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Allevamenti intensivi: ecco perchè ci può essere un collegamento con il Covid-19

by Carlotta Bulgarelli
16 Giugno 2020
in Coronavirus
0
ALLEVAMENTI INTENSIVI

Dopo mesi di isolamento obbligatori legati all’emergenza Coronavirus, dopo il lockdown, esperti, economisti e divulgatori scientifici si sono interrogati circa il nesso tra allevamenti intensivi e Covid-19; una patologia zoonotica che, partendo dall’animale, è arrivata all’uomo attraverso un salto di specie del virus chiamato spillover.

Negli ultimi 20 anni, la frequenza di questa patologia è estremamente aumentata (es. Sars del 2002, Ebola e Mers del 2012, così come il morbo della mucca pazza, scoperto in Gran Bretagna nel 1986 ed esploso negli anni 90, il diffondersi della suina e dell’infezione aviaria).

Gli allevamenti intensivi hanno cambiato il mercato della carne cinese

Se consideriamo le cause per cui è avvenuto lo spillover da una specie ad un’altra, non possiamo non citare la trasformazione del modello di produzione della carne, avvenuta in Cina a partire dagli anni 90.

Mentre nella Cina di un tempo le famiglie mangiavano carne 2 volte l’anno, oggi il maiale è il marchio di status e mangiare carne rappresenta un segno tangibile dell’ascesa sociale, dell’uscita dalla miseria e dalla sussistenza, tanto che il consumo di carne è esploso. Se nel 1970 un cinese ne consumava in media 8 chilogrammi all’anno, oggi ne mangia 5 volte tanto.

Uno dei segni più tangibili di questa trasformazione dell’industria alimentare cinese sta negli allevamenti industriali su larga scala che forniscono il maggior numero di carne nel più breve tempo possibile, dato il mercato in enorme crescita.

Ma le condizioni igienico-sanitarie degli allevamenti intensivi, non solo cinesi, ma d’Italia e del resto d’Europa non sono affatto buone e nessuno può assicurarci che la prossima epidemia non esploda a pochi chilometri da casa nostra.

Leggi anche: Il TG2 denuncia lo scandalo degli orrori negli allevamenti animali

Il nesso Covid-19 e polveri sottili

L’Unità investigativa di Greenpeace ha evidenziato che il PM può rendere più severo lo stato infiammatorio dei pazienti affetti da Covid-19. In particolare, questo si è verificato nel Bacino Padano dove l’esposizione al particolato è più prolungata e la popolazione più a rischio che in altre aree.

Se a livello nazionale l’allevamento è al secondo posto tra le cause dello smog, in Lombardia è ancora più rilevante.

Stando a uno studio Arpa Lombardia, l’ammoniaca che fuoriesce dagli allevamenti, durante gli episodi acuti, concorre mediamente a 1/3 del PM della Lombardia ma durante gli episodi acuti tale contribuito aumenta, superando il 50% del totale, quindi gli allevamenti sono responsabili di circa l’85% delle emissioni di ammoniaca in Lombardia.

Stando ai dati forniti dall’Arpa Emilia Romagna, lo scorso anno, l’allevamento intensivo è la seconda causa di emissioni di PM10 .

ALLEVAMENTI INTENSIVI
Covid-19: studi evidenziano il nesso tra la pandemia e l’incremento degli allevamenti intensivi.

La macellazione suina in Italia

La cooperativa Opas di Mantova, attraverso la controllata Filiera Si, leader in Italia nella macellazione suina, ha acquisto all’asta, con un’offerta di 14 milioni di euro, il macello ex Italcarni di Carpi , che già gestiva in affitto dal novembre 2014.

E’ così nato un maxi polo di suini che avrà una guida tutta bresciana e parliamo della maggiore acquisizione avvenuta nel settore della macellazione suina in Italia a opera di una cooperativa agricola congiuntamente ad un’azienda privata, con una rilevanza strategica sia per il settore che per i territori che rappresenta, occupando oltre 600 persone.

La promozione della carne suina italiana sui mercati asiatici

L’obiettivo di Opas è quello di promuovere la carne suina, la cosiddetta “carne rosa”, sui mercati asiatici, grazie a un progetto triennale, putroppo ancora finanziato dall’Ue, detto “Eat pink” che punta a valorizzare e promuovere all’estero la carne italiana di suini, allevati e macellati in Italia, valorizzando l’intera carcassa dell’animale, quindi non solo le cosce destinate alla produzione di prosciutti crudi di Parma e San Daniele Dop.

Eat pink punta addirittura a prodotti di facile utilizzo in cucina, pronti in pochi minuti in padella o nel forno a microonde, puntando ad esportare tagli congelati e precotti, oltre che a far conoscere la lavorazione dei suini e la loro trasformazione in prosciutti; insomma, tutto ciò che è lontano da quel tipo di consumo sostenibile e consapevole di cui parliamo da anni.

Ad agosto, durante la XXXII edizione dei Giochi Olimpici di Tokio, Opas sarà anche presente per far conoscere i prodotti a base di carne suina.

Tags: allevamenti intensivicovid-19macellazione suinapromozione della carne suina
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