Ottobre è il mese delle giuggiole, frutti non di certo caduti nel dimenticatoio! Dalle dimensioni di un’oliva, con la buccia rosso porpora, la polpa giallastra e farinosa, il sapore dolce, leggermente acidulo che ricorda quello di una mela, le giuggiole sono squisite drupe ovoidali provenienti dal giuggiolo, conosciuto con il nome scientifico di Ziziphus jujuba, appartenente alla famiglia delle Ramnacee.
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Un po’ di storia sulle giuggiole
Parliamo di una pianta originaria dell’Africa Settentrionale e della Siria, diffusosi in Cina e India, in cui viene coltivato da oltre 4000 anni e , per questo, chiamato anche “dattero cinese“.
Importato in Italia dai Romani, venne diffuso dai Veneziani nel ‘600 che lo fecero conoscere prima in Dalmazia e poi nella zona dei Colli Euganei.
Di zona in zona, le giuggiole acquistano nomi diversi: zizzole, zinzuli, scivuli, genzole, singalu, ciciul, zezal.
Le virtù benefiche
Le proprietà delle giuggiole
- antinfiammatorie
- antispastiche
- digestive
- depurative per il fegato
- espettoranti
- sedative
Ma le virtù benefiche della giuggiola sono davvero numerose. Esse contrastano l’azione nociva dei radicali liberi, inibiscono la crescita di cellule cancerose, sono leggermente lassative, contrastando la stipsi cronica.
Consigliate contro l’ipertensione, sono antinfettive, antiemorragiche, diuretiche; migliorano la circolazione sanguigna, rafforzano il sistema immunitario, fungono da antistress, esercitando un’effetto calmante sul sistema nervoso ed eliminando insonnia e palpitazioni.
Contenenti solo 78 calorie per 100 grammi, rendono la pelle più giovane, sono un ottimo rimedio cicatrizzante e lenitivo nei casi di ferite, ustioni, arrossamenti cutanei, scottature, secchezza cutanea.
Come consumare le giuggiole
Come consumare questi frutti? Le giuggiole possono essere consumate fresche, subito dopo la raccolta, essicate o sotto spirito, sotto forma di confetture e sciroppi, come ingrediente per a farcitura di dolci secchi e biscotti, per la preparazione del famosissimo liquore detto “brodo di giuggiole“.
La ricetta del brodo di giuggiole
Ingredienti
Per preparare il brodo di giuggiole occorrono:
- 1 kg di giuggiole
- 1 kg di zucchero
- 2 grappoli di uva zibibbo
- 2 bicchieri di vino bianco
- 2 mele cotogne
- la buccia grattugiata di un limone
- acqua q.b.
Procedimento
Lasciate appassire le giuggiole per un paio di giorni, non sbucciatele. Pesatele e mettetele in una pentola, ricoprendole d’acqua. Pulite e aggiungete uva e zucchero, cuocendo il tutto per un’ora a fuoco dolce. Aggiungete mele e cabernet , alzate la fiamma e fate evaporare il vino.
Verso fine cottura, quando il composto si sta gelificando, aggiungete la buccia di un limone grattugiato. Portate ad ebollizione fino ad ottenere uno sciroppo cremoso. Filtratelo, fatelo raffreddare e versatelo in bottiglie sterili di vetro, sigillandole.
Il brodo di giuggiole va collocato al fresco e al buio.
Cosa significa “andare in brodo di giuggiole”?
Sentiamo spesso l’espressione “andare in brodo di giuggiole” ma qual è il suo significato? Essa è presente nella I edizione del vocabolario dell’Accademia della Crusca del 1612 e significa “essere in stato di godimento, gongolare per la felicità, uscire di sè dalla contentezza“.
L’espressione deriva dal modo di dire toscano “andar in brodo di succiole“, intese per castagne lessate in acqua con la scorza che, per somiglianza fonetica con la parola giuggiola, ha mutato l’espressione in “andare in brodo di giuggiole”.
Aneddoti sulle giuggiole
Tanti gli aneddoti sulle giuggiole. Le foglie di giuggiolo possono essere usate in un mix di potpourri per allontanare gli insetti fastidiosi.
Si dice che gli abitanti dell’Himalaya ritengono che l’odore del fiore di giuggiola possa far innamorare le donne.
Pertanto, in quell’area, esiste la tradizione di raccogliere i fiori per preparare l’elisir d’amore.
Nei matrimoni tradizionali cinesi, invece, le giuggiole vengono messe nella camera da letto degli sposi come segno propiziatorio di fertilità.
Leggende sulle giuggiole
Davvero interessanti le leggende in merito.
Omero, nell’Odissea, narra che Ulisse e i suoi uomini, a causa di una tempesta, si ritrovarono sull’isola dei Lotofagi e che i suoi uomini si lasciarono tentare dal frutto del loto che, magicamente, riuscì a far dimenticar loro famiglia e lontananza da casa.
Si ritiene che il loro di cui parla Omero sia un giuggiolo selvatico (Zyphus lotus).
Una specie affine (Zyphus spinachristi) è ritenuto dalla leggenda una delle piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù.
Altre leggende narrano che, per gli antichi Romani, il giuggiolo fosse simbolo del silenzio, tanto da essere utilizzato per adornare i templi della dea Prudenza.
In molte regioni italiane, invece, nelle case coloniche, la pianta del giuggiolo era coltivata adiacente all’abitazione, esposta al sole, perchè ritenuta una pianta portafortuna.