La carne rossa, può aumentare il rischio di malattie cardiache. È quanto evidenziato da uno studio condotto dal dottor Jacob Hunnicutt, insieme ai colleghi dell’Indiana University School of Public Health-Bloomington, Ka Lui e Pengcheng Xun, e pubblicato sul Journal of Nutrition.
Da tempo il consumo di carne è associato a una serie di rischi per la salute. Mangiarne grandi quantità, soprattutto carne rossa e molto lavorata, ad esempio, è associato al rischio di sviluppare il cancro all’intestino. Ora un nuovo studio suggerisce invece che consumare con ampia frequenza questo alimento può far aumentare del 57% il rischio di malattie coronariche e cardiache. La colpa sarebbe da attribuire a un tipo di minerale, contenuto soprattutto nella carne rossa e chiamato ferro eme.
Ma partiamo col catalogare quale tipo di carne rientra nella categoria della carne rossa.
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Carne rossa: qual’è quelli carni ne fanno parte
La carne rossa si chiama così per la sua colorazione che va, appunto, dal rossastro al rosso intenso in base al taglio di carne e dell’animale di riferimento. Questa colorazione è dovuta alla presenza all’interno di questi carni di dosi massicce di emoglobina e di mioglobina, presenti in minor parte invece nelle carni bianche o rosa.
Carni rosse
Le carni rosse sono quelle che derivano dai bovini e non solo; rispetto alle carni bianche contengono un maggior numero di proteine e anche di grassi. Possiamo includere questa categoria:
- vitello
- vitellone
- cavallo
- bue
- vacca
- maiale
- manzo
- ovini
- caprini
Carni rosse magre
Tra i vari tipi di carni rosse magre ci sono i tagli più magri del vitello come:
- fesa
- noce
- girello
- lonza di maiale
- filetto di maiale
Carni rosse grasse
- cavallo
- parti grasse del manzo
- agnello
- Costine di maiale
- pancetta di maiale
Carni bianche
La carne bianca, invece, è generalmente quella che appunto ha una colorazione chiara e si identificano nel:
- pollo
- tacchino
- coniglio
- pollame
Il problema della carne rossa e del ferro eme per il cuore
Il ferro, lo sappiamo, è un minerale essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Non tutto il ferro però sembra essere uguale.
Nella carne, infatti, si trova nella forma eme e non-eme, quest’ultima presente anche nei vegetali.
Il ferro eme è un tipo di minerale facilmente assimilabile, quello non-eme, invece è meno assimilabile, ma considerato più salutare. Depositi della forma eme del ferro sono stati associati a un aumento dei rischi cardiovascolari per le persone.
Lo studio condotto da Hunnicutt riprende un dibattito sull’associazione tra depositi di ferro nell’organismo e malattie coronariche che va avanti da decenni. Dibattiti e studi epidemiologici che, fino adesso, avrebbero fornito risultati inconsistenti.
Gli studiosi dell’Indiana University hanno condotto un’analisi revisionale su 21 studi precedenti e i dati relativi a 292.454 volontari esaminati: in media, 10,2 anni di follow-up.
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I risultati dello studio sulle malattie cardiache
L’incrocio dei dati avrebbe mostrato come elevate dosi di ferro eme, assunte tramite carne rossa, rendano le persone maggiormente soggette a malattie cardiache e coronariche, con un conseguente aumento della percentuale del rischio di mortalità.
Secondo i ricercatori: “L’associazione positiva osservata tra ferro eme e il rischio di malattia coronarica può essere spiegata con l’elevata biodisponibilità del ferro eme e il suo ruolo come fonte primaria di ferro nei partecipanti. Il ferro eme viene assorbito a una velocità molto maggiore rispetto al ferro non eme: il 37% contro il 5%. Una volta assorbito, può contribuire quale catalizzatore nell’ossidazione delle LDL, causando un’infiammazione dannosa a carico dei tessuti, che è un potenziale fattore di rischio per la malattia coronarica”.
Gli studiosi evidenziano inoltre come i depositi di ferro aumentino nel nostro corpo con il passare del tempo. Il modo migliore per tutelarsi, suggeriscono, è ridurre la quantità di carne presente nella propria dieta ed effettuare regolari controlli medici. Ricerche future saranno necessarie per stabilire la relazione causale e per chiarire i meccanismi potenziali.ù
La ricerca che punta il dito sulla carnitina
Una ricerca appena pubblicata sul giornale Nature Medicine punta il dito contro la carnitina, un composto fino ad ora poco studiato, presente nella carne rossa e in alcuni integratori alimentari e bevande energetiche.
Un team di ricercatori della Cleveland Clinic, in Ohio, ha dimostrato che i batteri presenti nell’apparato digestivo metabolizzano la sostanza in trimetilammina-N-ossido (TMAO), un enzima che favorisce la aterosclerosi, una forma cronica di arteriosclerosi.
Condotto su 2.595 pazienti, tra onnivori, vegetariani e vegani, lo studio ha inoltre rivelato che il consumo di carne aumenta la presenza dei batteri che metabolizzano la carnitina in TMAO, tanto che chi evita del tutto le proteine animali ha praticamente perso la capacità di digerire la sostanza. Tuttavia, chiarisce il Wall Street Journal, i medici non hanno ancora stabilito quale sia il limite nel consumo di carne per fermare il processo di produzione di TMAO.