Polveri sottili: i ricercatori della Scripps Institution of Oceanography della UC San Diego, esaminando 14 anni di dati sui ricoveri ospedalieri, concludono che le particelle fini nel fumo degli incendi possono essere molte volte più dannose per la salute respiratoria umana rispetto al particolato proveniente da altre fonti come i gas di scarico delle auto. Sebbene questa distinzione sia stata precedentemente identificata in esperimenti di laboratorio, il nuovo studio la conferma a livello di popolazione.
Questo nuovo lavoro di ricerca, incentrato sulla California meridionale, rivela i rischi di minuscole particelle sospese nell’aria con diametro fino a 2,5 micron, circa un ventesimo di quello di un capello umano . Queste particelle, chiamate PM2,5, sono il componente principale del fumo degli incendi e possono penetrare nel tratto respiratorio umano, entrare nel flusso sanguigno e danneggiare gli organi vitali.
Lo studio è stato pubblicato il 5 marzo sulla rivista Nature Communications dai ricercatori della Scripps Institution of Oceanography e della Herbert Wertheim School of Public Health and Human Longevity Science della UC San Diego. È stato finanziato dall’Ufficio del Presidente dell’Università della California, dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), dall’Alzheimer’s Disease Resource Center for Advancing Minority Aging Research presso l’UC San Diego e dall’Office of Environmental Health Hazard Assessment.
L’autrice corrispondente Rosana Aguilera ha affermato che la ricerca suggerisce che supporre che tutte le particelle di una certa dimensione siano ugualmente tossiche può essere inaccurato e che gli effetti degli incendi, anche a distanza, rappresentano una preoccupazione pressante per la salute umana.