E’ una primavera segnata dal lockdown, ossia dai provvedimenti restrittivi presi dalle autorità di gran parte del mondo per tentare di arginare il contagio da Coronavirus.
Indirettamente, questo virus ha avuto un effetto positivo: la riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Un caso abbastanza eclatante riguarda l’Himalaya, dove per la prima volta, in oltre 30 anni, gli abitanti del Punkab, zona nel nord dell’India, sono riusciti a vedere la catena montuosa situata a 200 km di distanza.
A riportare la notizia, anche il sito della Cnn che ha pubblicato alcuni tweet dei tanti abitanti della zona che hanno postato i loro scatti.
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I dati dell’Agenzia europea dell’ambiente e delle varie Arpa italiane
Una recente indagine, condotta dall’Agenzia europea dell’ambiente, mostra come le concentrazioni di agenti inquinanti nell’aria delle città europee si siano notevolmente ridotte nelle ultime settimane.
Dati simili sono stati riportati dalle varie Arpa italiane, in particolare rispetto al biossido di azoto (NO2), tra le cui principali fonti di emissioni ci sono i veicoli alimentati a diesel.
Ovviamente la pandemia, nè tanto meno il lockdown, è la soluzione per la riduzione delle emissioni anche perché, quasi certamente, con la ripresa delle attività al momento in stand-by, ci sarà un effetto rimbalzo che farà aumentare di molto le emissioni prodotte.
Eppure è doveroso riflettere, adesso più che mai, sul modo in cui la società guarda al futuro, su come possiamo costruire un mondo più pulito, dopo il Covid-19; magari puntando sulle fonti rinnovabili, spostandoci in bici o a piedi, e divenendo sempre meno dipendenti dai combustibili fossili.
Lo studio di Harvard che correla inquinamento e diffusione del Covid-19
Da un’analisi condotta dalla Harvard University T.H. Chan School of Public Health, elevati livelli di particelle PM 2.5 sono associati a tassi di mortalità più elevati per Coronavirus.
I risultati di questo studio suggeriscono che un’esposizione prolungata all’inquinamento aumenta la vulnerabilità a sperimentare “i risultati peggiori del Coronavirus”. Ciò è quanto sostengono gli autori dello studio, i cui pensieri sono riportati sul New York Times.
Si tratta del primo studio a livello americano a mostrare un link statistico, rivelando un’ampia sovrapposizione fra morti da Coronavirus e altre malattie associate all’esposizione a lungo termine alle PM 2.5.
Il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, nel corso di una conferenza stampa all’Istituto, si è così espresso: “Il recente studio di Harvard che correla l’inquinamento e diffusione del Covid-19 è uno studio solido che sollecita una riflessione importante, però dobbiamo essere consapevoli che va fatta un’analisi di dettaglio. Dobbiamo approfondire questo argomento ed i ricercatori dell’Iss lavoreranno su questo tipo di scenario”.
Lo studio dell’Università di Catania
Uno studio condotto dall’Università di Catania, basato sui dati Istat, ISS e altre agenzie europee, ha evidenziato che inquinamento atmosferico da PM 10, temperatura invernale, mobilità, densità, anzianità della popolazione, densità delle strutture ospedaliere e densità abitative sono le forti correlazioni fra l’impatto della pandemia da Covid-19 e la sua diversa diffusione nelle regioni del nostro Paese.
La ricerca “Strategies to mitigate the Covid-19 pandemic risk” è stata realizzata da un team dei dipartimenti dell’Ateneo etneo di Economia e impresa, Ingegneria elettrice, Fisica e astronomia, Medicina Clinica e sperimentale, Matematica e informatica, Ingegneria civile e architettura.
I ricercatori affermano: “Il nostro indice di rischio epidemico mostra forti correlazioni con i dati ufficiali disponibili dell’epidemia Covid-19 in Italia. Spiega in particolare perché regioni come Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto stanno soffrendo molto di più rispetto al centro-sud. D’altra parte queste sono anche le stesse regioni che solitamente subiscono il maggior impatto anche per le influenze stagioni, come rilevano i dati dell’Iss. Riteniamo quindi che non sia un caso che la pandemia di Covid-19 si sia diffusa più rapidamente proprio in quelle regioni con un più alto rischio epidemico come Lombardia, Emilia Romagn, Piemonte e Veneto”.
Intanto la natura si riappropria dei suoi spazi e rinasce
La primavera, anche questa segnata dal lockdown anti-Coronavirus, è tempo di rinascita e la natura, quest’anno più che mai si sta riappropriando dei suoi spazi.
Pensiamo alla laguna di Venezia, incredibilmente limpida, al punto che si possono vedere i pesci, alle moltissime acque cristalline sparse per le diverse regioni italiane che ci rimandano a mete esotiche, ai delfini che tornano a far acrobazie a Cagliari, a fenicotteri, cigni, cicogne, famigliole di volpi… come quelle di Milano.
In un momento di panico totale, quello di un mondo in ginocchio di fronte ad un nemico invisible, la natura ci ricorda che noi uomini siamo solo ospiti e ci invita a riflettere su quanto disboscamento, deforestazione, desertificazione, con conseguenti dissesto idrogeologico, aumento dell’effetto serra e del surriscaldamento globale ci stiano, lentamente, uccidendo.
Il taglio indiscriminato di alberi non significa solo strappare i polmoni verdi della terra, serbatoio di ossigeno, ma non tenere in considerazione il fondamentale ruolo che essi hanno come habitat di moltissime specie animali e per preservare il loro preziosissimo equilibrio.