L’avanzamento e l’invasività della monocoltura del nocciolo nel territorio del Centro Italia destano numerose preoccupazioni non solo a cittadini e contadini, ma anche ad associazioni e vari gruppi informali.
Una passeggiata nell’area dell’altopiano dell’Alfina, effettuata il 27 luglio, è servita, ad esempio, a protestare, seppur pacificamente, contro le conseguenze di questa pratica sulla salute della popolazione, sulla qualità delle acque e sulla vita dei contadini che praticano un’agricoltura libera dall’impiego di diserbanti e pesticidi.
Il piano “Nocciola Italia” ed i suoi rischi
Il piano “Nocciola Italia”, presentato nel 2018 dalla nota multinazionale Ferrero Hazelnut Company, interessa 4 regioni e prevede:
- in Umbria il raggiungimento, entro il 2025, di una superficie di 700 ettari di nuove piantagioni
- 10 mila noccioleti nel Lazio entro il 2025, dove già si concentra il 5% della produzione globale
- 5 mila ettari in Toscana
- 2 mila ettari nelle Marche
Il piano di incentivi lanciato dalla Ferrero sta convincendo molti investitori del settore agricolo a comprare terre e convertirle in impianti di coricoltura, a discapito di pascoli e seminativi.
A tutto ciò si aggiunge la diminuzione della capacità di produrre cibo locale, incentivando l’acquisto di alimenti provenienti da altre aree.

Le preoccupazioni della Comunità Rurale Diffusa
Secondo il gruppo Comunità Rurale Diffusa, questo processo speculativo legato all’avanzata della monocoltura del nocciolo, dovrebbe essere arrestato perché i cittadini non hanno ricevuto adeguate informazioni sugli effetti che questi investimenti privati hanno sulla loro salute, né tanto meno sulla disponibilità di risorse naturali non inquinate.
Della stessa opinione sono altre reti, associazioni e gruppi informati di Toscana, Lazo e Marche che, proprio al fine di dimostrare la loro solidarietà a questo territorio, sono giunti sull’altopiano dell’Alfina, volti a fermare questa piaga che sta colpendo le 4 regioni.
Possibili soluzioni all’invasività della monocoltura del nocciolo
Per contrastare l’avanzamento dell’invasività della monocoltura del nocciolo in Centro Italia occorrerebbe un piano di sviluppo volto a garantire produzioni alimentari sostenibili a tutti i livelli.
Il modello legato alla monocoltura del nocciolo non può essere considerato sostenibile né sull’altopiano dell’Alfina né in altri territori, condannando la gente comune e l’habitat di tutti a vantaggio dell’economia di pochi.
