Avevano chiesto l’annullamento del parere di compatibilità ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente, per fermare le trivellazioni adriatico con la tecnica dell’air gun.
Ma i loro ricorsi sono stati respinti dal Consiglio di Stato. Si chiude così l’annosa questione tra le regioni Adriatiche e la società Spectrum Geo Lfd, che potrà in questo modo continuare indisturbata le proprie ricerche di idrocarburi sui fondali del mare Adriatico.
Uno smacco per le popolazioni locali e per le ricchezze paesaggistiche e naturali di questi luoghi.
Trivellazioni Adriatico: il tentativo delle regioni di fermare le ricerche
Le Regioni Abruzzo e Puglia avevano chiesto l’annullamento del decreto Via (Valutazione di impatto ambientale) relativo a due permessi di ricerca di gas e petrolio rilasciati alla società inglese dal Ministero. Un tentativo, non il primo, di difendere le coste adriatiche dalle attività di ricerca di idrocarburi. Già nel 2016, il Tar Lazio aveva respinto il ricorso di primo grado di comuni e regioni interessate. Questa volta, la Puglia si era rivolta al Consiglio di Stato, nella speranza di un cambiamento di rotta.
I ricorsi, in particolare, riguardano i lavori di ricerca di gas e petrolio rilasciati alla società inglese Spectrum Geo. Le azioni contestate vanno dalla procedura seguita dai ministeri competenti, al limite dell’area interessata, fino alla mancata Valutazione ambientale strategica e all’altrettanto mancato coinvolgimento degli enti locali in decisioni che li riguardano così da vicino.
Tutto è stato, però, inutile. Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Ministero.
E quindi le trivellazioni adriatico interesseranno un’area di 30mila chilometri quadrati. Zona che sarà scandagliata con la famigerata tecnica dell’air gun. Da Rimini a Termoli, da Rodi Garganico a Santa Cesarea Terme, i paesi interessati lungo la costa.
Le attività di ricerca
Le istanze per l’attività di ricerca erano state presentate il 26 gennaio 2011. Le aree interessate sono due: la d1 BP SP (per 13.700 chilometri quadrati, da Rimini a Termoli) e la d1 FP SP (per 16.210 chilometri quadrati, da Rodi Garganicoa Santa Cesarea Terme).
Sono cinque le regioni coinvolte nelle attività di prospezione: Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. Come accennato, nel luglio 2016, il Tar del Lazio aveva già bocciato i ricorsi presentati dalla Provincia di Teramo, da sette Comuni della costa teramana e da altri due Comuni marchigiani contro il decreto di Via. Dopo quella sentenza di primo grado, sia l’Abruzzo che la Puglia avevano deciso di presentare appello.
La Puglia, ad esempio, aveva addotto tra le motivazioni utili a bloccare l’attività di ricerca, anche un progetto di monitoraggio e conservazione dei cetacei in Italia e il principio di precauzione sull’effettivo rischio della tecnica dell’air gun.
Ma, secondo i giudici, “i motivi sono infondati e in parte inammissibili”, mentre l’istruttoria svolta dai Ministeri è giudicata “nel complesso completa, articolata e rispettosa dell’iter normativo nella sua interezza”.
Le reazioni del coordinamento No Triv
Non si sono fatte attendere le reazioni dei comitati contrari alle trivellazioni adriatico. Enzo Di Salvatore, padre del Referendum No Triv e di numerosi ricorsi contro lo Sblocca Italia ha affermato in merito: «La battaglia contro le trivelle non si vince unicamente impegnandosi fino allo sfinimento nelle aule dei tribunali, armati di codici e studiando ogni utile strategia giudiziaria. Occorre un cambio di passo di cui la classe dirigente di questo Paese non si è mostrata finora minimamente capace».
Questo il commentodel Coordinamento No triv: «Rimaste ai margini della campagna elettorale, le trivelle irrompono di prepotenza sulla scena del conflitto tra chi è a favore e chi è contro l’attuale modello energetico. Complice la ‘politica’ che fino ad oggi ha lasciato fare il bello ed il cattivo tempo alle compagnie Oil&Gas».