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Ecco come la grande distribuzione impone contratti capestro ai piccoli panificatori. E come questo si traduce in un immenso spreco alimentare.
Migliaia di quintali di pane buttati. Panificatori vessati da contratti capestro. Denunce cadute nel vuoto per 15 anni. È questo il quadro che ha portato ieri la Guardia di Finanza e l’Antitrust italiani a effettuare una serie di controlli su alcuni marchi della grande distribuzione.
Secondo le autorità, la GDO avrebbe costretto i piccoli panifici a ritirare la merce da loro invenduta (e quindi non pagata), facendo ricadere su di loro anche i costi di smaltimento. Con uno spreco alimentare ed economico senza precedenti.
Ecco tutti i dettagli e le catene coinvolte.
13mila quintali di pane buttati nella grande distribuzione
Secondo le stime, sono 13mila i quintali di pane fresco buttati, ogni giorno, nella grande distribuzione. Secondo gli ispettori dell’Antitrust, dietro potrebbe esserci un cartello tra i più grandi supermercati che operano in Italia.
Ecco perché, insieme alla Guardia di Finanza, hanno ieri effettuato una serie di controlli in sei catene: Auchan, Carrefour, Conad, Coop Italia, Esselunga, Eurospin.
Secondo gli investigatori, questi grandi marchi si sarebbero messi d’accordo per costringere i piccoli panificatori a dei veri e propri contratti capestro.
Tutto è partito da una segnalazione di Assipan-Confocommercio Imprese per l’Italia. La principale associazione nazionale di panificatori ha inviato all’Agcm (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) una segnalazione in merito. L’ente ha quindi aperto sei istruttorie nei confronti dei citati operatori della grande distribuzione.
Ieri sono scattati i controlli. L’obiettivo? Accertare “eventuali violazioni dell’art. 62 del decreto legge n. 1/2012 che regola le relazioni commerciali nella filiera agro-alimentare”.
Sempre nella serata di ieri, Esselunga ha diffuso un comunicato per spiegare la propria posizione:
«Il pane da noi venduto è per il 95% sfornato direttamente nei reparti dei nostri negozi, cioè non è fornito da panificatori terzi. Siamo certi che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella quale abbiamo piena fiducia e con la quale collaboreremo su ogni aspetto utile a chiarire la questione, saprà valutare la piena correttezza del nostro operato».
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Contratti capestro denunciati già 15 anni fa
Ma in cosa consistono questi contratti capestro denunciati da Assipan?
A quanto pare, i sei marchi della grande distribuzione avrebbero imposto ai fornitori – spesso piccoli panifici – l’obbligo di ritirare e smaltire l’invenduto, a proprie spese.
Come spiega l’Agcm:
«La differenza di valore tra il pane consegnato a inizio giornata e quello reso a fine giornata viene poi riaccreditata al compratore della GDO sugli acquisti successivi».
Insomma, al danno si aggiunge la beffa: la GDO si fa rifornire per un quantitativo di pane che spesso finisce invenduto. E non solo non lo paga, ma impone ai panificatori lo smaltimento. Almeno questa è l’ipotesi sul tavolo, per ora. Confermata da Claudio Conti, presidente Assipan:
«Lo denunciamo da almeno 15 anni. Noi facciamo forniture di prodotto del quale molto spesso il 50% ci viene restituito non pagato e ci si obbliga allo smaltimento che è una cosa tragica, non solo in termini di spreco. Perché agli occhi dell’opinione pubblica diventiamo quelli che mettono in pratica lo spreco e non è vero».
Il pane invenduto non potrebbe essere riutilizzato? No. Come spiega ancora Conti, la normativa vigente “impedisce qualsiasi riutilizzo del pane invenduto a fini commerciali e persino la sua donazione a fini umanitari con un elevatissimo spreco di prodotto”.
Insomma, secondo l’Antitrust, in questa situazione si verifica un “significativo squilibrio contrattuale”, tra la grande distribuzione e i piccoli panificatori. Nell’accordo, infatti, il contraente più debole viene fatto carico di tutto il rischio commerciale. Mentre la GDO può continuare a ordinare pane in sovrappiù senza pagarne le conseguenze in termini economici.
Ma Assipan denuncia non solo il carattere “vessatorio” di questo tipo di accordi. Sottolinea anche le ripercussioni sociali e ambientali, con elevate quantità di pane gettate alle ortiche, che potrebbero sfamare tantissime persone.
Pratiche sleali nell’agroalimentare: la direttiva
Proprio ieri, le commissioni Agricoltura e Attività produttive della Camera sono intervenute sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. In particolare, le commissioni hanno votato all’unanimità una proposta di Direttiva europea sull’argomento.
L’obiettivo è di ridurre le pratiche commerciali sleali che coinvolgono le piccole e medie imprese nel settore. Alcuni esempi? La cancellazione degli ordini all’ultimo minuto. Oppure l’obbligo imposto al fornitore di pagare per gli sprechi: proprio l’oggetto contestato dai panificatori alle catene della grande distribuzione.
Sarebbero 10 miliardi di euro l’anno i danni economici causati da questo tipo di comportamenti. Come ha spiegato Chiara Gagnarli, deputata del M5S, relatrice del parere delle commissioni:
«Apprezziamo i contenuti della proposta di Direttiva europea che vuole garantire un livello minimo di tutela comune in tutta l’Ue e limitare comportamenti scorretti da parte dei grandi operatori che spesso approfittano della loro posizione più vantaggiosa».