Ai dipendenti Amazon, evidentemente, non è bastata la promessa di azzerare le emissioni di carbonio del gruppo entro il 2040.
357 dipendenti del colosso dell’e-commerce, infatti, hanno deciso di violare le regole di comunicazione esterna, che non consentono di rilasciare commenti pubblici sulle attività aziendali senza un’autorizzazione, spingendo Amazon a fare di più sul piano ambientale.
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Cosa è accaduto domenica scorsa
In un post pubblicato su Medium, 357 impiegati Amazon che aderiscono all‘Aecj, acronimo di Amazon Employees for Climate Justice, tramite messaggi firmati con nome, cognome e qualifica professionale, hanno esortato il colosso a incrementare i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico, criticando:
- il lavoro di Amazon con le Agenzie federali
- la fornitura di tecnologie alle compagnie petrolifere
- i tentativi di reprimere il dissenso
Le critiche riguardano il piano ambientale presentato il 19 settembre scorso da Bezos, che ha annunciato il raggiungimento delle emissioni zero di Amazon nel 2040.
Secondo Aecj, la compagnia dovrebbe puntare alla neutralità carbonica nel 2030.
Agli inizi di gennaio, la stampa americana ha riferito che i legali di Amazon hanno messo in guardia almeno 2 dipendenti dal rischio di essere licenziati, qualora avessero di nuovo contestato pubblicamente le politiche ambientaliste dell’azienda.
A ritroso nel tempo, la scorsa primavera, stando a quanto riportato in un comunicato stampa di Aecj, oltre 8700 lavoratori hanno firmato una lettera aperta a Bezos, per chiedergli di agire in modo più coraggioso.
A settembre, invece, in migliaia hanno partecipato a scioperi globali per il clima, ricevendo il supporto dei senatori Bernie Sanders e Elizabeth Warren.
La posizione di Amazon
Ma come ha accolto Amazon questa protesta dei suoi dipendenti? Un portavoce ha detto: “Invitiamo tutti i dipendenti a impegnarsi, in maniera costruttiva, a lavorare assieme ai tanti team che all’interno di Amazon si occupano di sostenibilità così come di altri temi ma applichiamo la nostra politica di comunicazione esterna e non consentiamo ai dipendenti di denigrare pubblicamente o mettere in cattiva luce l’azione di assiduo lavoro dei colleghi che stanno sviluppando soluzioni a questi difficili problemi”.
Amazon ha rincarato la dose, dicendo: “Poniamo molta attenzione a queste tematiche e la pagina dedicata alle Nostre Posizioni lo chiarisce, delineando ciò che stiamo già facendo. Prendiamo come esempio il tema del cambiamento climatico: abbiamo fondato il Climate Pledge, impegnandoci a ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica entro il 2040, dieci anni in anticipo rispetto all’Accordo di Parigi. Prevediamo di utilizzare il 100% di energia rinnovabile entro il 2030 e abbiamo migliaia di persone che lavorano su iniziative legate alla sostenibilità all’interno della nostra azienda “.
Le promesse di Bezos il 19 settembre
Il 19 settembre, alla vigilia del Climate Action Summit, nell’ambito dell’Assemblea generale dell’Onu, Bezos, dal podio del National Press Club di Washington, ha indicato che Amazon ha sottoscritto ed è pronta a rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico con 10 anni di anticipo e che il colosso:
- riporterà regolarmente le sue emissioni
- arriverà a un impatto zero combinando abbattimento diretto e piani di business per compensare le rimanenti emissioni
- punterà all’azzeramento delle emissioni, compiendo uno step intermedio di una riduzione di ben l’80% di esse entro il 2024.
Molti colossi tecnologici come Google, Microsoft, Apple sono già molto avanti nella battaglia contro le emissioni inquinanti.
E’ doveroso che le società più ricche e ammirate diano il buon esempio nella lotta al cambiamento climatico, evitando la creazione di malcontenti del dipendenti in relazione alle politiche ecologiche del proprio datore di lavoro, come quello accaduto la scorsa domenica.
Una cosa va sottolineata: in 3 anni la situazione non è ancora cambiata e Amazon non ha mantenuto le sue promesse.