Proteggere le ultime grandi balene non è solo indispensabile per evitare la scomparsa di queste carismatiche creature marine dal peculiare percorso evolutivo ma è fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici, dato che questi cetacei offrono un servizio eco-sistemico inestimabile.
Dallo studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale, le balene, con il loro respiro, sarebbero in grado di assorbire il 40% di tutta l’anidride carbonica prodotta nel mondo: 37 miliardi di tonnellate… un lavoro per il quale dovrebbero essere investiti 1700 miliardi di alberi, pari a 4 Foreste Amazzoniche, polmoni verdi sempre più deturpati dall’opera dell’uomo.
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In che modo le balene assorbono il 40% dell’anidride carbonica mondiale
Lo studio rileva che questi cetacei, salendo in superficie e scendendo in profondità, portano in superficie minerali fermi in profondità (la balena come pompa) e li muovono nei mari (la balena come nastro trasportatore).
Parliamo di minerali cruciali per lo sviluppo del fitoplancton, il più efficace nel risucchiare anidride carbonica.
Secondo i biologi, l’abbondanza del plancton è direttamente proporzionale al numero delle balene presenti nei dintorni.
Per comprendere l’importanza di questi cetacei , basti pensare che una sola balena, durante la sua sessantina di anni dii vita, riesce ad accumulare, in media, 33 tonnellate di CO2, mentre un albero appena 21 chilogrammi in un anno.
Quando muore, la sua carcassa si porta tutta questa anidride carbonica sul fondo dell’oceano, dove resta per secoli.
Le feci delle balene contrastano l’inquinamento marino
Che gli escrementi in generale facciano bene alla natura è cosa nota: pensiamo al letame o al guano degli uccelli. Si sa che la famigerata cacca è uno degli elementi più naturali che possano esistere, quindi non c’è da meravigliarsi se, anche nel caso delle balene, il suo tocco benefico debba essere riconosciuto.
Secondo i ricercatori dell’Australian Antartic Division, infatti, le feci di questi mammiferi marini sono addirittura in grado di rimediare all‘inquinamento marino e di contrastare il riscaldamento globale.
Il ricercatore Stephen Nicol sostiene, in particolare , che il ferro portato dalle feci delle balene incide sul fitoplancton, che è alla base della catena alimentare nel mondo acquatico, esercitando, oltretutto, un impatto elevato sull’assorbimento della CO2.
Nicol precisa: “Prima che incominciasse il commercio delle balene, risalente al secolo scorso, questi grossi cetacei consumavano circa 190 milioni di tonnellate di krill all’anno, convertendolo in circa 7600 tonnellate di escrementi ad alto tasso di ferro, che a loro volta incoraggiavano la crescita di fitoplancton, in grado di assorbire anidride carbonica”.
In parole più semplici: la balena mette in moto un ciclo del ferro tale per cui: mangia il krill, che a sua si nutre di fitoplancton. Gli escrementi delle balene arricchscono gli oceani di ferro che stimola e facilita la formazione di fitoplancton.
Le feci di 27 balene, analizzate dagli studiosi australiani, hanno mostrato una concentrazione di ferro di 10 milioni di volte superiore a quella delle acque marine.
Perché le balene vengono cacciate?
La caccia alle balene è un fenomeno che avviene da secoli e oggi sono cacciate soprattutto per la carne.
Dal Giappone alla Danimarca, i più gettonati sono hamburger, sashimi, sushi, bistecche al sangue.
Di questi animali non buttano via niente: anche il grasso è utilizzato per realizzare salse, conservato per settimane nell’acido lattico e servito come la nostra trippa, condito con aceto o a fettine, assieme a un bicchiere di sakè.
Famosi i quartieri a luci rosse di Tokyo e i loro locali con specialità a base di carne di balena, mentre a Bergen, in Norvegia, la stessa affumicatao grigliata in uno dei tanti banchetti del mercato del pesce.
Nelle Isole Faroe, si celebra in grindaràp (in lingua autoctona “caccia”) , con numerose spedizioni, tra luglio e settembre, alla ricerca di balenottere minori e delfini… un’usanza secolare e sanguinaria che attira centinaia di persone sulle spiagge dell’arcipelago, dove i balenieri ammassano le carcasse per sventrarle e macellarle.
Un tempio, invece, l’olio di balena era l’unico combustibile per le lampade a buon mercato ma, a causa del suo forte odore durante la bruciatura, presto venne sostituito dal carosene.
Si provò, senza successo, ad utilizzarlo per la produzione di saponi, prodotti per la cosmesi, per la produzione di detersivi e, in cucina, per farne la margarina, al posto dell’olio vegetale.
L’importanza delle salvaguardia delle balene
Dagli studi analizzati emerge un’equazione: più balene, più plancton, meno effetto serra.
Se sii riuscisse a riportare il numero delle balene in circolazione, oggi ridotto da decenni di caccia industriale a 1,3 milioni, rispetto ai 4-5 milioni che sguazzavano nei mari nell’era precedente al capitano Achab e alle baleniere, l’impatto sui cambiamenti climatici sarebbe massiccio.
Avere anche solo l’1% in più di plancton nei mari significherebbe assorbire centinaia di milioni di tonnellate di CO2 l’anno, come se annualmente appassissero, di colpo, 2 miliardi di alberi adulti.