In genere, quelli a essere ricordati sono i nomi delle persone morte per mafia. Ad Agusta, cittadina della Sicilia, non è così. Ogni 28 del mese, il parroco della Chiesa Madre , Don Prisutto,legge durante l’omelia i nomi delle vittime di tumore; nomi, che nel 2014 erano 477, ora sono più di 1000 accuratamente raccolti in un registro.
La morte in questi luoghi è di quelle che fanno poco rumore: lenta e silenziosa, ma non per questo meno straziante. In provincia di Siracusa, in una terra posta al centro di un triangolo maledetto, tra Augusta, Priolo e Melilli, dove troneggiano centrali elettriche e impianti di raffinazione (si contano 18 stabilimenti), tutti hanno perso almeno un parente a causa di un tumore.
Si muore soprattutto di carcinoma ai polmoni, ai reni, al colon. Non ci sono sconti. Bambini, uomini, donne, anziani. La morte se li sta portando via tutti.
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Lo sa bene padre Palmiro Prisutto, il sacerdote che, da gennaio, ha iniziato a creare un vero e proprio registro parallelo dei tumori che, per protesta, legge ogni 28 del mese durante l’omelia al duomo. Il cancro gli ha portato via una sorella, ha un fratello che sta lottando contro un tumore e due nipoti che sono nati con gravi malformazioni.
Tanti, troppi casi e tanto, troppo silenzio sulla questione. Per questo, ha deciso che era giunta l’ora di attirare l’attenzione su una terra maledetta dove o scegli di vivere e ti allontani, o scegli di lavorare e muori.
È un ricatto che ha dell’assurdo, eppure è un ricatto che accomuna troppe storie di italiani, come chi lavora all’Ilva di Taranto.
Ai giornalisti de Il Fatto Quotidiano, don Palmiro dice: “Vede, qui ad Augusta, da tempo ormai la gente mi dice: ‘don Palmiro, meglio morire di cancro, che di fame’. Non ne posso più di sentire questa frase: o il lavoro o la salute, questo è il ricatto”.
Erano gli anni ’60 quando Eni ed Esso iniziarono a guardare la Sicilia con occhi interessati. I colossi energetici volevano poter estrarre e raffinare il petrolio di cui l’isola è ricca. Avviarono così un nuovo progetto di sviluppo, attraverso la creazione di un polo Petrolchimico che inizialmente diede lavoro a molti ma che, anni dopo, gli abitanti avrebbero pagato a caro prezzo.
Anche se non ci sono sentenze che dimostrino la diretta correlazione tra la presenza del polo petrolchimico e l’alta incidenza di malattie, i cittadini e molti medici non hanno dubbi.
Così, don Palmiro ha deciso di intraprendere la sua lotta contro una strage silenziosa, come la definisce lui. E come dargli torno.
L’invito rifiutato da Napolitano
Qui, in questa zona, c’è una percentuale di tumori superiore alla media nazionale, con un’alta diffusione di malattie dell’apparato respiratorio e una presenza consistente di neonati con malformazioni. Sono centinaia le denunce delle famiglie e diversi i fascicoli di inchiesta aperti per indagare un numero di decessi così alto che non può essere casuale.
Ora, don Palmiro decise nel 2014 di scrivere una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in cui lo invitava “a partecipare alla messa in suffragio delle vittime del cancro che si celebrerà nella Chiesa Madre di Augusta, il prossimo 28 settembre 2014”.
Napolitano non rispose e subì la critica del sacerdote: “Mi permetta di dirglielo con franchezza, parlandole da uomo a uomo: far finta di ignorare o non rispondere a nessuna lettera mia o dei familiari dei morti di cancro, significa che in questo paese la democrazia non esiste più, significa che i cittadini sono stati espropriati della loro sovranità, specialmente se vedo la sua persona che di fatto fa ancora distinzione tra i cittadini”.
Una seconda lettera è stata scritta anche alla dirigenza della raffineria della Esso. Nel testo, il prete ringrazia l’azienda per non aver concesso il tradizionale contributo alla festa patronale del paese. Una cosa di cui don Palmiro si rallegra, visto che per lui “è un buon segno vuol dire che la nostra protesta inizia a creare dei problemi”. Purtroppo però, sembra che la sua battaglia sia combattuta quasi in solitudine, visto che molta gente, afferma il parroco, teme che protestando possa perdere il lavoro.
La recente intervista di Don Prisutto dove chiede un aiuto per fermare l’inquinamento.
La petizione di Change.org per un salvataggio ancora possibile
Pubblichiamo testualmente l’accorato appello di Don Prisutto: “ Da quattro lunghissimi anni tengo una lista di nomi molto particolare: la lista dei morti di tumore di Augusta. In questa zona della Sicilia stiamo morendo; moriamo di puzza, moriamo di inquinamento, moriamo di tumore. L’incidenza del cancro qui è molto più alta della media nazionale e nonostante le nostre richieste di aiuto le istituzioni rimangono sorde ai nostri appelli e non ci resta che seppellire i nostri cari, i nostri fratelli, le nostre sorelle. Qui ad Augusta le aziende del petrolchimico da anni zittiscono i cittadini e ostacolano il confronto, il nostro diritto alla salute e a un ambiente più pulito. Ti chiedo a nome mio e di tutti quanti stanno soffrendo di unirti a questo appello, affinché le istituzioni finalmente si attivino per attuare una transizione ecologica in questo lembo di Sicilia e per migliorare il monitoraggio della qualità dell’aria”.
Lo stesso parroco pare aver subito, nel corso di questi anni, attacchi e discriminazioni. Assurdo da credere, eppure, il ricatto del lavoro oggi, in tempi così difficili, è anche questo. Ci pare il minimo invitarvi a firmare la sua petizione
(Foto: Wikipedia – Lanotizia.net)
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