In questi giorni si sta discutendo molto della possibilità da parte del governo di modificare i limiti attualmente in essere per la protezione della salute umana dall’esposizione a campi elettromagnetici non ionizzanti (CEM).
Indice dei contenuti
- 0.1 Oltre 70 persone, tra medici, fisici, ingegneri, comitati e associazioni, hanno firmato una lettera aperta con cui chiedere al Governo e al Parlamento di conservare e, anzi, migliorare i livelli di tutela della salute dagli effetti nocivi delle radiazioni emesse da cellulari, tablet, computer e altri dispositivi collegati tramite Wi-Fi, ripetitori di telefonia mobile ecc.
- 0.2 Sono diverse le ricerche che evidenziano i danni per la salute umana causati da un’eccessiva esposizione ai campi elettromagnetici, eppure c’è ancora chi considera questi dispositivi innocui e addirittura ne incentiva l’utilizzo.
- 0.3 Incentivare la crescita della banda larga non può andare oltre la tutela della salute dei cittadini.
- 1 Secondo studiosi e medici che hanno firmato l’appello, “una diffusione pressoché ubiquitaria di questi strumenti per le telecomunicazioni nelle abitazioni, nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle scuole, negli ospedali non solo è irrazionale, ma comporta seri danni alla salute”.
Oltre 70 persone, tra medici, fisici, ingegneri, comitati e associazioni, hanno firmato una lettera aperta con cui chiedere al Governo e al Parlamento di conservare e, anzi, migliorare i livelli di tutela della salute dagli effetti nocivi delle radiazioni emesse da cellulari, tablet, computer e altri dispositivi collegati tramite Wi-Fi, ripetitori di telefonia mobile ecc.
L’iniziativa, in particolare, nasce in risposta a due piani del Governo che prevedono un innalzamento dei limiti di legge per i campi elettromagnetici e una diffusione massiccia di tecnologie a radiofrequenza come il Wi-Fi.
I piani sono la Strategia Italiana per la Banda Ultralarga e la Strategia per la Crescita digitale 2014-2020.
Secondo il Dott. Fiorenzo Marinelli, ricercatore del CNR di Bologna, uno dei firmatari dell’appello, “questi piani di sviluppo rischiano di far aumentare in modo esponenziale tutta una serie di patologie tumorali e neurodegenerative correlate all’esposizione continuata alla radiofrequenza, con un rischio più significativo per i più giovani dal momento che gli effetti nocivi dell’esposizione ai campi elettromagnetici si accumulano nel tempo.
Al momento la radiofrequenza è classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come possibile cancerogeno per l’Uomo, ma ricerche epidemiologiche più recenti richiedono una classificazione come cancerogeno certo”.
Sono diverse le ricerche che evidenziano i danni per la salute umana causati da un’eccessiva esposizione ai campi elettromagnetici, eppure c’è ancora chi considera questi dispositivi innocui e addirittura ne incentiva l’utilizzo.
C’è da dire, inoltre, che i risultati degli studi non sono sempre univoci e non sempre possono essere considerati realmente affidabili.
Come evidenzia Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica, sul suo blog ospitato su Il Fatto Quotidiano, non sempre la pubblicazione in riviste di prestigio è garanzia assoluta di affidabilità, molto dipende anche da chi finanzia questi studi.
Alcuni lavori dell’Interphone, ad esempio, che sostenevano addirittura un effetto “protettivo” dell’uso dei cellulari contro i tumori, erano in realtà finanziati da compagnie telefoniche e consideravano nel corpus di indagine persone ch27e avevano usato cellulari e cordless solo per pochi anni e per pochissimo tempo.
Incentivare la crescita della banda larga non può andare oltre la tutela della salute dei cittadini.
I firmatari della lettera chiedono al governo di “riportare la misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 6 minuti anziché di 24 ore; l’approvazione di un decreto attuativo della Legge 36 del 2001 per quanto riguarda i dispositivi mobili con l’adozione degli stessi limiti di esposizione delle antenne dei sistemi fissi; la promozione di investimenti pubblici e della detassazione per la connettività in fibra ottica e via cavo che è la tecnologia più efficiente e completamente sicura per la salute; il divieto di installazione di reti ‘Wi-Fi’ negli asili e nelle scuole frequentate da bambini e ragazzi al di sotto dei 16 anni. Infine, l’obbligo per gli enti predisposti alla tutela della salute pubblica ad assumere le proprie valutazioni del rischio sulla radiofrequenza, selezionando gli studi scientifici indipendenti ed escludendo quelli finanziati dall’industria delle telecomunicazioni”.
Secondo studiosi e medici che hanno firmato l’appello, “una diffusione pressoché ubiquitaria di questi strumenti per le telecomunicazioni nelle abitazioni, nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle scuole, negli ospedali non solo è irrazionale, ma comporta seri danni alla salute”.
Danni che possono compromettere la capacità riproduttiva, quella neuro-cognitiva e la conservazione del genoma (la lettera è disponibile a questo link).
Insieme all’appello è stata lanciata anche una petizione “per la difesa della salute dalle radiazioni”. La raccolta firme è aperta fino al 30 marzo, per partecipare occorre stampare la petizione e compilarla come indicato, raccogliendo quante più firme è possibile. I fogli vanno poi spediti alla casella postale indicata in fondo alla pagina: AMICA – Casella Postale 3131 – 00121 Roma.
(Foto in evidenza: outsourcelocally; foto interna: betanews)