Una nuova scoperta italiana potrebbe rivoluzionare gli studi e le cure per il morbo di Alzheimer. La ricerca aveva legato in passato la perdita di memoria alla produzione di dopamina, il neurotrasmettitore collegato ai disturbi dell’umore. Ora gli scienziati si stanno concentrando su cosa potrebbe interrompere il decorso di questa malattia degenerativa.
Indice dei contenuti
Morbo di Alzheimer: i numeri nel mondo
I dati sulla diffusione del morbo di Alzheimer sono forniti dall’Alzheimer’s disease International, federazione legata all’Organizzazione mondiale della Sanità. La malattia colpisce ben 47 milioni di persone in tutto il mondo.
Tuttavia, la cifra è destinata a salire e toccherà i 76 milioni di casi entro il 2050. Di fronte a questi numeri, gli scienziati di tutto il mondo sono uniti per cercare delle soluzioni. Il primo step da risolvere è scoprire quali sono le origini della malattia. Ed è qui che lo studio italiano apre degli orizzonti interessanti.
Alzheimer: la scoperta italiana
La novità sostanziale sta in una molecola, chiamata A13, che è stata in grado di bloccare la malattia nei topi, rigenerando e ringiovanendo le cellule cerebrali.
A coordinare i ricercatori sono stati Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli in collaborazione con il Cnr, la Scuola Normale Superiore di Pisa e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tre. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell Death and Differentiation.
Scoperta dai ricercatori della Fondazione Ebri “Rita Levi-Montalcini” una molecola che “ringiovanisce” il cervello bloccando l’Alzheimer nella prima fase: è l’anticorpo A13, che ringiovanisce appunto il cervello favorendo la nascita di nuovi neuroni e contrastando così i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia.
Caute speranze per un nuovo farmaco
Una strategia, secondo i ricercatori, che genera nuove possibilità di diagnosi e cura, con le dovute precauzioni date dall’attuale stato dell’arte.
Recentemente infatti, circa una mezza dozzina di aspiranti farmaci per l’Alzheimer provenienti da importanti case farmaceutiche (Lilly, Merck, Takeda, J&J, Pfizer) ha fallito, alcuni anche in fase avanzata di sperimentazione.
Fa eccezione Biogen che dopo aver gelato le tante aspettative riposte sul suo farmaco sperimentale Aducanumab, anticorpo specifico contro la proteina tossica “beta-amiloide” (principale indiziata nella demenza di Alzheimer) aveva chiuso anticipatamente il trial clinico in corso a causa di risultati deludenti.
Per poi ripensarci sostenendo che a un dosaggio maggiore l’anticorpo effettivamente funziona. E presenterà alla FDA i documenti per chiedere l’autorizzazione all’uso del farmaco, per la quale ci vorranno 1-2 anni.