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Gestione delle acque reflue: l’Italia non si adegua agli standard Ue. E arriva la super-multa da 63 milioni di euro. A rischio 6 milioni di italiani.
A volte, anche gli eurocrati ci vedono giusto. Dopo le varie multe che l’Italia – e quindi tutti i cittadini – hanno dovuto pagare sulla disastrosa gestione del ciclo dei rifiuti italiani, arriva un’altra tegola. Quella sulle cosiddette acque reflue.
Che cosa sono? Si tratta di quei liquidi che vengono generati dalle attività dell’uomo, sia fisiologiche che lavorative e industriali. In sostanza, in città, in campagna, nelle industrie, le nostre attività quotidiane vanno a contaminare l’acqua. Acqua che poi si riversa nei terreni, nelle falde acquifere o direttamente in mari, fiumi e laghi. Le acque reflue contengono diverse sostanze nocive, sia organiche che inorganiche.
Se non sono trattate bene, possono avere conseguenze devastanti per flora, fauna e salute umana. Malgrado ciò, la situazione italiana è davvero drammatica.
Acque reflue: la maxi-mula Ue
L’ultima notizia sul tema è che la Commissione Ue ha richiesto al nostro Paese una sanzione forfettaria: 62,69 milioni di euro. E non è tutto. A questo va aggiunto un ulteriore ‘carico’ di 347mila euro, ogni giorno, che si andrà ad accumulare fino alla prossima sentenza in materia.
Nella motivazione della condanna, si legge che “le acque reflue urbane” devono essere “raccolte e trattate in modo adeguato, al fine di prevenire gravi rischi per la salute umana e l’ambiente“.
Un rischio che evidentemente non è scongiurato nel nostro Paese.
A stabilire gli standard per questo tipo di rifiuti è la direttiva europea 271 del 1991. Secondo tale normativa, sono gli Stati membri a doversi assicurare che i comuni, i centri urbani, le città e tutti gli agglomeranti abitativi siano in regola con gli scarti reflui. Nessuno può sentirsi assolto, dunque. Si tratta di un fallimento amministrativo a tutti i livelli.
Acque reflue: la situazione in Italia
Già nel 2012 la Corte di Giustizia emanava una prima sentenza di condanna nei confronti dell’Italia. Nella sentenza si mettevano sotto accusa 109 località italiane, in cui la gestione delle acque reflue non era ottimale.
Oggi, su quelle 109 situazioni di criticità la situazione è tornata alla normalità in appena 29. Altre 80 richiedono ancora adeguamenti e miglioramenti per prevenire i rischi che le acque contaminate pongono per salute e ambiente.
Secondo quella sentenza, erano più di 6 milioni gli italiani a rischio. Tra le regioni più interessate dal problema la Sicilia (51), la Calabria (13), la Campania (7). Problemi anche in Liguria (3), Puglia (3) e Friuli Venezia Giulia (2).
Al di là di quella singola sentenza, però, le criticità sono molto più estese. Questa mappa rende visivamente evidente il problema:
Acque reflue: già 3 i richiami Ue
Non si tratta del primo richiamo della Commissione nei confronti dell’Italia sul trattamento delle acque contaminate. Secondo i calcoli dell'(ormai ex) governo Renzi, a gennaio scorso erano già 3 le procedure aperte dalla Corte di Giustizia Ue. In totale venivano coinvolti 2500 comuni italiani (duemila e cinquecento).
500 milioni all’anno, secondo i calcoli di Palazzo Chigi, le sanzioni comminate dall’Europa. E una quantità infinita – difficilmente quantificabile – di danni al nostro ambiente e alla nostra salute.