Sono Marco T. , ho 27 anni, vengo da Reggio Calabria, sono il terzo di 4 figli, amo il sole della mia terra eppure ho scelto di essere qui, a Milano., ai tempi del Covid-19.
E’ dal 18 marzo che, in piena emergenza Covid-19, ho sentito la necessità di correre in soccorso di quelle innocenti vittime di un virus bastardo, silenzioso.
Sono stato ospitato per 2 settimane da un mio amico per poi trovarmi un appartamentino e mi sono buttato a capofitto nel mio lavoro di operatore sanitario, al Policlinico di Milano.
Le mie prime impressioni? Disorientamento, smarrimento, emozioni forti, inquantificabili, timore, consapevolezza dell’adrenalina e del rischio.
Si, perché chi questo mestiere lo fa con amore è consapevole che, per aiutare gli altri, specie in questo caso, rischia la propria vita.
Ho visto morire una donna per Coronavirus il mio primo giorno nel Policlinico, assaltato di casi di Covid-19, in piena emergenza, e quelle immagini mi rimarranno per sempre impresse nella mente.
Sono obbligato ad indossare i dispositivi di sicurezza, ho la stanchezza celata degli occhialoni protettivi e i segni della mascherina sul volto ma so che ai pazienti basta davvero poco, anche un semplice tuo sorriso rassicurante, mentre lottano contro un nemico che non ha ancora una cura.
Mi viene da sorridere, sai, mentre gli uomini mi confidano le loro preoccupazioni e tra le più frequenti c’è quella di non poter andare a letto con la propria moglie.
Mi verrebbe di paragonare il Policlinico ad una grotta sotterranea, articolata in stanze, tra cui quella “immacolata”. L’abbiamo ribattezzata così, tra colleghi, per distrarci un attimo, perché, in quella stanza, sono stati ricoverati 2 preti ed una suora.
La ricerca della normalità dopo l’esperienza del Covid
Come ne uscirò quando quest’incubo sarà finito? Diverso sicuramente, migliore, con meno paure, più forte.Sarà impossibile dimenticare le sofferenze che i miei occhi hanno visto, per non parlare dell’aspetto psicologico.
Sono esperienze che segnano, queste, che ti alterano il sonno per via dei turni estenuanti e dell’ansia di contrarre il Covid-19 che passa solo dopo l’esito negativo del tampone.
Sono Marco, un ragazzo come tanti che ama passeggiare, e adora il calcio. Ho il Milan come squadra del cuore e come idolo il grande Maldini a cui mi sono sempre ispirato quando giocavo nel settore giovanile della Reggina Calcio.
A proposito, mi auguro che la mia Reggina, la squadra della mia città, arrivi in serie B e magari, chissà, anche in serie A!
Ascolto Ghali, Fedez, guardo The Walking Dead, Gomorra, amo ballare, sorseggiare il Negroni o una Tennet’s, adoro il mare, fare una passeggiata nel tempo libero e viaggiare.
Quest’anno, magari, sarà la volta di Mykonos. Ci spero tanto di far tappa anche in Grecia e cancellare un po’ di stress, facendo baldoria con gli amici.
Se mi chiedono perché ho scelto di fare l’operatore sanitario, mi verrebbe di rispondere: “Per aiutare le persone”.
Sono timido, sensibile ed altruista.
Chi mi dà la forza? Prendo spunto da Zlatan Ibrahimović e dal suo tatuaggio che, infondo, è diventato il mio motto: “Only God Can Judge Me”.
Solo Dio può giudicarmi… un’espressione che rappresenta perfettamente il rapporto che io ho con la fede; un rapporto profondo, spirituale, intenso.
Sono Marco T. … un ragazzo come tanti che ama i suoi nipotini Chiara e Francesco e si commuove guardando le loro monellerie, che adora la sua famiglia, i suoi due fantastici genitori Carmela e Giacomo, il mitico Nonno Giuseppe, “uomo d’altri tempi” e che trova la forza di andare avanti in essa, nei parenti (che saluta virtualmente) e negli amici più stretti.
Dopo quest’esperienza ne uscirò migliore e mi auguro che tutti gli italiani stiano sulla stessa rotta per evitare una nuova ondata di questo maledetto virus, utilizzando responsabilità e coscienza.
Grazie Marco T. per la tua testimonianza e grazie a tutto il personale medico !