Anche negli Usa è arrivata l’emergenza Coronavirus, con contagi in aumento e già oltre 1000 morti.
Mentre gli ospedali si preparano a essere invasi da pazienti colpiti da difficoltà respiratorie legate al virus, vari Stati cercano di fornire ai medici criteri-guida per prendere la decisione più difficile: scegliere chi attaccare ad un respiratore e chi no.
Il caso più raccapricciante è quello dell’Alabama che, nel suo documento, intitolato “Scarce Resource Management” sostiene che “i disabili psichici sono candidati improbabili per il supporto alla respirazione”.
Le associazioni in difesa dei disabili scendono in campo
Se il caso dell’Alabama è quello più eclatante, a mettere in allarme le associazioni in difesa dei disabili sono anche altre frasi, contenute nelle linee guida di Washington dove si parla di “capacità cognitiva“, o del Maryland e della Pennsylvania, in cui si fa riferimento al “disturbo neurologico grave”.
Già diversi gruppi, come Disability Rights Washington, Self-Advocates in Leadership, The Arc of the United States hanno fatto fatto causa allo stato di Washington per impedire l’entrata in vigore dei criteri per l’accesso alle cure salvavita per il Covid-19.
Altre associazioni si sono appellate al governo federale affinché imponga alle Amministrazioni locali e agli ospedali il principio che i disabili hanno diritto allo stesso trattamento degli altri.
Le paure dei disabili statunitensi e alcuni protocolli già ufficializzati
Cosa fa più paura ai disabili? Che i criteri di accesso alle cure siano costruiti sull’idea che alcune vite (come le loro) valgano meno di altre.
Ari Na’ eman, docente al Lurie Institute for Disability Policy dell’Università Brandeis sostiene: “Le persone affette da disabilità sono terrorizzate che se le risorse si fanno scarse, verranno inviate infondo alla fila. E hanno ragione, perché molti Stati lo affermano in modo abbastanza esplicito nei loro criteri”.
A ben vedere, come si legge su Avvenire, sui 36 Stati che hanno ufficializzato i loro protocolli, emergono dati che ci lasciano senza parole:
- il Tennessee elenca le persone con atrofia muscolare spinale tra gli esclusi dalla terapia intensiva
- in Minnesota saranno la cirrosi epatica, le malattie polmonari e gli scompensi cardiaci a togliere ai pazienti affetti da Covid-19 il diritto a un respiratore
- il Michigan darà la precedenza ai lavoratori dei servizi essenziali
E non finisce qui perché sia nello stato di Washington che in quelli di New York, Alabama, Tennessee, Utah, Minnesota, Colorado e Oregon, al personale, prima di intervenire, sarebbe chiesto di valutare attentamente il livello di abilità fisica e intellettiva del paziente, come a dire “facci vedere bene se sei abbastanza sano, che poi valutiamo noi se curarti o meno!”.
Negli USA si prospetta uno scenario da incubo
Come se già tutte queste discriminazioni non bastassero, in tutti i documenti di gestione delle risorse si è affermato un altro principio inquietante, una sorta di “regola d’oro” che urta fortemente gli animi di chi si batte per l’eguaglianza.
In pratica, viene chiesto a un paziente se, in caso di strumenti salvavita, vuole avervi accesso o lasciare il posto a chi avrebbe più probabilità di sopravvivenza o “maggior valore per la società”.
Si sta materializzando uno scenario da incubo, che impone una doverosa riscoperta del concetto di persona umana, andando oltre l’antropologia funzionalista e in sostanza nichilista prevalente per riaffermare un concetto che a molti continua a sfuggire: tutti, in quanto esseri umani, siamo provvisti di una dignità a noi connaturata, a prescindere dalle condizioni di salute o dall’età, ad esempio, in quanto queste variabili non possono intaccare il nostro diritto ad essere riconosciuti come persone e, come tali, accolte e curate.
e in Italia , la lista per anno di nascita, hanno detto .