Siamo nell’era del green, di un’attenzione spasmodica alla natura, quasi un’ossessione. La verità però è forse un’altra: siamo impauriti dai danni che il nostro modo di vivere è arrivato a causare al pianeta, mettendone in gioco le risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza. Dall’inquinamento atmosferico, ai diserbanti in agricoltura, al disboscamento, lo scarico di rifiuti nelle acque, ecc. ciò che abbiamo perpetrato alla terra ci crea un enorme senso di colpa e vogliamo riparare a tutti i costi.
Grande è la mancanza di risorse nei paesi poveri, schiavi dei loro cugini molto più ricchi. Una scarsità quasi programmata, sembrerebbe… Questa povertà che viviamo si manifesta anche nel cibo, ormai oggetto di culto più che di nutrimento. Bene di base, che però perde sempre più di qualità e vitalità, e per cui si temono grandi cali di disponibilità in futuro.
Le soluzioni per affrontare il problema sono state tantissime, una per tutte la millantata introduzione degli insetti nella nostra alimentazione. Alcuni stati membri dell’UE hanno interpretato a proprio modo il Reg. (CE) 258/97 che prevedeva l’introduzione di cavallette e larve come nutrimento e hanno escluso dalla definizione di “Novel Food” gli insetti ammettendone, dopo alcune valutazioni del rischio, la distribuzione nel loro territorio. Esempi in questa direzione sono l’Olanda e il Belgio, dove prodotti a base di insetto sono in vendita nei supermercati già da diverso tempo.
Altre soluzioni sono state l’introduzione di prodotti vegetali a sostituzione di quelli animali, come per esempio soia, seitan, tofu ecc., oppure di prodotti provenienti da catene di Commercio Equo e Solidale, soluzione questa più morale che effettivamente utile.
L’ultima novità in merito alla produzione di cibo arriva dai laboratori dell’Università di Bath. Si tratta di carne prodotta in laboratorio a partire dal tessuto cellulare della comune erba da giardino.
Gli scienziati dell’università di Bath hanno notati inizialmente la similitudine tra la struttura cellulare dei singoli fili d’erba e quella delle fibre muscolari. Diretti dal Dr. Paul De Bank, hanno proceduto a raccogliere erba comune dal cortile del campus universitario, i generi specifici di erba raccolti sono stati segale, festuca e gramigna.
Quando le matrici risultanti sono state seminate con cellule mioblastiche derivanti dai ratti, approssimativamente il 35% di queste cellule hanno aderito alla struttura, procedendo alla riproduzione e infine formando un pezzo tridimensionale di tessuto simil-muscolare totalmente “bio”. Va da sè che i piani per l’implementazione della tecnologia sono quelli di incorporare nel tessuto cellule staminali derivanti da animali come mucche e simili, e non da ratti.
La carne lavorata in laboratorio parte in vantaggio, dimostrandosi già in partenza una soluzione più etica e sostenibile rispetto alla sua tradizionale controparte. Al momento la sua consistenza però non è ancora succulenta e gustosa come vorrebbero gli scienziati, ma potrebbero esserci nuovi risvolti in futuro, questi appunto dipenderanno dai nuovi tessuti cellulari strutturati a partire dall’erba comune.
I materiali per impalcature adatti per lo scale-up e la successiva commercializzazione di prodotti di ingegneria tissutale dovrebbero idealmente essere convenienti e accessibili. Per la coltura in vitro di alcune cellule aderenti, vengono spesso impiegate tecniche di fabbricazione sintetica per produrre substrati micro o nano-modellati per influenzare l’attaccamento cellulare, la morfologia e l’allineamento tramite il meccanismo della guida di contatto. Questa tecnologia consente l’aumento del tasso al quale le cellule aderiscono alla matrice del tessuto e si riproducono, velocizzando così il processo di produzione.
“Quando mangiamo una bistecca, stiamo in parte mangiando l’erba che le mucche hanno brucato durante la loro vita”, così si è espresso il Dr. De Bank, aggiungendo che “Ciò che è emerge chiaramente dal nostro studio è che possiamo rimpiazzare direttamente gli animali con l’erba che brucano […] sono speranzoso che prima o poi potremo disporre sul mercato di un prodotto apparentemente di origine animale ma in realtà prodotto a partire dall’erba”.
Link correlati:
Photo: Unsplash