Il Parlamento Europeo approva definitivamente il CETA. Manca solo il voto dell’assemblea canadese, ma i singoli Stati possono mettersi “di traverso”. Consumatori e agricoltori italiani messi a rischio dalla liberalizzazione selvaggia.
Con 408 voti favorevoli, e 254 contrari, il 15 febbraio il Parlamento Europeo ha approvato il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada. Malgrado le proteste che associazioni, ong e semplici cittadini hanno portato avanti negli ultimi mesi, l’accordo è ormai a un passo dall’approvazione.
Tutto è perduto? No: manca ancora il voto dell’assemblea canadese. E gli Stati membri possono (in teoria) dire l’ultima parola…
CETA: operativo al 95%
Il Parlamento europeo si è espresso a favore del CETA. E nelle prossime settimane arriverà, molto probabilmente, anche l’ok dei colleghi canadesi. L’articolo 30.7 del trattato consentirà quindi all’UE di applicare buona parte del trattato anche se manca ancora la ratifica ufficiale dei 38 parlamenti nazionali e regionali dell’Unione.
Secondo gli analisti, il 95% sarà già operativo da qui a due mesi. Si tratta di una deroga all’articolo citato: in pratica, si passerà oltre la volontà dei membri eletti delle assemblee locali. L’approvazione definitiva attraverso tutti i passaggi previsti sarebbe stata troppo lunga. Evidentemente a qualcuno interessa un via libera più facile, senza intoppi (per scongiurare altri stop parziali, come quello imposto dal parlamento della Vallonia, in Belgio).
Cosa cambia con il CETA
Il CETA è un trattato lungo e laborioso. Più di duemila pagine di testo (2,256 per essere precisi). Cosa c’è dentro? La drastica riduzione dei diritti doganali, soprattutto. Un “libero” commercio che, secondo i proponenti, dovrebbe favorire le aziende e le economie delle nazioni interessate. Per esempio: le esportazioni delle carni canadesi verso l’Europa saranno moltiplicate per 10, almeno su carta. Le aziende europee, invece, dovrebbero aumentare l’esportazione di formaggi. Oggi la quota dei mercati pubblici canadesi aperti alle imprese europee è pari al 10%. Con il nuovo trattato la quota dovrebbe arrivare al 30.
Ma desta grande preoccupazione una certa “convergenza normativa” tra Ue e Canada che sarà posta in essere con l’approvazione definitiva. Se per esempio in Europa sono previsti controlli più stringenti su determinati prodotti alimentari, potrebbe doversi adeguare all’impostazione più “lassista” del Canada. Su questioni come questa, in cui si contrappongono gli interessi nazionali e quelli del commercio, tutto verrà deciso da una corte arbitrale, la cosiddetta Ics (Investment Court System).
I rischi
Per avere un’idea dei rischi nascosti nel trattato, cominciamo con un esempio. Il Canada, in particolare l’Alberta, è il principale estrattore delle tar sands, le sabbie bituminose LINK LIFEGATE. Di cosa si tratta? Il bitume è una specie di petrolio, che si trova in natura mischiato con argilla, acqua e sabbia. Essendo una possibile fonte di energia, viene estratto dalle aziende del settore, con grande dispendio di risorse. E con ingenti danni all’ambiente.
Si calcola che ogni anno, al fiume canadese Athabasca vengano sottratti 370 milioni di metri cubi d’acqua con queste operazioni. Perché l’estrazione del bitume richiede grosse quantità di vapore per essere effettuata.
L’estrazione, inoltre, sprigiona in atmosfera gas serra e metalli pesanti (cobalto, cromo, mercurio, nichel, piombo…). Si calcola, infine, che tale tecnica sprigioni il 20% in più di CO2 rispetto all’estrazione convenzionale di petrolio. Che già di per sé non è esattamente pulita.
Ecco, secondo gli oppositori al CETA, l’Italia, o la Francia, o qualunque altro Paese europeo non potrebbe ostacolare l’immissione sul mercato di questo prodotto. Anche se devasta l’ambiente globale.
E questo potrebbe succedere anche quando a rischio ci sono la sicurezza alimentare, i diritti dei lavoratori o altre tutele ambientali. Secondo alcuni, sarebbe limitata persino la capacità dei governi nazionali di limitare lo strapotere e le derive finanziarie di banche e mercati azionari.
Organismi come l’Ics, infine, non potrebbero essere sottoposti a controllo pubblico e democratico. Cosa succederà quando l’azione di lobby e poteri forti influenzerà le decisioni di questo organismo?
Il nodo OGM
Ufficialmente, i beni considerati “sensibili” sono ufficialmente esclusi dal CETA. Tra questi rientrano gli OGM. Ma cosa succederà se una multinazionale deciderà di fare ricorso alla Corte per far passare anche questo tipo di prodotti?
In sostanza, infatti, ogni legge nazionale che ostacola i liberi scambi commerciali potrà passare al vaglio dell’Ics. E se la Corte riterrà che la normativa sia indebita, e danneggi gli interessi delle aziende ricorrenti, potrà anche imporre dei risarcimenti pesanti allo Stato “inadempiente”.
Secondo alcune previsioni, non basteranno più dei semplici dubbi sulla pericolosità di determinati prodotti. Il principio di precauzione andrebbe in questo modo a farsi benedire. L’unico stop effettivo potrà arrivare solo se suffragato da prove certe di un concreto rischio per la salute.
Coldiretti: “Al rischio il Made in Italy”
Esiste già un rischio concreto per l’Italia. Nel nostro Paese arrivano 2,3 milioni di tonnellate di grano duro, ogni anno. E il trend è in crescita: +2,3% nei primi 10 mesi del 2016. E il primo esportatore verso l’Italia è proprio il Canada. Tra l’altro non c’è alcun obbligo di introdurre in etichetta la provenienza del grano. Cosa succederà alla nostra produzione agricola, alla pasta Made in Italy e ai nostri agricoltori con l’introduzione del CETA?
“In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano. Ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy” ha commentato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo.
FOTO: M0tty
Il Ceta è come il TTIP. L’America verrà attraverso il Canada. Questo governo non pensa, ha incassato dalle grandi corporazioni e se ne fregano di noi popolo Italiano.
L’Italia è stata rovinata da Bruxelles e finirà nel buco pieno di m……. e nella miseria molto più presto col Ceta.
Tutti noi sapiamo dei pericoli degli OGM, e sopratutto della corte arbitrale, la cosiddetta Ics (Investment Court System)., che non é una corte Italiana, ma una corte fatta dalle corporazioni. Ci spillerà soldi come fa l’EU perché l’Italia si lascerà fare come sempre, fino a sparire mentalmente e anche fisicamente, perché tutti gli Italiani con un po di cervello se ne andranno.