Il packaging a base di carta, alternativo alla plastica, è sotto il mirino per la possibile presenza di Pfas che tendono a migrare nel cibo e nell’ambiente.
Dei Pfas ne abbiamo parlato in lungo e in largo, come di materiali che vengono utilizzate per gli impieghi più diversi, compresa l’impermeabilizzazione di carte e stoviglie alimentari biodegradabili o compostabili, sempre più diffuse via via che aumentano i divieti relativi alla plastica monouso.
Due importanti studi sono stati pubblicati su Environmental Science and Technology Letters, e andrebbero a confermare il sospetti sulla presenza di Pfas, ponendo l’attenzione sui pericoli che potrebbero esserci in termini di salute collettiva.
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Il primo studio è stato basato sull’analisi di 42 tipi di involucri e contenitori compostabili che vengono utilizzati in vari fast food, emerge dunque che ve ne è presenza e inoltre in uno degli involucri è uscita la presenza di uno determinato tipo di Pfas noto per la sua tossicità, il 6:2 Ftoh (6:2 fluorotelomer alcol), un composto che, oltretutto, aumenta nel tempo perché altri Pfas, degradandosi, danno origine proprio a questa sostanza.
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In questo primo studio è emerso un particolare preoccupante, i contenitori, lasciati a temperatura ambiente per due anni, presentano un calo della percentuale di Pfas del 85%, questo significa che si possono disperdere nell’aria ma sopratutto che quando vengono sottoposti a calore trasferiscono i Pfas nel cibo, nell’acqua, nei terreni continuando la loro contaminazione e tornando agli esseri viventi attraverso la catena alimentare.
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Si parlava inoltre di un secondo studio a riguardo della pericolosità delle stoviglie compostabili per la presenza di Pfas. Questo ulteriore studio potenzia il primo confermando che i Pfas sono rilasciati dai materiali plastici teoricamente resistenti, compresi quelli per uso alimentare.