Sei ragazzi italiani, quasi tutti under-30, con un obiettivo comune: trasformare quello che sembra uno scarto, in risorsa. La gestione e lo smaltimento dei fanghi di depurazione sono, in tutto il mondo, una sfida. Dal punto di vista ambientale, in primis, ma anche in termini di costi per comuni e amministrazioni.
Il team di BioForceTech ha trovato la soluzione: attraverso due innovativi processi tecnologici, BioDryer e P-Five, sono riusciti nell’impresa di abbattere il volume di buona parte dei fanghi di depurazione.
E con quello che resta, hanno creato un fertilizzante bio, ricco di fosforo, già impiegato dagli agricoltori, dai comuni per le proprie aree verdi, e studiato nelle università.
I sei giovani imprenditori oggi vivono e operano in Silicon Valley, in California: qui hanno chiuso il loro primo contratto con il depuratore Silicon Valley Clean Water. La California, si sa, è la patria dell’innovazione. Ma è anche lo Stato americano dove l’ecosostenibilità si traduce ogni giorno in azioni e politiche pubbliche concrete. Il sogno dei fondatori di BioForceTech è però di tornare in Italia, per portare anche qui la loro tecnologia.
Per farci spiegare nel dettaglio in che cosa consiste la loro innovazione, e come può aiutare il Pianeta, abbiamo contattato uno dei membri del team, Matteo Longo. Ecco che cosa ci ha raccontato.
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Ci racconti che cos’è BioDryer e cosa fa.
Il BioDryer è un essiccatore Biotecnologico in grado di trattare i fanghi di depurazione utilizzando il calore prodotto dai loro stessi batteri. Il trattamento consiste nella essiccazione dei fanghi e nella successiva generazione di energia, attraverso il processo che chiamiamo P-Five. I batteri presenti nei fanghi, mantenuti in vita, producono calore, raggiungendo temperature fino ai 65 °C. Sfruttando questo calore, possiamo essiccare gli stessi fanghi abbattendoli del 70% dal volume iniziale. Ci tengo a precisare che il processo BioDryer non utilizza fonti energetiche esterne quali gas, fuochi o energia elettrica per essiccare il fango ma solo ed esclusivamente l’energia biologica prodotta da batteri.
Qual è il campo di applicazione del fertilizzante eco-friendly che si ottiene dalla lavorazione con il BioDryer?
Innanzitutto, diciamo che il prodotto finale è ricco di nutrienti. Soprattutto di fosforo: un elemento chiave per la crescita delle piante. Attualmente viene impiegato dalla stessa città dove viene utilizzato il BioDryer, per la cura delle aree verdi (aiuole, giardini, parchi, campi da calcio, ecc.). Ma anche da molti agricoltori, per la crescita delle coltivazioni, e infine utilizzato e studiato dalle Università limitrofe al nostro impianto.
Quanto può incidere sui costi di smaltimento dei fanghi di depurazione e dei rifiuti di un comune?
Con i due processi, riusciamo a ridurre il 90% del volume dei rifiuti trattati, abbattendo di conseguenza anche il 90% dei costi attuali di smaltimento. Faccio un esempio concreto. Prima di posizionarci nell’impianto in Silicon Valley, il depuratore era costretto a smaltire 7.000 tonnellate/anno di fanghi con un costo medio a tonnellata di 120 dollari (7.000 x 120 = 840.000 $/anno). Dopo l’installazione del processo BioForceTech, l’impianto produce 700 tonnellate di prodotto, ricco di nutrienti e utilizzabile in agricoltura. Risultato finale: costi di smaltimento dei fanghi di depurazione vicini allo ZERO e produzione di una risorsa ricca di fosforo, utile per l’ambiente.
Quali sono gli altri vostri prodotti e cosa fanno?
Come anticipavo prima abbiamo attualmente due processi. Oltre al BioDrayer, abbiamo messo a punto il P-Five, che utilizza il Syngas presente nel fango essiccato – ottenuto dal primo processo Biodryer – per produrre calore e arrivare a temperature tra i 400 e i 700 °C. Tali temperature ci permettono di abbattere ed eliminare tutti i batteri e le sostanze nocive presenti nel fango, nonché di produrre un prodotto finale ricco di nutrienti.
Perché spostarsi in California? Quali opportunità offriva lo Stato americano, che l’Italia non concedeva?
La California è la patria delle innovazioni. Qui si investe molto su nuovi progetti, soprattutto in ambito ambientale. Ma non vogliamo assolutamente screditare il nostro paese, l’Italia, dove ci piacerebbe tornare per dimostrare che con passione, perseveranza e soprattutto restando uniti si possono ottenere grandi cose. Non è un caso che molte innovazioni nascano da menti Italiane. Credo che lo stato Americano abbia molti più fondi dedicati all’innovazione ed è per questo che offre più opportunità rispetto ad altre nazioni.
Da chi è composto il vostro team?
Siamo 6 ragazzi molto uniti grazie allo spirito visionario del nostro CEO Dario Presezzi. Ognuno ha le sue competenze e caratteristiche ma non ci dividiamo mai prima di prendere qualsiasi decisione: uno per tutti, tutti per uno! Il Team è composto da Dario Presezzi (29 anni), Stefano Pessina (32), Marco Mosciarello (29), Valentino Villa (28), Mattia Bonfanti (26) e da me, Matteo Longo (29).
Immagino che l’idea di lanciare BioForceTech sia nata anche da una forte propensione nei confronti della tutela e della salvaguardia dell’ambiente: quanto ha inciso questo valore nella vostra avventura imprenditoriale?
“Nature is Awesome”, la natura è eccezionale: è questo il motto del nostro team. Crediamo che la tutela e la salvaguardia dell’ambiente siano l’elemento principale per la crescita di tutti in un mondo migliore. Come BioForceTech, lavoriamo ogni giorno per contribuire a questo miglioramento e, condividendo l’amore e la passione per l’ambiente, siamo sicuri che daremo un forte contributo all’ecosistema in cui viviamo ogni giorno.
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