Le microplastiche in mare stanno distruggendo silenziosamente l’ecosistema del pianeta terra. Una speranza di salvezza arriva dall’idea di una dodicenne.
Tracciare la posizione delle microplastiche in mare per salvare l’ecosistema. È l’obiettivo di una dodicenne, Anna Du, che ha progettato un dispositivo volto a liberare gli oceani da uno dei più terribili flagelli che stanno uccidendo flora e fauna marine.
Ecco di che cosa si tratta.
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Microplastiche in mare: il killer silenzioso che distrugge l’ecosistema
Sono milioni le tonnellate di plastica che ogni anno finiscono in mare. Di queste, la maggior parte non si sa esattamente che fine faccia. Una porzione si trasforma in ammassi galleggianti, come il Great Pacific Garbage Patch. Un’altra parte viene mangiata da piccoli uccelli marini, pesci, tartarughe o balene, per poi entrare nella catena alimentare ed essere ingerita dall’uomo. Possiamo dire, però, che non si conosce la posizione di almeno il 99% dei rifiuti gettati in mare.
Combattere un mostro invisibile è pressoché impossibile. A questa problematica ha cercato di dare una risposta una ragazzina di 12 anni. La sua invenzione, una sorta di robot capace di spostarsi attraverso l’oceano per identificare le microplastiche in mare, si è posizionata tra i dieci finalisti della 3M Young Scientist Challenge.
Come nasce l’idea
Il suo nome è Anna Du e ha solo 12 anni. È la ragazzina che ha progettato un sistema per tracciare le microplastiche in mare in maniera efficace.
La sua idea nasce essenzialmente dal suo amore per il mare. Un giorno, mentre era in visita al porto di Boston, Anna si accorge di alcuni frammenti di plastica sulla sabbia. Prova a raccoglierli ma sono così tanti che sembra impossibile ripulire tutto.
Preoccupata dell’impatto di plastiche e microplastiche in mare, decide di lavorare a un’invenzione tutta sua, capace di salvare l’ambiente dall’incuria dell’uomo.
Come funziona il dispositivo per rilevare le microplastiche oceaniche
La sua creazione è un dispositivo subacqueo che usa gli infrarossi per rilevare le microplastiche in mare. Un sistema intelligente che può aiutare a identificare e rimuovere i rifiuti, distinguendoli dagli altri oggetti e senza danneggiare gli organismi viventi. Si tratta nello specifico di un ROV, Remotely operated vehicle, un sub robot che funziona collegato via cavo alla postazione remota di riferimento.
Anna ha avuto il merito innanzitutto di comprendere che identificare la posizione dei rifiuti nell’oceano è il primo ed essenziale passo per poter fare qualcosa di concreto. Non ha soltanto progettato un robot capace di tracciare le microplastiche in mare, ma si è anche preoccupata di come rendere il suo sistema a basso impatto, ambientale ed economico.
Il futuro del progetto
Anna sarà affiancata da uno scienziato per mettere a punto il suo dispositivo e, speriamo, trasformarlo in uno strumento valido per scoprire dove si nascondono le microplastiche in mare.
A ottobre lei e gli altri finalisti prenderanno parte alla competizione finale presso il 3M Innovation Center di Saint Paul.
Menti giovani e brillanti
Pensando all’invenzione di Anna, non può non venirci in mente un’altra invenzione progettata dall’allora diciassettenne Boyan Slat. Boyan aveva ideato la Cleanup Array Ocean, una sorta di macchina galleggiante capace di risucchiare tonnellate di rifiuti. Rincuora e fa riflettere il fatto che sempre più giovani si impegnino a trovare soluzioni per risolvere un problema annoso come quello dell’inquinamento degli oceani. Anche in governi devono impegnarsi nella tutela ambientale, in Europa, ad esempio, la plastica monouso è stata vietata da poco, costituisce il 70% dei rifiuti presenti in mare per poi trasformarsi in microplastica.
Anna è uno dei 10 finalisti della Discovery Education 3M Young Scientist Challenge. Tra gli altri, ci sono anche la quattordicenne Cameron Sharma, che ha inventato un algoritmo che identifica i vaccini antinfluenzali personalizzati utilizzando l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico e Krish Wadhwani, di 14 anni, che ha inventato un farmaco che potrebbe curare la malattia di Huntington.