Giornata contro la violenza sulle donne 2020: La violenza sulle donne è da sempre la violenza dei diritti umani più diffusa, pervasiva e strisciante, coinvolgendo donne di ogni classe sociale, etnia, religione, età.
Il Covid non ferma i femminicidi, vi è stato un boom di chiamate al 1522. Un anno di Codice rosso: 4mila indagini. La pandemia ha agito da amplificatore, aggiungendo isolamento a isolamento: il lockdown ha trasformato la casa di tante in una trappola. Le ha difese dal coronavirus, ma le ha lasciate in balia dei partner. Indifese e in balia di violenza domestica quotidiana.
Nel giorno della violenza sulle donne, non parlimo solo della violenza domestica, connotata da abusi fisici e psicologici, stupro coniugale, matrimoni forzati, delitti d’onore.
Parliamo anche della violenza perpetrata dalla comunità di appartenenza che tollera o favorisce le violenze sulle donne o gli abusi commessi in nome della cultura e della tradizione.
Pensiamo, ad esempio, alle mutilazioni genitali femminili, alle morti legate all’istituto della dote, agli abusi subiti dalle donne che hanno trasgredito rigidi codici comportamentali imposti da leggi e consuetudini discriminatorie.
Indice dei contenuti
- 1 Giornata contro la violenza sulle donne 2020: I tanti volti della violenza sulle donne
- 2 La storia di Daniela Carrasco, “El mimo”
- 2.1 La morte della manifestante Valeska Carmona Lopez
- 2.2 La morte dell’attivista Hevrin Khalaf
- 2.3 “Boge” Gebre, colei che ha dato il via alla ribellione delle donne etiopi
- 2.4 Almaas Elman, la giovane pacifista somalo-canadese
- 2.5 I dati delle violenze sulle donne in Italia
- 2.6 Giornata contro la violenza sulle donne 2020: nell’80% dei casi le vittime sono italiane
Giornata contro la violenza sulle donne 2020: I tanti volti della violenza sulle donne
Ma la violenza ha tanti volti.
Basti riflettere sulla tratta a scopo di prostituzione o lavoro forzato, sugli stupri commessi dalle forze governative nei conflitti armati, sulle sterilizzazioni forzate.
E come non citare le torture inflitte dai poliziotti o gli abusi subiti dalle rifugiate per mano di agenti dello Stato?
Tutte le forme di violenza, in fin dei conti, sono radicate nella discriminazione, costringendo le donne a rimanere in una situazione di inferiorità e ad aggravare il quadro vi sono povertà ed emarginazione.
Se la discriminazione è la causa della violenza, l’impunità è la ragione per cui la violenza si protrae.
La storia di Daniela Carrasco, “El mimo”
Fatte queste dovute premesse, non possiamo non parlare di Daniela Carrasco, in arte “El mimo“.
Cilena, artista di strada, è stata fermata il 19 ottobre di quest’anno dalla polizia cilena, stuprata, torturata e infine appesa alla ringhiera di un parco alla periferia di Santiago, nel bel mezzo della protesta civile contro la presidenza di Sebastiàn Pirena.
La sua morte è stata classificata come suicidio dalla polizia ma la sua foto, postata e riposta ovunque, parla di ben altro, puntando il dito sugli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine ai civili.
A supportare questa ipotesi il coordinamento locale di NiUna Menos e la Rete delle Attrici.
La morte della manifestante Valeska Carmona Lopez
Sempre il 19 ottobre muore un’altra donna, Valeska Carmona Lopez, colpita per strada mentre sta manifestando, colpita dagli spari della polizia.
Pinera, in una conferenza stampa, ha ammesso gli errori e le violenze commessi dalla polizia nella gestione dell’ordine pubblico, l’eccessivo uso della forza, gli abusi e il non rispetto dei diritti di tutti, aggiungendo che tutto ciò non resterà impunito.
La morte dell’attivista Hevrin Khalaf
Il 2 novembre muore, invece, Hevrin Khalaf, 35 anni, attivista e segretaria generale del Partito del Futuro Siriano, barbaramente massacrata e uccisa,
La donna si batteva anche per la coesistenza pacifica fra curdi,cristiano-siriaci e arabi ed era apprezzata da tutte le comunità, dopo aver dedicato la sua vita alla lotta per i diritti delle donne.
Hevrin è stata trucidata insieme al suo autista e ad altri 7 civili ad opera delle milizie filo-turche nel nord est della Siria.
Il gruppo stava raggiungendo la città di Qamishli. in Siria, quando il mezzo su cui viaggiavano è stato fermato sull’autostrada M4 dai miliziani arabo-siriani, tra le cui file ci sono diversi jihadisti, alleati con le truppe di Erdogan.
Le truppe filo-turche hanno fatto scendere tutti dall’auto e poi, come una vera e propria esecuzione, hanno aperto il fuoco a bruciapelo contro la donna, l’autista e altri 7 civili, diffondendo in un secondo momento le terribili immagini dei corpi trucidati dai proiettili.
Di recente la Khalaf aveva guidato un Forum tribale delle donne; soggetto cruciale, per lei, di una possibile transizione democratica per una Siria inclusiva e rispettosa dei diritti delle minoranze, fortemente decentralizzata rispetto all’impostazione baathista.
Al momento della sua fondazione, il 27 marzo 2018, il Partito per il Futuro della Siria aveva affermato, tra i suoi principi, la laicità dello Stato, la rinuncia alla violenza e l’eguaglianza uomini-donne.
“Boge” Gebre, colei che ha dato il via alla ribellione delle donne etiopi
Lo scorso 3 novembre, a Los Angeles. è morta Bogaletch “Boge” Gebre, scienziata e attivista che è ritenuta colei che ha dato il via alla ribellione delle donne etiopi.
Essere una donna nel distretto di Kembatta-Tembarro può trasformarsi in un vero incubo.
Nella piccola regione etiope le donne non hanno più valore delle mucche, non hanno accesso ai servizi di scolarizzazione e sono costrette a subire in silenzio abusi e violenze.
Nella maggior parte dell’Etiopia il fenomeno delle donne bambine, la pratica della mutilazione dei genitali femminili, sono piaghe sociali dalle dimensioni allarmanti.
E Bogaletch Gebre, tutto questo, lo aveva vissuto sulla sua pelle, vittima di una barbara infibulazione a soli 12 anni, con cui rischiò di perdere la vita, proprio come accadde alla sorella maggiore.
E’ per questo che ha voluto spendere la sua vita per combattere queste ed altre ingiustizie.
Ad annunciare la sua morte è stata la KMG Etiopia, organizzazione no-profit da lei fondata 20 anni fa per portare avanti le sue battaglie.
KMG è l’acronimo di “le donne di Kembatta combattono insieme”.
E’ proprio con l’aiuto delle donne che Boge si propone di sconfiggere le ingiustizie delle donne.
Ed i risultati si sono visti: se a fine anni 90 a subire le mutilazioni era il 100% delle bambine, nel 2008 si arrivò a sfiorare il 3%, stando ad uno studio Unicef di quell’anno.
Un successo enorme che si deve tutto all’energia spesa da Boge.
Almaas Elman, la giovane pacifista somalo-canadese
Ma la lista delle donne uccise brutalmente è davvero lunga.
Almaas Elman è stata uccisa con un proiettile alla testa, nel posto più sicuro di tutta la Somalia, nella fortezza di Halane, a Mogadiscio, dove stazionano le forze militari dell’Unione Africana.
La giovane pacifista somalo-canadese, incinta, era in macchina con 2 colleghi, diretta al terminal.
Aveva partecipato ad un incontro con una delegazione europea in Somalia sulla resilienza delle comunità rurali del suo Paese.
Il suo ultimo tweet risale a poche ore prima di essere assassinata.
Almaas lottava per la pace, proprio come suo padre, assassinato nel 1996.
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I dati delle violenze sulle donne in Italia
Oggi ricorre la giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Abbiamo appena ricordato esempi davvero significativi di ciò che ancora oggi accade in tutto il mondo. Vediamo il triste quadro italiano.
In Italia le donne vittima di violenza sono 88 ogni giorno, una ogni 15 minuti. Il 41% subisce maltrattamenti, il 31% stalking, il 10% violenza sessuale e il 18% percosse. È quanto emerge dal rapporto della polizia di Stato “Questo non è amore 2019″ ,riferito ai dati aggiornati al mese di marzo 2019.
L’autore della violenza, come dice il rapporto, “non bussa ma ha le chiavi di casa”. Nell’82% dei casi, infatti, si tratta di una persona già conosciuta dalla donna.
Giornata contro la violenza sulle donne 2020: nell’80% dei casi le vittime sono italiane
Le vittime sono nell’80% dei casi italiane, mentre l’autore è italiano in tre casi su quattro (74% del totale, +1% rispetto al 2018). Tra le donne straniere, sono le rumene ad aver denunciato più di altre una violenza nell’ultimo biennio. La metà delle violenze denunciate è avvenuta in strada, in auto o in parcheggi, mentre nel 35% dei casi l’atto persecutorio avviene in un luogo chiuso.
QUANTO PRIMA MI CANCELLERO’ DA AMBIENTE BIO PERCHE’ NON HA DETTO NIENTE DELLA GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULL’UOMO DEL 19 NOVEMBRE. NON CONOSCE MINIMAMENTE L’EQUITA’ COME TUTTI I MASS-MEDIA CHE CONOSCONO SOLO LA FAZIOSITA’. DEI ZINGARI NON DICONO CHE SONO UN POPOLO DI LADRI ANCHE SE DIVERSI. FORSE UN 10% DI LORO RUBA. DEI MASCHI DICONO CHE SONO VIOLENTI SE DIVERSI FORSE UN 10% E’ VIOLENTO. COSI’ ULTRAFAZIOSI CHE CHIAMANO IL MASCHICIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE ECCIDIO, IL MASCHICIDIO DI SREBRENICA STRAGE, ECC. SEBBENE EFFETTIVAMENTE IN BASE AL SOLO GENERE NON PER QUALCHE OFFESA E CHIAMANO L’OMICIDIO IN BASE ALLE CORNA FEMMINICIDIO. I MASS-MEDIA FANNO SEMPRE VEDERE SUPEROI CON ARMI, MAI CON MOTOZAPPA E POI DICONO CHE I MASCHI SONO VIOLENTI. I BAMBINI MASCHI LI “STUPRANO” SE SONO DELICATI IN QUANTO GLI DICONO IN MODO DISPREGIATIVO “FEMMINUCCIA”, NON ALLE FEMMINE DELICATE “PARI UN MASCHIETTO”. LE FEMMINE LE AIUTERO’ QUANTO PRIMA A VERGOGNARSI PERCHE’ SONO LORO LE PRIME A CONDIVIDERSI CON I MASCHI VIOLENTI ED A SNOBBARE QUELLI CORTESI COSI’ QUEST’ULTIMI OLTRE AD ESSERE SNOBBATI DEVONO ANCHE SCONTARE LE CONSEGUENZE DELLE MALEFATTE DEI PRIMI. CHI PREFERISCE FAR COMPAGNIA AI GREZZI SONO VIOLENTE PURE LORO.