Ricercatori padovani scoprono l’ormone dell’invecchiamento. Ecco come metterlo ‘fuori uso’…
Qualche giorno fa, i ricercatori del Vimm (Istituto molecolare veneto) e dell’università di Padova hanno reso noti i risultati di un’interessante ricerca sull’invecchiamento. In particolare, avrebbero individuato l’ormone che provoca il deterioramento cellulare. Hanno inoltre scoperto in che modo è possibile rallentare questo processo naturale.
La ricerca potrebbe cambiare profondamente il nostro stile di vita, aiutandoci a vivere meglio e più a lungo. Vediamo cosa hanno scoperto.
FGF21: l’ormone dell’invecchiamento
Lo studio è stato pubblicato su Cell Metabolism, la rivista scientifica più autorevole negli ambiti dell’endocrinologia e del metabolismo. Il team di ricerca è stato guidato da Marco Sandri e Luca Scorrano e condotto dalle dottoresse Caterina Tezze e Vanina Romanello. La loro scoperta è potenzialmente rivoluzionaria: l’invecchiamento e il danneggiamento dei mitocondri del muscolo è responsabile della produzione di un ormone, chiamato FGF21. La sostanza causerebbe a sua volta l’invecchiamento dell’intero organismo.
Finora sapevamo che il deterioramento dei mitocondri – che rappresentano le centrali energetiche delle cellule – erano legato all’invecchiamento, ma non sapevamo come, esattamente.
Come è stata effettuata la scoperta? Tutto è incentrato intorno allo sport.
Invecchiamento attivo e sedentario
La scoperta è stata effettuata analizzando i livelli di Opa1 negli anziani che svolgono attività fisica in maniera regolare. Opa1 è una proteina, essenziale per il funzionamento dei mitocondri. Quando è carente causa la produzione dell’ormone FGF21. Negli anziani sedentari, i livelli di Opa1 sono molto bassi, mentre restano regolari in quelli più attivi. Ecco perché le persone che hanno uno stile di vita sedentario tendono a invecchiare più velocemente.
Finora, si pensava che l’ormone avesse un’azione esclusivamente benefica. Prodotto da fegato e grasso, migliora infatti il metabolismo degli zuccheri e dei grassi. I ricercatori padovani ne hanno individuato la “doppia vita”.
Bloccandone la produzione, infatti, gli studiosi hanno registrato l’arresto di molti segni di invecchiamento: a livello di cute, fegato, intestino e cervello.
“Non era chiaro come la vita sedentaria fosse collegata ad un invecchiamento precoce. Il nostro studio ci spiega che l’invecchiamento non attivo porta al deterioramento dei mitocondri nei muscoli e, quindi, all’aumento di FGF21. Quando i livelli di FGF21 nel sangue sono alti per lungo tempo, l’organismo risponde con l’invecchiamento della pelle, del fegato e dell’intestino, perdendo neuroni, e con un’infiammazione generalizzata“, spiega Marco Sandri.
Ormone dell’invecchiamento: come ‘combatterlo’
I ricercatori vogliono ora sviluppare dei farmaci per contrastare l’invecchiamento precoce. Il medicinale sarebbe destinato alla popolazione sedentaria.
Non sarebbe meglio, piuttosto, stimolare il ricorso all’attività fisica per tutti? Anche chi è avanti con l’età, se non ha problemi fisici troppo gravi (ovviamente), può pensare di fare sport o comunque di restare attivo. Anche fare lunghe passeggiate, tutti i giorni, può aiutare.
Un’altra forma di attività fisica dolce è rappresentata dallo yoga. Come abbiamo visto qualche tempo fa, uno studio indiano del 2014 ha dimostrato che lo yoga è in grado di rallentare, o addirittura invertire, il declino fisico e mentale collegato all’avanzare dell’età.