Recente è la notizia dell’esplosione nell’industria chimica 3VSigma che produce vernici, solventi e sbiancanti a Porto Marghera, in Veneto. L’esplosione è avvenuta venerdì 15 maggio alle 10.15 circa; è stata visibile anche a chilometri di distanza per l’imponente colonna di fumo.
Un disastro annunciato che poteva essere evitato: i rappresentanti dei lavoratori già da due anni stavano scioperando per le scarse condizioni di sicurezza dello stabilimento. Dopo l’esplosione del 15 maggio però i rappresentanti dei lavoratori hanno ricevuto solo querele da parte dei legali dell’azienda 3VSigma.
Oltre a portare a due feriti gravi, l’indiano Pramod e il rumeno Alin, l’esplosione nell’industria chimica poteva essere ben più dannosa.
Infatti in genere le esplosioni nelle industrie chimiche costituiscono un pericolo per i cittadini che abitano nelle zone adiacenti l’industria. Vari composti chimici si possono riversare nell’ambiente circostante compromettendo l’apparato respiratorio di chiunque le inali.
Effetti tossici possono anche riversarsi sulle acque e sui raccolti dei campi agricoli nelle vicinanze delle industrie; un pericolo per la salute di chiunque se ne cibi.
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La situazione dopo l’incendio secondo l’Arpav
Al momento non si rilevano tracce importanti di composti chimici in aria a Porto Marghera, ciò che invece preoccupa è la situazione delle acque.
«Lo sversamento delle sostanze tossiche – afferma Luca Marchesi, direttore dell’Arpav – è stato bloccato, ma purtroppo comunque in ritardo. Quel che sappiamo è che le acque continuano a essere pesantemente contaminate e dobbiamo quindi proseguire con il monitoraggio anche nei prossimi giorni».
I campioni fatti rilevano un livello molto alto di inquinanti nella laguna: ciò ha provocato una morìa di pesci morti per mancanza di ossigeno. Infatti le sostanze chimiche hanno saturato l’acqua togliendo il prezioso ossigeno agli animali marini.
Purtroppo, senza andare troppo lontano, un evento simile a quello dell’esplosione di Porto Marghera si è verificato nel 2018 sempre in Italia nel Comasco.
Esplosione nell’industria chimica Ecosfera di Bulgarograsso
Il 7 Febbraio del 2018 si verificò un’esplosione nell’industria Ecosfera di Bulgarograsso (Como), specializzata nel trattamento di rifiuti speciali.
Tra i 33 lavoratori che lavoravano quel giorno nello stabilimento, i feriti furono almeno nove (di cui tre gravi, trattati in ospedale con codice rosso ).
L’esplosione dell’industria chimica si verificò a causa di un’avaria che interessò un serbatoio verticale, uno dei dodici serbatoi esterni in cui venivano lavorati i solventi. In questo serbatoio si verificò una reazione anomala che ha poi provocato un violento incendio.
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Le fiamme altissime intaccarono anche due serbatoi adiacenti. Un incidente che rivela come non vengano ascoltati i campanelli di allarme nell’evitare questi incidenti: la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente non fanno audiance.
In quella circostanza il Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” espresse questo pensiero:”
“Nell’attesa di capire quali siano state le effettive cause come associazione esprimiamo grande preoccupazione per i pesanti rischi derivanti dagli impianti che trattano i rifiuti.
Il gravoso rischio intrinseco delle attività di trattamento rifiuti, unito alla possibilità di infiltrazione della malavita organizzata, deve far sì che a livello istituzionale venga messa in atto da subito una campagna straordinaria di verifica presso tutti gli impianti di trattamento rifiuti, in modo che incendi di questo tipo non si possano più verificare.
L’azione deve comprendere l’accertamento di eventuali attività non autorizzate: infatti il business dei rifiuti richiama spesso a gestioni illegali, in cui l’unico interesse è quello di lucrare, a scapito di ambiente e salute pubblica (…) i politici dovrebbero chiarirci cosa intendono fare sia a livello regionale che nazionale per prevenire situazioni di questo tipo, che mettono a rischio la vita dei lavoratori, la salute dei cittadini e l’ambiente naturale”.
Come riporta ANFOS la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro industriali è un obbligo dei datori di lavoro. Infatti devono dirigere un documento completo che consideri la totalità dei potenziali pericoli connessi alle loro attività.
Dopo ciò la parte politica deve essere coinvolta:se le autorità preposte continuano a mettere in secondo piano la salute dei lavoratori e dell’ambiente, incidenti di questo tipo continueranno ancora a verificarsi.
I primi danni ovviamente si verificano sul personale dell’azienda, ma effetti ben più a lungo termine posso colpire i cittadini.
Le sostanza tossiche deturpano l’ambiente circostante facendo seccare le piante, provocando morìa di pesci nelle acque e contaminando i campi. Se gli animali da pascolo venissero contaminati, bisognerebbe abbatterli…provocando ingenti perdite ai proprietari.
Insomma non si possono più chiudere gli occhi su questi disastri: il diritto di vivere in un ambiente sano e di lavorare in sicurezza è di tutti.