I governi italiani stanno provando ad affossare la produzione di grano duro biologico meridionale? Agricoltori e commentatori sono convinti di sì. Ecco perché
I governi che si succedono dal 2009 provano in diversi modi a mettere i bastoni tra le ruote al grano duro biologico. Per favorire l’import di grano dall’estero, soprattutto canadese. È questa la denuncia di Francesco Paolo Busalacchi, ex dirigente della Regione Sicilia, che dal suo blog “I nuovi vespri” lancia un’accusa molto pesante a tutti i ministri dell’agricoltura che si sono succeduti da quasi dieci anni a questa parte.
Scopriamo insieme di cosa li accusa.
Il grano duro biologico ostacolato dai ministri?
“Un incredibile Decreto ministeriale stabilisce, di fatto, che il Mezzogiorno dovrà produrre meno grano duro biologico”, così scrive Busalacchi sul suo blog. Cosa succede?
Tutto parte, secondo l’ex dirigente, dal governo Berlusconi, nel 2009. L’esecutivo emana un primo Decreto ministeriale che avrebbe messo in crisi la produzione di grano duro biologico, un’eccellenza del meridione: il grano duro italiano è prodotto all’80% al Sud.
Cosa prevede il provvedimento? Il grano duro biologico, stabilisce, va coltivato in rotazione triennale e non biennale. Per chi non ha familiarità con il concetto di rotazione delle culture, eccolo spiegato: i coltivatori variano le specie agrarie da coltivare su un determinato terreno, in modo tale da mantenerne e migliorarne la fertilità. Se un anno semino grano duro e l’anno dopo, per dire, leguminose, avrò una resa maggiore. È una tecnica di coltivazione antichissima, non una novità.
Il problema, secondo Busalacchi, è che in Sicilia da sempre si ricorre alla rotazione biennale e non triennale: un anno grano duro, il successivo leguminosa per arricchire il terreno di azoto. Poi si torna al grano.
Col provvedimento del 2009, questo ciclo viene ‘dilatato’: il periodo di riposo si allunga a due anni. Questo vuol dire, praticamente, che il grano duro biologico viene prodotto un anno su tre. Risultato ovvio: produzione minore.
La ragione per cui è stata approvata la norma? Una presunta “tutela della biodiversità”, che però non convince Busalacchi: “A noi è sempre sembrata una scusa per far produrre all’Italia meno grano duro”. E parla di “non-senso agronomico” e di “vessazione” ai danni dei coltivatori meridionali.
Fatta la legge…
L’ex dirigente siciliano, prosegue nella sua disamina, spiegando come successivamente gli agricoltori siano corsi al riparo. Con un cavillo. Visto che il Decreto Ministeriale non parla di anni ma di “cicli colturali”, si è trovato il modo di aumentare tali cicli all’interno dello stesso anno:
«In Sicilia la Sulla (pianta foraggera, NdR), grazie alle piogge primaverili ed estive – che ormai non mancano – ‘ricaccia’, cioè dà luogo a una seconda vegetazione che viene interrata per arricchire il terreno di sostanza organica e migliorare la fertilità (questa tecnica colturale si chiama Sovescio). In altri casi – sempre con riferimento alla Sicilia – dopo la leguminosa, si va a seminare una seconda coltura estiva-autunnale per poi seminare il grano duro in biologico. Di fatto, sono due cicli in un anno».
È il cosiddetto “ringrano”. Con questa tecnica, gli agricoltori siciliani hanno potuto coltivare il grano duro biologico ad anni alterni, come sempre hanno fatto, pur rispettando formalmente il Decreto.
Cambiano i governi, non cambia la legge
Nel 2015, al governo c’è Renzi, all’agricoltura il ministro Martina. Ma la musica non cambia. Con una circolare, il dicastero conferma il Decreto del 2009, ribadendo l’impossibilità di concedere deroghe in materia.
È Confagricoltura Sicilia stavolta a denunciare il decreto, che parla di “de profundis” per l’agricoltura bio siciliana, per bocca del suo presidente, Ettore Pottino:
«Di fatto, la nostra rotazione virtuosa grano duro-leguminosa è fuori dalle regole. Questo comporterà la riduzione di oltre il 34% della produzione annuale di grano duro biologico siciliano, rendendo inutili tutte le politiche di valorizzazione del grano duro di qualità che la Regione ha messo in campo».
A quanto pare, la nuova circolare rende impossibile anche la tecnica del ringrano, utilizzata fino a quel momento. Pottino è molto duro sul provvedimento:
«Siccome a pensar male si fa sempre bene il dubbio è che la realtà agricola siciliana non sia né nota né rappresentata nei luoghi deputati alla politica agraria. Al contrario delle lobby delle agricolture continentali che hanno la necessaria forza e autorevolezza per incidere negli indirizzi e nelle scelte a favore dei loro legittimi interessi».
2018: arriva il governo del “cambiamento”
Con il governo Conte, la situazione non migliora. Anzi. Oggi è il leghista Gian Marco Centinaio il ministro all’agricoltura e con il decreto n. 6793 pare peggiorare ulteriormente la situazione.
Al punto che Giuseppe Li Rosi, agricoltore siciliano e fondatore dell’associazione “Simenza”, parla di “eliminazione” della coltivazione di grano duro biologico. È in particolare il comma 2 dell’articolo 2 a provocare malumore: la norma infatti riduce ulteriormente da tre a due anni (nell’arco di un quinquennio) la possibilità di seminare grano duro.
Li Rosi chiarisce meglio il punto con un esempio:
«In pratica, se ad esempio prima era possibile effettuare una rotazione, (1° anno) grano duro, (2° anno) leguminosa + sovescio, (specie avente un ciclo colturale di max 70 gg), (3° anno) grano duro, (4° anno) leguminosa + sovescio, (5° anno) grano duro, rendendo così possibile la coltivazione in tre annate agrarie su cinque del frumento duro, con il nuovo decreto è possibile coltivare il frumento duro solo due annate agrarie ogni cinque. Esempio: (1° anno) grano duro, (2° anno) leguminosa, (3° anno) grano tenero, orzo o avena (4° anno) grano duro (?) (5° anno) leguminosa. In queste condizioni, al 4° anno avremmo il grano duro su un ringrano che produce molto meno».
L’agricoltore rincara la dose, spiegando che alla base del decreto non c’è “alcun fondamento scientifico”.
La “invasione” di grano canadese
«Il nostro Paese non ‘deve’ coltivare il grano duro necessario per produrre la pasta: sennò come fanno gli industriali della pasta del nostro Paese a giustificare il grano duro che acquistano dall’estero, compreso il grano duro canadese al glifosato? Per giustificare l’acquisto di grano duro estero bisogna creare problemi a chi lo coltiva». È questa la conclusione di Busalacchi alla lunga vicenda che vi abbiamo appena raccontato.
Tra i principali esportatori di grano duro in Italia c’è il già citato Canada. Come vi abbiamo raccontato in diverse occasioni, sono migliaia le tonnellate di grano canadese scaricate ogni giorno nei nostri porti. Soprattutto in Puglia.
In questo video, la protesta degli agricoltori baresi e alcune interviste ai rappresentanti di Coldiretti Puglia:
Per approfondire il tema dell’importazione di grano canadese in Italia, puoi leggere i nostri articoli sull’argomento:
- Deossinivalenolo in pasta, pane e farine: quali sono i rischi per la salute?
- CETA: approvato il trattato che mette a rischio salute e Made in Italy
- Gentiloni approva il CETA: i rischi dell’accordo con il Canada
- Grano canadese contaminato: maxi-sequestro a Bari
- Glifosato: Ue rinnova l’autorizzazione “grazie” al voto della Germania
A quanto pare, le ultime ricerche e test sui prodotti, confermano che spesso le industrie della pasta ricorrono ad una miscelazione di grani ed ecco qua spiegato il fenomeno di tracce di glifosato della pasta: APPROFONDISCI SU QUESTO ARTICOLO
CI faranno ammalare tutti con il grano candese! Io ne sono la prova vivente! Tenete duro!
Le disposizioni stabilite dal ministero in merito alle rotazioni sono assolutamente discutibili dal punto di vista agronomico, ma anche della libertà d’impresa.
Il Reg. 834 stabilisce che “Gli elementi essenziali del sistema di gestione della produzione biologica vegetale sono la gestione della fertilità del suolo, la scelta delle specie e delle varietà, la rotazione pluriennale delle colture”, e ben si guarda dall’indicare numero e tipo di colture da programmare nei piani di rotazione.
Nessun altro Paese membro si sogna di farlo, assumendo come proprie le previsioni del regolamento: “la fertilità e l’attività biologica del suolo sono mantenute e potenziate mediante la rotazione pluriennale delle colture, comprese leguminose e altre colture da sovescio, e la concimazione con concime naturale di origine animale o con materia organica, preferibilmente compostati, di produzione biologica”.
È con DM 18354 del 27/11/2009 che si introduce il dettaglio tutto italiano “la medesima specie è coltivata sulla stessa superficie solo dopo l’avvicendarsi di almeno due cicli colturali di specie differenti, uno dei quali destinato a leguminosa o a coltura da sovescio”, peggiorando con il DM n. 6793 del 18 luglio 2018: “la medesima specie è coltivata sulla stessa superficie solo dopo l’avvicendarsi di almeno due cicli di colture principali di specie differenti, uno dei quali destinato a leguminosa”.
Nei fatti, mentre in vigenza del precedente decreto era possibile programmare una rotazione prodotto A + prodotto B + sovescio, adesso la stessa coltura può essere coltivata nello stesso appezzamento dopo due annate agrarie. In sostanza, a superfici costanti, diminuisce la produzione ottenibile.
Se dietro al DM 18354/2009 si vedeva la manina delle organizzazioni professionali agricole generaliste (allora molto tiepide –ed è un eufemismo- nei confronti del biologico e ottusamente interessate a limitarne lo sviluppo), adesso non sembra più così: il numero di produttori è cresciuto, le organizzazioni si son rese conto dello sviluppo della domanda e delle potenzialità del settore per la tenuta e la crescita dell’intero comparto agricolo nazionale e son generalmente più disponibili.
Oltre a questo aspetto particolare, il decreto ha altri buchi, alcuni vagamente grotteschi: i cereali autunno vernini possono invece succedere per due cicli colturali (seguiti da due colture principali diverse), gli ortaggi a foglia possono succedere a se stessi per tre cicli; per essere autorizzato ad acquistare fino al 10% di animali non biologici da inserire nella propria mandria, all’allevatore è sufficiente esibire due e-mail in cui i fornitori dichiarano l’indisponibilità di animali biologici (è complicato istituire una banca dati analoga a quella in uso per sementi e materiale vegetativo? Se con due semplici e-mail l’allevatore guadagna l’autorizzazione ad acquistare capi convenzionali, si danneggiano e si disincentivano gli allevatori che lavorano sulla linea vacca vitello).
FederBio ha ritenuto il DM 18354/2009 e ritiene il DM 6793/2018 aberrazioni ideologico-burocratiche.
Qualche organismo di controllo non è stato (o non è) in grado di svolgere correttamente il suo lavoro, assentendo a successioni colturali troppo strette, non in linea col concetto di rotazione come stabilito dalla corretta agronomia e dai principi del regolamento? Le autorità competenti alla vigilanza sugli organismi di controllo sono il ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali (e del turismo) e le regioni e provincie autonome (per le strutture ricadenti nel territorio). Eventualmente, l’autorità competente al controllo e al coordinamento degli organismi doveva intervenire per ripristinare la conformità, non certo emanare disposizioni che impattano su 67 mila imprese che smandonnano sempre di più sui loro 1.908.653 ettari (+6.3% rispetto all’anno precedente, 15.4% della SAU nazionale).
Detto questo, che si tratti di un disegno anti-meridionale teso a penalizzare il grano duro biologico del Sud (per favorire le importazioni dal Canada, poi) è una boutade campata per aria.: sono furenti tutti, dalla Vetta d’Italia a Punta Pesce Spada Ma basta leggere i cenni autobiografici dell’autore: “Dopo una trentennale esperienza come grand commis nell’Amministrazione della Regione siciliana, vissuta con impegno ed intensità, ha riscoperto la sua antica vena di scrittore, poeta e polemista”. Noterella giuridica: quanto a materie espressamente armonizzate da regolamenti europei (com’è la produzione biologica), gli Stati membri non possono adottare né mantenere disposizioni nazionali, salvo se il diritto dell’Unione lo autorizza; il reg.834/2007 (considerando 29) autorizza l’adozione di norme più “rigorose” di quelle comunitarie purché si applichino anche alla produzione non biologica: per stare in piedi il DM dovrebbe imporre le sue modlità di rotazioni a tutta l’agricoltura italiana, non solo a quella biologica.
SONO LE “CHICCHE DEL CAPITALISMIO” CHE IN CAMBIO DELLA LIBERTA’ VUOLE UN MUCCHIO DI SOLDI, MA QUESTE COSE SI SUPERANO CON L’INTELLIGENZA ADEGUANDOSI ALLE CONSUETUDINI DEL MONDO MODERNO, PONENDOSI CIOE’ ALL’ONOR DEL MONDO CON ADEGUATE INIZIATIVE
“INTA”https://www.inta.org/Pages/Home.aspx è STATA CREATA PER QUESTO SCOPO DALL’AMERICA FRANCIA E INGHILTERRA 50 ANNI OR SONO ED HA GIA’ PORTATO LA SUA ESPERIENZA IN MEZZO MONDO SOLLEVANDO L’ECONOMIA DI INTERI PAESI ,MA IN ITALIA ANCORA SI DORME. SPERIAMO CHE PRIMA O POI CI SI RISVEGLI. TUTTI I GOVERNI CROLLERANNO NON C’E SCAMPO..O CI SI ADEGUA O NON C’E 0′ NULLA DA FARE
Conoscete qualche ditta che produce grano duro in Sicilia in modo da ordinare la pasta ?
Ci si scambia prodotti e questo è un male, mi dovreste spiegare perché comprare limoni dal Cile, o grano dal Canada’ perché io non credo alla favoletta del fabbisogno nazionale e vi potrei citare almeno 1.000 prodotti che importiamo dall’estero perché li i contadini prendono paghe da fame, ma non vi preoccupate, presto ci arriveremo anche qui, i 2 €uro all’ora piano piano li stanno inculcando anche in Italia e in Europa perché gli afroasiatici vivono facilmente in 10/15 in una stanza o in baracche è non fa niente se nessuno gli cambia mai il letto, oppure sentite, forse il letto non lo hanno proprio! Non bisogna fare i filosofi con il culo degli altri!