Il Coronavirus blocca le persone, chiude le frontiere, impedisce i movimenti e, mai come in questo momento di forte crisi, emerge un dato incontrovertibile: l‘agricoltura italiana, il made in Italy agroalimentare, che si regge in gran parte sulla manodopera straniera che non può venire nel nostro Paese per via delle restrizioni legate alla pandemia in corso, è in ginocchio.
E’ forte il grido d’aiuto e d’allarme di un settore strategico ed essenziale dell’Italia che sta subendo pesantemente i contraccolpi della crisi legata alla dilagante diffusione del virus e ai provvedimenti restrittivi che ne conseguono.
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La mancanza di forza lavoro
Ci sono primizie che devono essere raccolte a mano, con maestria e con l’ausilio di attrezzi particolari. Pensiamo, ad esempio, all’asparago bianco di Mambrotta, che richiede il lavoro di tanti braccianti che, da marzo a maggio, vengono in Italia per il periodo della raccolta.
Con la chiusura delle frontiere c’è chi si arrangia come può perché le primizie sono pronte per il raccolto, ma non c’è abbastanza forza lavoro per raccogliere tutti i prodotti, frutto di duri sacrifici, col rischio che molti di essi marciscano nei campi.
Quest’anno la manodopera straniera non potrà dare la sua grossa mano agli agricoltori italiani. Secondo una stima della Coldiretti, mancheranno all’appello 370 mila lavoratori che arrivano ogni anno dall’estero, principalmente dalla Romania, dalla Bulgaria e dalla Polonia.
Il rischio chiusura dei capannoni di confezionamento per Covid-19
Oltre alla mancanza di manodopera nei campi, c’è un altro rischio molto forte: quello legato alla chiusura dei capannoni di confezionamento in quanto,pur adottando tutti gli standard di sicurezza e mantenendo le distanze necessarie, se un lavoratore risulta positivo al Covid-19, i magazzini vengono fatti chiudere.
Il calo del fatturato dell’agricoltura italiana
Se finora il settore agricolo è riuscito a garantire l’approvvigionamento alimentare, ora deve reggere il peso di un calo del fatturato enorme, legato ad una serie di fattori:
- la ristorazione che si è fermata
- il calo della richiesta di prodotti freschi da parte dei consumatori, più propensi a dare scorte e ad acquistare prodotti secchi
- la totale chiusura del settore florovivaistico e quello dell’agriturismo
Il colpo di grazia delle neve marzolina
Oltre a tutto ciò, vi è la preoccupazione legata a questa strana stagione primaverile che ha fatto arrivare la neve a fine marzo, in buona parte della Penisola.
Dopo uno degli inverni più miti che si ricordino, gli agricoltori devono fare i conti con lo spuntare della neve e un brusco calo delle temperature che rischiano di dare il colpo di grazia ai raccolti, già stremati dalla siccità invernale.
Le misure sull’agricoltura previste nel decreto Cura Italia
Stretti nella morsa del Coronavirus, il comparto agricolo ma anche quello ittico, stanno davvero soffrendo.
In proposito, l’art 78 del decreto Cura Italia ha preso in considerazione 3 principali provvedimenti:
- l‘istituzione di un fondo da 100 milioni di euro a sostegno delle imprese agricole e per l’arresto temporaneo dell’attività di pesca
- un aumento dal 50 al 70% degli anticipi dei contributi PAC (Politica agricola comune a favore degli agricoltori)
- aumento del Fondo Indigenti di 50 milioni di euro per assicurare la distribuzione delle derrate alimentari
Nonostante sia chiara l’importanza del comparto agricolo e ittico, il decreto Cura Italia ha previsto un ristretto pacchetto di misure in merito.
Teresa Bellanova, ministra delle politiche agricole, ha sottolineato: “Abbiamo migliaia di imprenditori in difficoltà ma che producono, coltivano, allevano animali, pescano, trasformano il cibo. Il bene-cibo è essenziale e dobbiamo essere grati all’intera filiera alimentare per quanto sta facendo e continuerà a fare”.
Misure temporanee proposte per tamponare la crisi dell’agricoltura italiana
Considerata la gravità della situazione dell’agricoltura made in Italy, è necessario mettere in campo soluzioni di emergenza, volte a tamponare la crisi e ridare fiato all’agricoltura e ai lavoratori di altri comparti.
Magrini, responsabile delle politiche del lavoro della Coldiretti, chiede la reintroduzione dei voucher in agricoltura e la possibilità di impiegare nei campi lavoratori in cassa integrazione o di altri settori che si sono fermati per Coronavirus (es. ristorazione e turismo).
La Flai-Cgil, insieme all’associazione Terra! e ad altri soggetti del terzo settore (Oxfam, A buon diritto, Da sud e Medici per i diritti umani), in un appello al presidente della Repubblica Sergio Matterella e ai ministri Teresa Bellanova (agricoltura), Nunzia Catalfo (lavoro), Luciana Lamorgese (interno) e Giuseppe Provenzano (sud), chiedono la regolarizzazione dei lavoratori stranieri che vivono nei ghetti, in condizioni poco dignitose e rischiose, tramite la stipula di un contratto di lavoro stagionale.