di Valentina Paolillo
Da ormai 5 anni stanno inquinando le acque in profondità al largo dell’Isola d’Elba: stiamo parlando delle almeno 45 ecoballe di rifiuti plastici pressati che ancora giacciono nei fondali toscani a cinque anni dall’incidente del luglio 2015, quando nelle vicinanze dell’isolotto di Cerboli la motonave Ivy perse il suo carico di combustile solido secondario (CSS) .
Il CSS è un combustibile ottenuto dai rifiuti urbani che deve essere successivamente degradato e riciclato secondo le normative vigenti, il CSS contenuto nelle ecoballe si sta diffondendo nelle acque dell’arcipelago toscano rilasciando plastiche e microplastiche in mare, con il rischio che lo sfaldamento delle coperture aumenti.
“I pescatori issano con le reti più plastica che pesci e alcuni di loro sono stati costretti a tagliare la rete e abbandonarla in mare. Il danno ambientale rischia di essere molto grave, oltre a quello economico e turistico”, sottolinea Dante Caserta , Vice Presidente WWF Italia.
Nel frattempo, essendo la situazione veramente grave, il governatore della Toscana Rossi, richiede di “dichiarare l’emergenza nazionale”.
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Come si sta occupando il Governo in merito alle operazioni di recupero?
Il ruolo di Commissario per il recupero fu affidato dal Governo al Controammiraglio Aurelio Caligiorte, capo del reparto ambientale marino del corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera.
Proprio quando le operazioni di recupero stavano procedendo nel migliore dei modi, l’AGCOM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) dichiarò incompatibile il suo ruolo, causa conflitto d’interessi.
Questo assurdo stop ha rischiato di far perdere ulteriore tempo, rendendo lo sfaldamento delle ecoballe sempre più un rischio concreto.
Apprendiamo con piacere che le operazioni di recupero sono riprese nei giorni del 15-16 febbraio, a cura del personale del Nucleo Operatori subacquei di Genova, portando all’individuazione di 28 ecoballe.
Una vicenda, quella della Ivy, dai contorni indefiniti, visto che non è ancora stata fatta chiarezza. Sarebbe fondamentale, dopo il necessario recupero, arrivare a capire le cause dell’incidente e il perché dell’enorme ritardo nelle operazioni di informazione e recupero, anche per applicare il principio del “chi inquina paga”.