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Nanoparticelle di argento per sostituire il ricorso massiccio agli antibiotici negli allevamenti. Le intenzioni sono buone, ma i dubbi per la salute restano
Fin dall’antichità, l’argento è impiegato e conosciuto come antimicrobico naturale. Oggi, utilizzato sotto forma di nanoparticelle di argento, è impiegato a livello sanitario e per la depurazione a più livelli.
Da qualche anno, per ovviare all’abuso di antibiotici negli allevamenti intensivi, queste sostanze vengono impiegate anche per contrastare malattie ed epidemie nei polli. Ma quali sono le conseguenze sulla salute?
Uno studio prova a indagarlo.
Nanoparticelle di argento negli allevamenti di polli
Come ben sappiamo, l’abuso e il cattivo uso degli antibiotici negli allevamenti intensivi provoca allarme sanitario in tutto il mondo. Sempre più evidenze ci dicono che somministrare questi farmaci agli animali allevati – da cui deriviamo latte, formaggi e carne – rende i batteri più forti, capaci di contrastare la loro azione.
Si chiama antibiotico-resistenza, ne abbiamo parlato più volte, per esempio qui:
Resistenza batterica: gli antibiotici perdono efficacia
Le evidenze scientifiche sul tema hanno spinto i ricercatori a trovare alternative valide. Tra queste, pare sia molto diffuso il ricorso alle nanoparticoelle di argento.
Altre sostanze, ridotte a nanoparticelle, hanno però dimostrato un impatto importante sulla salute. Ecco perché è necessario indagare se anche questi microframmenti di argento abbiamo effetti negativi, soprattutto quando a contatto con gli alimenti.
Vista la scarsità di analisi sul tema, l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (ISZV) ha provato a rispondere ad alcuni dubbi sul loro impiego.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Agricoltural and Food Chemistry.
In particolare, i ricercatori si sono soffermati sul bioaccumulo delle nanoparticelle di argento nella carne e nelle uova di pollo, visto che vengono utilizzate negli allevamenti di questi animali.
Hanno scoperto che somministrando sei dosi di nanoparticelle di argento di 20 nanometri in tre settimane, nelle galline ovaiole la sostanza si accumula nel fegato e nel tuorlo delle uova. Non sono state invece individuate tracce in muscoli, reni e albume.
Nanoparticelle di argento: benefici e dubbi
L’argento è da secoli conosciuto come antimicrobico. Sono diversi oggi i prodotti a base di nanoparticelle di argento, soprattutto negli spazzolini da denti.
I benefici dell’argento sono indubbi. Filtri contenenti questa sostanza sono usati per esempio nella sterilizzazione della biancheria degli ospedali. L’argento è stato persino utilizzato dalla NASA nel sistema di purificazione delle acque sugli shuttle.
Abbiamo visto anche noi tutti i benefici dell’argento colloidale come antibiotico naturale:
Argento colloidale: proprietà e usi dell’antibiotico naturale
Restano però molti dubbi sull’azione del metallo quando somministrato in forma di nanoparticelle, che potrebbero accumularsi a livello cellulare.
Come riassume Il Fatto Alimentare:
«La possibilità di un bioaccumulo nella carne e nei derivati degli animali trattati con queste particelle esiste e [lo studio ISZV] lo dimostra. Di conseguenza, le nanoparticelle potrebbero finire anche nel nostro corpo attraverso le uova. Resta ancora un dubbio: quale rischio corriamo?».
Su questo le informazioni che possediamo sono ancora frammentarie e scarse. Occorrerebbero più studi scientifici sulle conseguenze per la salute dell’impiego di nanoparticelle di argento negli allevamenti.
Due ricerche su tutte ci mettono però in guardia dall’abusarne.
Uno studio del Norwegian Institute of Public Health del 2012, ha per esempio dimostrato che queste nanoparticelle possono produrre danni alle cellule dei testicoli, con possibili conseguenze sulla fertilità.
Nel 2015, invece, una ricerca della Polish Academy of Sciences ha indagato il rischio neurotossico delle nanoparticelle di argento nei mammiferi, che ha tratto questa conclusione:
«L’influenza del nano-argento sul sistema nervoso centrale è significativo: le evidenze raccolte indicano che esso si accumula nel tessuto cerebrale dei mammiferi».