Ogni giorno in Italia si scoprono 1.000 nuovi casi di cancro. Negli ultimi anni, per fortuna, le percentuali di guarigioni sembrano essere migliorate: il 63% per le donne e il 55% per gli uomini. Il merito è soprattutto una maggiore adesione alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stato iniziale, rendendo le terapie più efficaci.
Pur non essendo ancora in grado di spiegare in maniera esatta il perché una persona si ammali di tumore e un’altra no, si conoscono degli elementi che ci circondano e che possono aumentare le probabilità di sviluppare la malattia. A prescindere dall’esistenza o meno di predisposizioni genetiche.
I fattori che aumentano le probabilità di una persona di sviluppare una malattia vengono denominati “fattori di rischio”. Solo alcuni di questi possono essere evitati, come ad esempio scegliere di eliminare dei comportamenti rischiosi (il vizio del fumo) o di abitare in luoghi con una quantità maggiore di fattori inquinanti e metalli pesanti.
Negli ultimi anni, è andata diffondendosi una teoria, avvalorata da studi scientifici, che collega l’incidenza di tumori alla qualità dell’aria che respiriamo o, più in generale, dell’inquinamento ambientale in cui viviamo.
Secondo quanto spiegato da Patrizia Gentilini, oncologa dell’ISDE, l’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente, a La Stampa, l’incidenza delle cause ambientali sui diversi tipi di cancro non è facile da studiare. Le patologie, infatti, hanno cause multiple, si presentano sotto diverse forme più o meno similari e hanno tempi di latenza lunghi.
Tuttavia, i dati disponibili rivelano delle correlazioni molto forti tra alcuni tipi di tumore e l’esposizione a sostanze pericolose.
Pensiamo ad esempio all’amianto. Nonostante sia stato bandito dal 1992, i suoi effetti incidono ancora sulla salute della popolazione. Questo materiale, riconosciuto come cancerogeno, continua a essere presente nelle tubature, nei serbatoi, in pannelli non bonificati. E le fibrille d’asbesto possono essere sia ingerite, che inalate, oltrepassando facilmente le barriere naturali a difesa del nostro organismo.
Anche l’inquinamento industriale ha fatto la sua parte. I metalli pesanti, ad esempio, sono associati a diverse patologie: cromo e nichel a tumori che colpiscono i polmoni e le vie aeree superiori; l’arsenico è collegato a cancri a polmone, vescica e pelle.
Va da sé che vivere in luoghi adiacenti a zone industriali, o a centrali a carbone aumenta a dismisura la possibilità di contrarre questo genere di malattie.
Non va meglio nemmeno per le persone che vivono a ridosso degli inceneritori che, a causa di emissioni di particolato, metalli pesanti, diossine e altre sostanze volatili pericolose mettono seriamente a rischio la propria salute.
Nonostante siano stati individuati dei Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche, ancora troppo poco si sta facendo.
Grazie ai dati raccolti dal Progetto Sentieri, si sa che sono 5 milioni gli italiani che vivono in uno dei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin); di questi, un quinto sono bambini e ragazzi al di sotto dei 20 anni d età, la fascia più fragile ed esposta allo sviluppo di malattie. In questi luoghi, le morti per tumori toccano il 43%, a fronte di una media nazionale che si attesta al 30%.
Un caso su tutti, ad esempio, è quello che interessa la Terra dei Fuochi. Secondo quanto affermato da Maurizio Montella, responsabile Epidemiologia dell’Istituto Italiano Tumori di Napoli: “La Campania Felix è diventata una zona disastrata. Nelle province di Napoli e Caserta, in particolare, si è osservato un aumento dei tumori. In dieci anni c’è stato il tempo di approfondire, ma nessuno, né a livello regionale, né statale, ha fatto niente e ancora oggi non ci sono studi specifici sulla correlazione tra smaltimento illegale dei rifiuti e insorgenza del cancro”.
I dati sono confermati anche da alcune tabelle redatte da tumori.net, il portale dell’epidemiologia oncologica per gli esperti e i cittadini, nato dalla collaborazione tra Istituto Nazionale Tumori (INT) e Istituto Superiore di Sanità (ISS).
Secondo quanto riportato, si nota che il numero più elevato di casi di tumore si registra in Campania, passando dai 375 casi (su 100 mila abitanti) del 2000 ai 398 (su 100 mila abitanti) del 2010. Seguono Valle d’Aosta e Piemonte.
La riduzione dell’incidenza negli uomini, ottenuta grazie soprattutto a interventi diagnostici e terapeutici, continua in tutte le regioni del Nord e del Centro, mentre nel Sud, eccetto che per la Campania, dove rimane sostanzialmente stabile.
Nel Centro-Nord si registra un buon livello di sopravvivenza e lievi differenze tra le diverse regioni. Al Sud invece persiste una minore aspettativa di vita, soprattutto a causa della ridotta anticipazione diagnostica.
(Fonte: Utente Wikicommons Rei-Artur)