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Quanto dura la decomposizione di ciò che gettiamo nell’ambiente? Fino a due milioni di anni (e a volte anche di più)!
Con l’evoluzione della coscienza ambientalista delle persone, per fortuna, si parla sempre di più di riciclo, riuso e recupero dei materiali che utilizziamo. Molti, però, non avvertono ancora l’esigenza di porre fine allo sfruttamento intensivo di risorse e di limitare la quantità di rifiuti che lasciamo nell’ambiente. Forse perché non si rendono conto dei tempi di decomposizione che richiedono.
Ecco un veloce prontuario, per renderci conto del nostro impatto sulla natura.
La decomposizione più veloce? Frutta e verdura
Com’è facilmente immaginabile, gli scarti dell’agricoltura, richiedono tempi brevissimi. Gli scarti di frutta e carota, per esempio, possono decomporsi in due settimane. E per il resto dei vegetali, in genere, non occorre mai più di un mese. A parte alcune eccezioni.
Le bucce di banana e arancia, per esempio, possono arrivare anche a 5/6 settimane. I resti del cibo, però, non andrebbero mai gettati via con leggerezza. Per due ragioni. Innanzitutto perché possono essere sempre riutilizzati. Come compost, per esempio. O addirittura per far crescere il nostro orto domestico.
La seconda ragione è che spesso attirano i topi!
Decomposizione di carta e cartone
Tra i materiali prodotti dall’uomo, “leader” nella ecosostenibilità è certamente la carta. Il suo processo di degradazione può arrivare a 2/3 settimane. Anche qui, però, dipende. Il semplice tovagliolo impiega due settimane. Il giornale invece arriva a 6.
I cartoni degli alimenti – succhi di frutta e latte, per esempio – possono arrivare anche a 3 mesi. Più correttamente, nel caso del latte, dovremmo parlare di Tetrapak. Molto dipende dal tipo di lavorazione effettuata e dallo spessore della confezione.
Cotone e altri tessuti
Il tempo medio di decomposizione del cotone è di circa due mesi. Anche qui, però, tutto è relativo. Una t-shirt, quando fa caldo, degrada in una settimana. Un guanto con questo materiale, in poche settimane. Una corda, vista la consistenza molto diversa, resterà in natura per 14 mesi.
Il cotone, se non particolarmente trattato, può anche essere compostato!
La lana invece dura di più. Maglioni, guanti e giacche possono metterci anche 2 anni a decomporsi. Anche qui dipende: un calzino con questo materiale può restare “in vita” fino a 5 anni.
I tessuti sintetici e trattati, ovviamente, hanno un periodo di decomposizione più lungo. Il tessuto di Nylon dura anche 30-40 anni. La pelle 50. Uno stivale in gomma fino a 80 anni.
Compensato, latta e alluminio
Il legno compensato ha un periodo variabile di decomposizione tra 1 e 3 anni. Il legno verniciato dura molto di più: anche 13 anni. Le scatole di latta, 50 anni. L’alluminio invece può arrivare addirittura a 200.
Plastica
A parte il vetro, la plastica è il materiale con un periodo di biodegradazione più lungo. E lo sappiamo bene, visto che parliamo sempre dei danni che causa all’ambiente. Una comune bottiglia d’acqua in questo materiale, può durare 450 anni nell’ambiente. Una tazza in plastica espansa, invece, ha una durata di 50 anni. Una busta per la spesa in plastica (che per fortuna sono vietate), arriva fino a 20.
Vetro: la decomposizione record
Una bottiglia di vetro può, a seconda delle stime, decomporsi in uno o due milioni di anni. E può provocare danni anche gravi agli animali che ne ingeriscono i pezzi.
Ecco cosa dura (ancora) di più
Anche se non è propriamente un “materiale”, la batteria è l’oggetto di uso quotidiano che provoca più danni all’ambiente. Impiega addirittura più tempo del vetro per smaltirsi completamente. Le sostanze chimiche al suo interno, infatti, sono altamente tossiche e resistenti: piombo, cloruro di zinco, mercurio e cadmio.
È importante però ricordare sempre che materiali sintetici come nylon, pile e gomma non sono mai biodegradabili. Anche se decomposti e ridotti a piccoli pezzi, questi non vengono riassorbiti dall’ambiente ma diventano microscopiche parti, le micro plastiche, molto pericolose per l’ambiente. Stessa cosa accade per gli oggetti in plastica e derivati. Non sono invece tossici i pezzi di vetro, che vengono espulsi normalmente da pesci o altri organismi che li ingeriscono.