I numeri e le notizie che giungono dalle aree di confine tra Grecia e Turchia, relativi all’emergenza profughi siriani, sono agghiaccianti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale per le migrazioni, sono oltre 13 mila i migranti che Ankara ha lasciato liberi di ammassarsi sul confine, tra cui molte donne e bambini, costretti a vivere in condizioni indicibili.
Atene, dal canto suo, ha fatto sapere che nelle ultime 24 ore ha respinto circa 10 mila migranti che cercavano di passare illegalmente il confine.
Indice dei contenuti
Cosa sta accadendo ai profughi siriani
Negli ultimi giorni da alcune zone di confine tra Turchia e Grecia, arrivano immagini sconvolgenti e notizie di migliaia di migranti che cercano di entrare in territorio greco per chiedere una qualche forma di protezione ufficiale.
Per capire meglio cosa sta accadendo ai profughi siriani, occorre andare indietro nel tempo.
La cosiddetta “rotta balcanica” è stata quasi del tutto chiusa a inizio 2016, quando i paesi orientali dell’Unione Europea chiusero i confini ai richiedenti asilo, provenienti soprattutto dalla Siria, a causa della guerra civile iniziata nel 2011, e dal Medio Oriente.
Al contempo, l’Ue si impegnava a versare 6 miliardi di euro alla Turchia entro il 2019, per gestire l’enorme numero di profughi siriani, finanziando l’accoglienza anche di afghani, iracheni e altre etnie in fuga da fame e guerra.
La Turchia, dal canto suo, garantiva di sorvegliare al meglio la propria frontiera con la Grecia, costruendo strutture per ospitare in maniera umana i migranti.
L’Accordo ha funzionato dalla fine del 2016 al 2019, tanto che negli ultimi anni il flusso via mare e via terra dalla Turchia alla Grecia era assai diminuito, riducendosi da 1 milione di persone arrivate tra 2015 e inizio 2016, alle 159 mila dal 2017 al 2019.
La situazione dei profughi siriani è peggiorata dal 27 febbraio
La situazione è peggiorata il 27 febbraio 2020, quando il presidente turco Erdogan ha annunciato di aver aperto i confini del Paese ai migranti intenzionati a raggiungere l’Europa.
Diversi osservatori hanno notato che la decisione di Erdogan è arrivata poche ore dopo l’uccisione di 36 soldati turchi vicino a Idlib, unica zona della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli, dove la Turchia sta cercando di fermare l’avanzata del regime siriano.
In molti hanno interpretato la decisione di Erdogan di aprire i propri confini come un modo per portare avanti i propri interessi, per chiedere ancora più soldi all’Ue, per chiedere un aiuto in Siria, per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica turca dalla difficile situazione a Idlib, facendo leva su un sentimento anti-rifugiati sempre più diffuso tra la popolazione turca.
Il New York Times racconta che molti migranti, non appena hanno saputo che la frontiera era aperta, si sono precipitati in bus o in taxi, temendo di perdere l’opportunità di passare il confine.
La Turchia condivide con la Grecia un confine terrestre di 120 chilometri, delimitato in gran parte dal fiume Evros, il cui attraversamento è davvero difficile a causa delle temperature freddissime e della poca trasparenza delle sue acque. Proprio in esso sono stati recuperati 350 corpi di migranti, mentre più di 1500 risultano dispersi e mai ritrovati.
A Lesbo i migranti picchiati in barca dall’estrema destra greca
A Lesbo, dopo l’annuncio di Erdogan di aprire le frontiere, sono bastati 400 arrivi in una sola mattinata per far esplodere la rabbia degli abitanti.
Migranti, attivisti e giornalisti sono diventati il bersaglio dell’estrema destra che, organizzata in piccoli gruppi, ha picchiato, distrutto le macchine e messo su una rete di check point su tutta l’isola, in modo da controllare le vie d’accesso del campo di Monia e di altre zone, in cui la presenza di attivisti e migranti è forte.
Insomma, qui se sei greco passi, altrimenti sei aggredito con i bastoni.
La volontà del governo di Mitsotakis è avere mano libera sulla repressione e sui respingimenti, creare caos proprio in quanto ha smesso di trasferire migranti dalle isole di Lesbo, Samos e Chios alla terraferma, generando, di conseguenza, sovraffollamenti, disagi e problemi nella gestione delle condizioni igienico-sanitarie.
Nelle ultime settimane, ha respinto il 95% delle richieste d’asilo, mettendo queste persone in un limbo: sono illegali in Grecia ma, trattandosi soprattutto di siriani e afghani, non possono nemmeno tornare indietro.
A ciò si aggiungono: la sanità ridotta al collasso, la crisi economica mai superata del tutto, i cittadini costretti a doversi far carico dei momenti di crisi.
Nel tentativo di sbarco di un gruppo di migranti sull’isola di Lesbo, il barcone, partito dalla costa della Turchia, si è ribaltato con a bordo 46 passeggeri tratti in salvo, tranne un bimbo, morto nel naufragio.
Oltre a circa 500 poliziotti di rinforzo venuti da Atene, nelle prossime ore avverrà un’esercitazione militare in cui la marina greca potrà sparare a tutte le imbarcazioni non autorizzate a navigare nella costa est di Lesbo, dove arrivano i gommoni.
L’ecatombe di bambini nei campi profughi di Idlib
Sono più di 800 mila i siriani, per lo più donne e bambini, fuggiti dalle loro case durante la campagna militare siriana, appoggiata dalla Russia, lanciata a dicembre per eliminare l’opposizione nella Siria nord-occidentale.
I funzionari delle Nazioni Unite affermano che nei campi profughi di Idlib è in corso un’ecatombe di bambini che muoiono per denutrizione e perché costretti a dormire al gelo, in rifugi di fortuna.
Le famiglie che fuggono dagli attacchi aerei, cercando riparo a Idlib, stanno dormendo all’aperto, bruciando rifiuti tossici di immondizia per scaldarsi.
La posizione dell’Ue
E in tutto questo scenario di atrocità, devastazione, morte, qual è la posizione dell’Ue? Al momento non c’è alcun piano per ammettere nei confini europei anche solo una parte dei migranti che si trovano al confine con la Turchia.
Nelle dichiarazioni dei leader europei non vi è traccia di soluzioni a medio e lungo termine, né un richiamo alle sofferenze di questi poveri migranti.
Solo il presidente francese Macron ha chiesto di evitare una nuova crisi umanitaria e migratoria.