Riscaldamento climatico, innalzamento dei mari, climate change, gas serra, inquinamento. C’è chi dice che tutto questo è solo teoria, che l’uomo non sta causando tali danni all’ambiente con l’industrializzazione. Degradando il global warming a una semplice ‘ipotesi’. A una bufala, addirittura: come la terra piatta e il negazionismo sull’olocausto.
Eppure le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E non è necessario andare nei ghiacciai dell’artico o su un atollo del Pacifico per rendersene conto. Basti pensare che nel 2017, la siccità in Italia ha toccato un record spaventoso: sulla penisola non ha mai piovuto così poco dal 1800 a oggi.
Lo spiega in una nota sull’anno meteorologico 2017 l’istituto Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), parte del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).
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2017: anno peggiore per la siccità in Italia
Innanzitutto facciamo una precisazione. I dati snocciolati dall’Istituto si riferiscono al cosiddetto anno meteorologico: convenzionalmente, questo particolare anno comincia con dicembre e finisce a novembre. E quindi l’anno meteorologico 2017 va dal primo dicembre 2016 al 30 novembre 2017.
Considerando quindi l’anno meteorologico, i ricercatori hanno concluso che il 2017 è stato l’anno peggiore per la siccità in Italia. È dal 1800 che vengono registrati i dati sulle precipitazioni nella penisola. Una Banca dati enorme che ci consente di comprendere l’andamento del clima.
Secondo i ricercatori di Isac-Cnr, non è mai stato registrato un anno peggiore, dal punto di vista delle piogge. Da più di due secoli, 217 anni, in Italia non ha mai piovuto così poco.
Nella nota vengono elencate, mese per mese e stagione per stagione, le anomalie registrate dal punto di vista delle precipitazioni:
- Dicembre -58% – 15esimo
- Gennaio +23% – 144esimo
- Febbraio -15% – 90esimo
- Marzo -56% – 20esimo
- Aprile -37% – 40esimo
- Maggio -50% – 15esimo
- Giugno -53% – 12esimo
- Luglio -43% – 39esimo
- Agosto -82% – quarto
- Settembre +27% – 164esimo
- Ottobre -79% – secondo
- Novembre +10% – 109esimo
- Inverno -21% – 41esimo
- Primavera -48% – terza
- Estate -61% – quarta
- Autunno -20% – 39-esimo
Come risulta evidente, le piogge sono state scarse in tutte le stagioni dell’anno. E in particolare in primavera, quando sono calate del 48% rispetto al periodo di riferimento, e in estate, con una punta del -61%.
La situazione critica al nord del 2019
Questo inverno è stato climaticamente l’opposto a livello geografico con una inversione tra nord e sud d’Italia. Alcune perturbazioni significative hanno portato molta neve al centro-sud ( indimenticabile la mega-nevicata in Salento ) mentre al nord si è assistito a una secca incredibile con pochissime precipitazioni e anche poca neve in quota.
Si stima che al nord stiano mancando circa 370 milioni di metri cubi di acqua!
E le temperature?
Se le precipitazioni sono in forte calo, lo stesso non si può dire delle temperature, risultate ancora una volta in crescita rispetto al periodo di riferimento convenzionale (1971-2000). Il termometro ha fatto segnare +1,3°C, rendendo il 2017 il quarto anno più caldo dal 1800.
Come per le precipitazioni, anche sulle temperature i ricercatori Isac hanno stilato la lista delle variazioni mensili e stagionali:
- Dicembre +1.00°C – 23esimo
- Gennaio -1.69 – 135esimo
- Febbraio +2.12 – sesto
- Marzo +2.51 – quarto
- Aprile+1.64 – 17esimo
- Maggio+1.55 – 14esimo
- Giugno +3.22 – secondo
- Luglio +1.69 – decimo
- Agosto +2.53 – terzo
- Settembre -0.45 – 101esimo
- Ottobre+0.96 – 28esimo
- Novembre +0.40 – 43esimo
- Inverno +0.48 – 21esimo
- Primavera +1.90 – seconda
- Estate +2.48 – seconda
- Autunno +0.30 – 50esimo
Se escludiamo gennaio e settembre, le temperature sono incrementate durante tutto l’anno meteorologico. Con picchi significativi a marzo, agosto e giugno. L’estate è risultata estremamente più calda, mentre gli aumenti minori si sono registrati in autunno.
Isac-Cnr: “2017 anomalo”, nel 2019 nasce l’osservatorio per la Siccità in Italia
Insomma, il climate change si fa sentire. Lo confermano le anomalie registrate sia nelle temperature che nelle precipitazioni. Un fatto confermato dalle dichiarazioni dei ricercatori di Isac-Cnr che così commentano i dati pubblicati:
«Dal punto di vista termometrico il 2017 ha fatto registrare, per l’Italia, un’anomalia di +1.3°C al di sopra della media del periodo di riferimento convenzionale 1971-2000, chiudendo come il quarto più caldo dal 1800 ad oggi, a pari merito agli anni 2001, 2007 e 2016. Più caldi del 2017 sono stati solo il 2003 (con un’anomalia di +1.36°C), il 2014 (+1.38°C rispetto alla media) e il 2015 che resta l’anno più caldo di sempre con i suoi +1.43°C al di sopra della media del periodo di riferimento».
Ancora peggiore risulta lo scenario sul fronte delle precipitazioni, che delinea il quadro della forte siccità in Italia:
Qualche sporadica pioggia, portate “già estive” dei fiumi e una grande opera che sembra dimenticata: il Po. E’ questo lo scenario che appare in Nord Italia in questi giorni di marzo 2019.
Ad oggi il più lungo fiume italiano deve fare i conti con una secca anticipata e con la grave siccità estesa ad affluenti, laghi e invasi montani, causate da carenza di neve e penuria di piogge.
Ma non è l’unica zona che preoccupa, “La situazione generale, in Italia settentrionale, sembra peggiore di quella del 2017“. Ad affermarlo è Coldiretti che ha proseguito: “Ricordiamo che la siccità del 2017 è costata 2 miliardi di euro di danni all’agricoltura, tagliando i raccolti delle principali produzioni ortofrutticole. Inoltre ha creato difficoltà anche per gli usi civili nei centri urbani“.
Allarme Idrico in Italia: perchè sinora non si è fatto nulla?
Visto l’anomalo andamento climatico che ha già costretto ad aprire alcuni impianti per irrigare i campi e non creare danni alle colture, è stata chiesta la convocazione di un tavolo di crisi per affrontare l’emergenza.
“Permanendo le attuali condizioni – sottolinea il presidente dell’Anbi Francesco Vincenzi – si prefigura una stagione irrigua 2019 molto complessa, che va affrontata con un’attenta pianificazione della risorsa idrica“.
“Nell’immediata prospettiva – prosegue Massimo Gargano, direttore generale dell’ Anbi – non possiamo che ribadire la necessità di cogliere l’opportunità offerta dai Consorzi di bonifica, con la loro progettazione esecutiva, per realizzare ulteriori invasi e trattenere l’acqua piovana, di cui oggi si riesce a conservare solo l’11%“.
Anbi protagonista anche all’incontro con il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio dove è stata ribadita l’urgenza di accelerare la conclusione degli iter procedurali per l’apertura dei cantieri previsti.
Ed è proprio in occasione della Giornata mondiale dell’acqua che l’Anbi ha comunicato l’arrivo delle convenzioni per l’apertura dei cantieri del piano nazionale invasi.
“La situazione idrologica del Paese – evidenzia il presidente Vincenzi – si è capovolta nel giro di pochi anni, obbligando a nuove strategie infrastrutturali, iniziando dal Piano nazionale invasi di cui, grazie all’impegno del Mit e del Mipaaft, stanno arrivando le convenzioniindispensabili all’avvio delle procedure di assegnazione dei primi 30 interventi. Analogamente stanno per essere emanate le graduatorie degli interventi nell’ambito del Piano irriguo nazionale. La salvaguardia del patrimonio idrico, deve essere impegno comune verso una nuova civiltà dell’acqua“.
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