Sul quotidiano online infosannio è apparso, alcuni giorni fa, un articolo de “Il Fatto Quotidiano”, secondo il quale l‘Ilva avrebbe venduto polveri Meep come concimi.
L’articolo in questione racconta un episodio datato 24 settembre 2004.
Proprio quel giorno, si legge, “davanti all’Ilva di Taranto si presenta un camion con rimorchio. Il giorno prima, al varco del siderurgico, è giunto un documento che anticipa la visita del camionista: “Dovrebbe venire un autoarticolato, inviato dalla ditta Ecofert Europe (società pugliese che si occupa di concimi) per prelevare…dei sacconi di sfridi potassici… vogliate autorizzarne l’ingresso ed effettuare la cosiddetta tara”. Sul documento, scritto in calce e mano, si legge: “Ok, 17 sacconi”.
Secondo la procura di Taranto e la Guardia di Finanza non si trattava di concime ma di rifiuti pericolosi.
L’Ilva ha provato a smaltire i rifiuti pericolosi al suo interno prima di venderli
Prima di vendere i rifiuti pericolosi come concime, l’Ilva ha provato a smaltirli al suo interno.
Stando alla testimonianza di un ex dipendente, Cosimo Zizzo, dei camion “caricavano e andavano via” e “c’era anche personale dei nostri, senza sapere chi fossero i gestori di queste ditte, cosa ne facessero precisamente di quella roba che qualcuno aveva definito trasformabile in prodotto per l’agricoltura”.
Per qualche mese, tra il 1999 e il 2000, si è tentato di reimmettere le polveri Meep direttamente all’interno del circuito.
Poi si è deciso di scaricarle in betoniere per avviarle a smaltimento in stato fangoso, sino ad arrivare alla vendita, cedendo le polveri velenose, sotto forma di sfridi potassici, alle società Chimsider Logistica e Servizi srl e Ecofert Europe srl.
Nonostante tutto appaia paradossale, stando alle indagini condotte, l’Ilva ha venduto le polveri, contenenti piombo, selenio, cadmio rame, cianuri, come concime minerale semplice, quindi pronto per l’utilizzo.
La scoperta della vendita delle polveri velenose da parte dell’Ilva
Come avviene la scoperta delle polveri velenose sotto forma di concime minerale semplice?
Lo scorso 5 aprile, gli investigatori ricevono la documentazione pervenuta dalla società Arcelor Mittal che diviene pubblica durante le udienze del processo Ambiente Svenduto.
Parliamo, come noto, di uno dei processi ambientali più importanti nella storia d’Italia per numero di parti coinvolte, quantità di fascicoli e prove oggetto d’esame e per le accuse rivolte al colosso industriale.
Accuse riassumibili in “associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale”.
Il processo, dalle complesse vicende giudiziarie, vede imputati, tra gli altri, gli ex patron Ilva Fabio e Nicola Riva a altre 42 persone, incluso il goveratore Nichi Vendola.
Polveri Meep: il superamento dei valori limite risale già al 2005
Come emerso da un’informativa della Guardia di Finanza del 25 giugno, i primi casi di superamento dei valori limite delle polveri Meep (dove Meep è il nome dell’elettrofiltro), risalgono al 2005.
All’epoca si parlava di piombo e, in una sola occasione, del tellurio, cancerogeno.
Dal 2008 si è avuto un consistente aumento dei livelli di piombo.
Dal 2010 al 2013 la pericolosità è stata estesa anche all’ecotossicità.
Proprio a causa dei parametri critici di piombo e selenio e, in valori minori, di cadmio, rame e cianuri, i risultati dei test, a partire dal 2005, hanno escluso la possibilità di conferire le polveri degli elettrofiltri in discarica interna.
La pericolosità delle polveri Meep per ambiente e cittadini
Il funzionario dell’Arpa Puglia Vincenzo Musolino ha evidenziato che, nonostante le polveri presentino un rilevante contenuto di potassio, non poteva essere trascurata la presenza di altri materiali che, di fatto, le rendono pericolose.
Secondo gli investigatori, le polveri Meep, usate come concime, sono pericolose per l’ambiente, contaminando terreni, falde e coltivazioni.
Le polveri in questione sono, oltretutto, pericolose per la salute degli operatori addetti alla loro manipolazione e per la salute della cittadinanza.
Intanto nervi tesi in governo sul caso ex Ilva
Intanto nel governo i nervi sono davvero tesi sul caso ex Ilva e non si discute che di scudo penale.
La misura, ricordiamo, è stata introdotta per proteggere commissari e futuri acquirenti da eventuali ripercussioni penali per fatti verificatisi molti anni prima e dei quali fossero estranei, durante il loro percorso di messa a norma dell’acciaieria.