromatizzante e per la preparazione di rimedi naturali. Con Carlo Magno l’uso di tale spezia si sviluppò anche nel nord Europa. Nelle isole britanniche il suo valore d’importazione era tanto prezioso che veniva soggetto a tassazione (venne imposta una tassa sulla sua compra-vendita per riparare il Ponte di Londra). Carlo Magno non solo ordinò con un editto di coltivare l’anice in ogni giardino ma autorizzò nei suoi “Capitolari” (una raccolta di ordinanze e leggi medioevali)la commercializzazione con l’Oriente dell’olio estratto da questa pianta.
Nel corso del tempo l’anice comune assunse un’importanza economica pari ad altre specie commerciali, quali per esempio i cereali, la frutta, l’olivo, gli ortaggi e la vite.
La coltivazione di questa pianta aromatica, originaria della penisola anatolica, si è ampiamente radicata nel bacino del Mediterraneo e in Europa. In Italia è divenuta una pianta spontanea, soprattutto in Sicilia. Al di fuori dell’Europa, altri Paesi si deliziano nel coltivarlo, come l’Africa, l’Asia, l’Egitto, il Cile e il Messico.
Proprietà e usi della pimpinella
L’anice comune, praticamente onnipresente nel passato, ha mantenuto questa sua importanza di pianta e spezia “del mondo”. Ritroviamo il suo aroma specialmente nella produzione di liquori, caramelle, dolci e gelati.
Un’ombrella floreale da cui scaturisce un aroma di grande potenza: Pimpinella anisum
Chi non sarà mai stato rinfrescato dall’anice verde per il suo retrogusto di menta e corroborato al tempo stesso dal suo sapore piccante ma non velenoso, come vuole significare il suo termine botanico di specie?
Differenze tra anice comune e altre piante
L’anice comune o verde è riconosciuto in botanica con il nome scientifico di Pimpinella anisum. Pimpinella deriva dal latino bipinula, che significa dalle “piume doppie” per la forma stessa delle foglie bipennate; anisum proviene dal greco anison-anisos, che vuol dire “non eguale”, per marcare la differenza con la pianta di cicuta, che fa parte della stessa famiglia botanica, Apiaceae o Umbelliferae, come l’aneto, il finocchio, il prezzemolo e il sedano.
Pimpinella anisum è la specie di anice più diffusa in Occidente che non deve essere confusa con l’anice stellato, Illicium verum (una pianta arbustiva). L’anice verde si presenta come una pianta erbacea annua (alta tra i 30 e i 50 cm) con una radice sottile ma profonda (fittonante), da cui si diramano gli steli, eretti e cavi all’interno.
Foglie
Le foglie, simili a quelle del prezzemolo, non sono numerose, sono di un verde chiaro e diverse per forma a seconda della posizione che occupano lungo il fusto: quelle alla base sono dentate, tondeggianti con un lungo picciolo; quelle superiori sono finemente incise, piumose con un picciolo più breve.
Fiori
Ad affascinare i nostri occhi sono le infiorescenze ad “ombrella” in piena estate (a partire da giugno): i fiori sono riuniti in ombrelle con pochi raggi, di colore bianco, di piccole dimensioni e a forma di stella. Il nostro naso, invece, viene attirato dall’aroma emanato dal frutto, che ricorda molto quello del finocchio.
Frutto
Il frutto è costituito da due acheni piccoli, pelosi, di colore grigio-verde, all’interno di un involucro a forma ovale, noti in commercio come “i semi di anice” (gli acheni hanno le sembianze di semi ma non lo sono). Il frutto, a sua volta, per poter giungere a maturazione sul finire dell’estate (agosto-settembre) ha bisogno di un clima arido ed asciutto, di un terreno secco e di un’estate molto calda e soleggiata. Quando i frutti saranno maturi (acheni bruni), una pioggia di semi fuoriuscirà dalle ombrelle, se scosse.
Proprietà dell’anice
I “semi di anice” sono il segreto dell’aroma della Pimpinella anisum, così potente sia per il corpo che per il palato. Essi contengono acidi grassi, carboidrati, flavonoidi, composti aromatici, come l’estragolo, sostanze proteiche. La componente attiva più importante è costituita dall’olio essenziale, il cui principio attivo più abbondante (tra 80-90%) è dato dall’anetolo (etere fenolico), comunemente conosciuto come “anice”.
Alla composizione fitochimica dell’olio, in particolare all’anetolo, sono riconosciute le proprietà della Pimpinella anisum in campo fitoterapico, di cui la più nota riguarda l’apparato digerente. In esso facilita la digestione, contrastandoil gonfiore addominale, inibendo la fermentazione intestinale e la flatulenza e rilasciando la muscolatura liscia dell’intestino. Stimola anche l’appetito perché favorisce la secrezione gastrica.
Questa sostanza aromatica è in grado di avere diversi effetti salutari sul nostro organismo, tra i qualiquello antisettico, (l’olio è un buon disinfettante), antispasmodico (contro le coliche gassose del neonato), carminativo (favorisce l’espulsione del gas dallo stomaco ed intestino), espettorante e fluidificante (per il catarro e la tosse), galattogeno (stimola la secrezione lattea), rinfrescante (migliora l’alito) e sedativo (calmante verso stati d’ ansia ed insonnia).
Questa pianta aromatica non poteva essere lasciata nel dimenticatoio. Anzi, in passato all’olio essenziale (estratto) si era dato perfino il nome di “quintessenza”, l’essenza mitica, aromatica che ha recato beneficio nella vita di molte persone. Questo ha invogliato molti coltivatori a produrre un anice con più anetolo, come sul nostro territorio l’anice di Castignano, presidio Slow Food e simbolo di biodiversità.
“Mustaceum”: un tuffo nel passato dell’antica Roma
L’aroma dell’anice verde, come spezia antica, ci riporta indietro nel tempo, alle origini del nostro Paese, all’antica Roma, con un dolce che prende il nome latino di “mustaceum” (in italiano, mustaceo) servito alla fine dei pasti per la digestione. Esso è considerato l’antenato della torta nuziale. Aveva la forma di una focaccia preparata per le nozze con farina, formaggio, mosto d’uva, aromatizzata con anice e cumino ed infine cotta sopra foglie di alloro. E’ anche un esempio di ricetta stagionale che gli agricoltori di quel tempo preparavano durante la vendemmia.
La tradizione narra che questo dolce venisse anche donato agli ospiti come omaggio prima che si congedassero.
Come potremmo stupire i nostri ospiti nel preparare il mustaceo degli antichi romani?
Ricetta del Mustaceum
Gli ingredienti essenziali sono:
- 500gr di farina di grano
- uva rossa
- 40gr di strutto
- 20gr di formaggio
- anice
- cumino
- alcune foglie di alloro
Si inizia a preparare il mosto deraspando e pestando l’uva. Bisogna evitare di schiacciare troppi semi per evitare che il mosto diventi amaro. Si rimuovono le bucce dell’uva e si lascia riposare il mosto per due o tre giorni.
I semi di anice e cumino vanno pestati in un mortaio. Ad essi viene aggiunto il formaggio (meglio di pecora), la farina, e lo strutto. Si lavora bene l’impasto versandoci a poco a poco il mosto. Poi, l’impasto viene anche lasciato a riposare per una notte.
Si preparano i mustacei, ovvero panini di forma ovale, disposti su delle foglie di alloro. Dopo circa mezz’ora vanno messi nel forno per 20-30 minuti, ad una temperatura di 170°, a cuocere sopra le foglie di alloro, come raccontava Marco Porcio Catone, nel suo De Agri Cultura (II secolo a.C.).
A questo punto, non perdiamo tempo ed immergiamoci subito nelle antiche dolcezze!