Stampare un foglio, lo stesso foglio, per 20 volte consecutive: impossibile? Ecco l’idea di alcuni ricercatori americani…
Stampare su carta è un’attività sana per l’ambiente? Intuitivamente no. Dobbiamo considerare i costi ambientali della produzione della carta, del cartone (presente praticamente in tutto il nostro packaging), libri, giornali, riviste, opuscoli. Fino a che punto possiamo rendere sostenibile lo sfruttamento degli alberi, così necessari alla nostra esistenza?
Bisogna poi considerare tanti altri fattori: la plastica per stampanti e cartucce; lo stesso inchiostro che può contenere tracce di sostanze potenzialmente tossiche.
Per ridurre il nostro impatto ambientale, possiamo sicuramente scegliere di stampare solo lo stresso necessario. E questo può fare la differenza. Ma ci sono soluzioni tecnologiche in grado di migliorare il sistema nel suo complesso?
La de-stampante
Thomas Counsell e Juligean Allwood, dottori dell’università di Cambridge, hanno creato una sorta di de-stampante. Un dispositivo, cioè, in grado di cancellare qualunque traccia di toner dai fogli di carta stampata. Attraverso diversi procedimenti chimici e meccanici, i due sono riusciti quindi a riutilizzare direttamente la carta (senza passare prima dagli abituali processi di riciclo): il procedimento può essere applicato fino a 20 volte.
Tutto è partito da una considerazione. Secondo gli studiosi, il consumo di carta e cartone contribuisce a introdurre in atmosfera circa l’1-2% delle emissioni prodotte dall’uomo. Gas che stanno portando al famigerato climate change. Il settore è stato inserito tra il terzo e il quinto posto tra i più influenti sugli attuali cambiamenti climatici.
La ricerca in realtà è in corso da diversi anni. Almeno dal 2009, anno in cui è stato progettato il primo sistema. E da allora i principali problemi legati al loro sistema non sono stati completamente risolti. Facciamo qualche esempio.
I due ricercatori hanno applicato diversi metodi per eliminare l’inchiostro stampato su carta. L’uso di un mix di solventi, per esempio. O l’abrasione meccanica. O ancora, la cancellazione a laser.
I solventi chimici, è evidente, non sono sostenibili dal punto di vista ambientale. E quindi questa soluzione è stata rapidamente scartata. L’abrasione meccanica ha rovinato eccessivamente la carta, rendendola inutilizzabile per ulteriori scopi. Il laser è molto efficace, ma anche estremamente costoso.
Stampare o de-stampare?
Di recente, però, il lavoro di Counsell e Allwood è stato ripreso dal dottor David Leal Ayala, che ha portato il concetto di de-stampante a un nuovo livello. La sua tecnica infatti è chiamata ablazione a laser. Un processo che punta all’evaporazione dell’inchiostro o del toner, attraverso l’irradiazione a laser della carta. Il procedimento, hanno scoperto i ricercatori, non altera la fibra del materiale, rendendolo quindi sempre riutilizzabile.
Il successo della soluzione, e la sua relativa economicità, ha spinto i ricercatori di Cambrdige a provare la strada della produzione su vasta scala. Ecco perché è nata Reduse, azienda specializzata nell’unprinting, il “de-stampaggio”.
Se rese efficienti e veramente sostenibili, le soluzioni che abbiamo visto potrebbero aiutare l’ambiente in maniera massiva. Secondo alcune stime, le emissioni di anidride carbonica provenienti dal settore potrebbero essere ridotte fino al 79%.
Il 60% della carta nuova che utilizziamo per stampare, potrebbe essere rimpiazzato da quella prodotta attraverso il de-stampaggio. Inoltre, l’energia necessaria per riciclare la carta sarebbe ridotta a meno del 40% dei procedimenti tradizionali.