di Giuseppe Nacci
Indice dei contenuti
- 1 Mille e Seicento anni fa, il 25 Marzo dell’Anno del Signore del 421, sotto il Trono di Ravenna, Capitale dell’Impero Romano d’Occidente, veniva consacrata la piccola Chiesa di San Giacometo, presso l’attuale Ponte di Rialto, decretando la Nascita ufficiale di Venezia… Il 25 Marzo 2021 saranno trascorsi esattamente Mille Seicento anni da quell’antichissimo Giorno di Festa…
- 2 Biografia dell’autore
Mille e Seicento anni fa, il 25 Marzo dell’Anno del Signore del 421, sotto il Trono di Ravenna, Capitale dell’Impero Romano d’Occidente, veniva consacrata la piccola Chiesa di San Giacometo, presso l’attuale Ponte di Rialto, decretando la Nascita ufficiale di Venezia… Il 25 Marzo 2021 saranno trascorsi esattamente Mille Seicento anni da quell’antichissimo Giorno di Festa…
Può forse capitare,
in una Sera d’Inverno,
di fermarsi sui margini di una Laguna salata, dove i Canneti nascondono ancora le Rovine di Mura abbattute e di misteriose Scritte…
Lettere in Greco antico,
incise sui Muri di quelle Rovine,
forse ad indicare il Nome di una Cittadella, posta laggiù,
nel profondo dei Canneti,
quasi il Nome perduto di un Luogo antico, dove i Secoli e i Millenni sembrano ancora incontrarsi,
scavalcando il Muro inviolabile del Tempo…
E Ti assale allora la strana sensazione di un Ricordo antico,
come di una Reminiscenza, dimenticata e sepolta nell’Oblio
che tutto sembra cancellare… Ma che invece Ti riporta alla Memoria il Ricordo lontano e disperato di Coloro che tentarono di ricostruire la loro Civiltà perduta…
E, questo, in un Mondo che non era più il Loro,
ormai distrutto dalle Guerre, dalle Invasioni, dalle Pestilenze, dalla Fame e dalle Carestie…
Dice la Storia che da quei Canneti passarono a decine di migliaia: uomini, donne e bambini, terrorizzati dalla Furia devastatrice dei Barbari.
Dalle sponde di quella Laguna, lungo strani e segreti Passaggi,
fra Isolotti di sabbia e lunghi Canneti, ancora oggi esistenti, passarono intere Popolazioni,
a Ondate successive,
fin dall’Anno del Signore del 401 per sfuggire ai Goti di Alarico,
e ancora nell’Anno del Signore del 452 davanti agli Unni di Attila
che avevano appena distrutto Aquileia, la terza città più grande dell’ITALIA.
Dalla via Postumia vennero a decine di migliaia coloro che erano scampati agli Eccidi e ai Massacri perpetrati dai Barbari a Mediolanum, Ticinum, Placentia, Cremona, Brixia, Mantua, Verona, Vicetia, Opitergium…
Lungo l’Adige, su Zattere di fortuna, vennero da Bauzanum e Tridentum…Dalla via Annia vennero i Profughi di Patavium, Tarvisus, Sagittaria, Forum Iulii… Da traverso il mare vennero da Pola e dalle restanti parti dell’Istria e della Dalmazia…
In quella Laguna salata cercarono scampo anche gli abitanti di Ancona, Fortunae Fanum, Pesaurum, Ariminum, Caesena, Forum Livii, Bononia, Mutina, Regium Lepidum, Parma, Ravenna e di tanti altri luoghi che la Storia ha ormai sepolto e dimenticato nel Tempo, e di cui sono rimaste soltanto strane Storie di Orchi e di Draghi che mangiavano i Bimbi ancora vivi…
E in quei Canneti,
tra le acque basse e paludose, cercarono la salvezza altre decine di migliaia di uomini, donne e bambini nell’Anno del Signore del 568,
davanti ai Longobardi di Alboino che avevano già bruciato Tergeste, sterminando la sua intera Popolazione,
e per poi dilagare in tutta l’Italia,
che nella loro lingua chiamavano Eatule,
e dove avrebbero creato il loro Dominio nei due Secoli successivi, facendo di Ticinum, o di ciò che ne restava, la loro Capitale,
con il nuovo nome di Pavia.
Ma i Longobardi non furono gli ultimi Barbari, perché vennero ancora gli Avari e gli Ungari a devastare e a distruggere ciò che ancora non era stato vinto. E quei Fuggiaschi, che ad Ondate successive ancora si riversavano fra i Canneti di quella Laguna,
vi trovarono finalmente riparo dalla Furia devastatrice dei Barbari.
Si dice infatti che, dopo aver disceso il Padus (Po), il Mincio, l’Adige, il Brenta, il Bacchiglione, il Piave, il Tagliamento e l’Isonzo,
remando in piedi sulle loro lunghe Barche che chiamavano “Talamega” (Gondole), ed essere così arrivati ai confini di quelle Paludi e di quei Canneti, usassero allora cercare di nascosto, ai margini della grande Laguna salata, delle strane Indicazioni scritte in Greco, per trovare la cosiddetta “Casa Veneta”, dove la parola “Casa” in Greco classico-ellenistico si scriveva “Estia”.
Mentre la parola “Veneta”, in Greco-Romano del Tardo Impero si scriveva invece “Venete”, questo perché “Estia” era una Parola greca, e quindi sconosciuta ai Barbari che sapevano a malapena leggere il Latino, ed il suo significato più profondo era quello di “Luogo sacro e inviolabile”.
E tale “Casa dei Veneti” era situata in un luogo segreto della Laguna…
Vennero a decine di migliaia nelle loro lunghe barche nere, silenziosi e inermi:
le Donne,
coperte di nero,
portavano in Grembo,
sotto le Vesti,
la Carne putrida di Animali morti, quale loro ultimo mezzo di difesa se fossero cadute vive in mano ai Barbari, avendo già visto i loro Bimbi uccisi…
Quelli che vennero da Nord fecero sosta lungo le pericolose Coste dell’Adriatico. Poi, da Grado e dalla Laguna di Marano si diressero verso Caorle, e poi da lì alle Isole di Ammiana e Costanziaca, oggi non più esistenti, giungendo a Torcello,
Burano,
Mazzorbo,
Alba (Sant’Erasmo)
e Murano…
Coloro che vennero da Sud, lungo il grande fiume Padus, abbandonarono il Polesine e si diressero a Loreo e a Cavarzere.
Così raggiunsero Clodea (Chioggia), arrivando fino a Malamocco, alle Fogolane, a Sant’Ilario, e da qui alle isole di Popilia (Poveglia),e di Biniola (Vignale).
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E su quei miserabili brandelli di Isolotti, in una Laguna salata e battuta dal Vento gelido del Nord-Est che i Greci chiamano ancora oggi “Borea”, seguendo le Indicazioni scritte lungo i Canali d’acqua e i Sentieri che attraversavano le Isole di Canne della Laguna, giunsero stanchi e affamati ad Olivolo, alle Gelmine, a Luprio e a Spinalunga…
E sull’isola di Rivolto trovarono infine la “Casa Veneta”,
il “Luogo sacro e inviolabile dei Veneti”.
E là, sull’isola di Rivolto, decisero di fondare la loro “Nova Aquileia”.
Nell’Anno del Signore del 421,
Essi posero la prima Pietra della loro prima Chiesa: quella di San Giacometo.
Trent’anni dopo, i Sopravvissuti di Aquileia posero al centro di essa Sei Colonne di marmo bruciato: Simbolo estremo della Civiltà romana che stava morendo in tutta l’Europa e che pochi Decenni più tardi, nell’Anno del Signore del 476, un piccolo Capo tribù degli Eruli, di nome Odoacre, avrebbe sepolto per sempre, facendo inviare, per disprezzo, le Insegne imperiali di Ravenna a Bisanzio:
Capitale di un Impero Romano d’Oriente che non aveva più nulla di romano tranne il Nome, e che adesso adorava il proprio Imperatore come un Dio…
Ma Coloro che in seguito si sarebbero definiti gli “Ultimi dei Romani”, fecero di quelle Isole, ultimo lembo di Roma non ancora calpestato dai Barbari, l’estremo Baluardo di un Mondo che ancora si sarebbe amministrato, per altri Mille e Trecento anni,
con l’antica Legge del Diritto della Roma repubblicana di Cicerone,
e non di quella imperiale di Bisanzio.
E tutto questo ai margini di un Mondo che non era più il Loro,
ma che era diventato quello dell’Europa feudale dei Barbari invasori,
e che avrebbero oscurato per Mille anni la Storia dell’Occidente nei Secoli bui del Medio Evo che adesso nasceva…
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Nell’Anno del Signore del 1073, Papa Gregorio VII,
quello che a Canossa avrebbe obbligato il Capo supremo delle Tribù barbare del Nord ad inginocchiarsi nella neve,
così scriveva in merito ai misteriosi “Veneti delle Isole”, che avevano osato ergersi a Baluardo della loro antica Romanità contro l’intero Mondo feudale dell’Europa medioevale:
“…Essi sono l’unico Popolo e l’unico Stato in Europa rimasto fedele alla sua Origine e alla sua secolare Tradizione romana, perché gelosamente custodite e incontaminate dai Barbari invasori.
Fieri di essere gli ultimi Eredi di una Civiltà antica che ancora sopravvive in Loro, perché incontaminati dalle Tirannidi e dalle Corruzioni morali che imperversano in tutte le Corti d’Europa e d’Oriente.
Le loro Isole sono l’unico luogo al Mondo dove ancora sopravvive la Libertà politica e lo Spirito dell’antica Roma repubblicana.Questi Isolani ancora riescono a tenere vivo e ad onorare, con tenace Fedeltà,
il Culto della Libertà,
di quella Libertà sana e vigorosa che fa grande e possente una Nazione e uno Stato, mantenendo perennemente vitale l’antico Spirito della prima Roma della Repubblica…”
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Gli “Ultimi dei Romani” avevano così fondato la loro “Nova Aquileia” sull’isola di Rivolto, la “Civitas Rivoalti”, quella che sarebbe divenuta poi la “Civitas Venetorum” …
la Cittadella dei Veneti…
E su quelle miserabili Isole di sabbia, per Tredici Secoli di lì a venire, avrebbero scritto la Storia:
Oriente e Occidente avrebbero infatti scatenato innumerevoli guerre contro quegli orgogliosi Villaci,
che non avevano nemmeno la terra per costruirci sopra le case della loro strana Cittadella costruita sull’acqua,
e che sfidavano l’Ordine costituito dei Poteri imperiali del Mondo intero, cristiano o mussulmano che fosse,
con strane e assurde Idee che affermavano l’assoluta Eguaglianza di Tutti davanti alle loro sacre Leggi,
perché il Popolo e il Senato erano, per quegli orgogliosi Villaci, un’ Unica Cosa,
e Loro si sentivano quindi Tutti Uguali davanti alla Legge,
fossero stati pure ricchi o poveri, Cristiani, Ebrei o Mussulmani, Guelfi o Ghibellini, Cattolici o Protestanti, Atei o Credenti…
E per quanto possa sembrare strano, quei “miserabili Villaci delle Isole di Sabbia”, che avevano quale loro strano Simbolo un Leone alato, con un Libro e una Spada, e la cui Bandiera aveva il Colore del Sangue, in Ricordo degli spaventosi Eventi da cui era nata la loro Cittadella,
onorarono fino in fondo le loro sacre Origini:
in Tredici Secoli di Storia non persero mai nemmeno una Guerra,
perchè le vinsero tutte.
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L’ultimo lembo di Roma cessò di esistere per sempre il 16 Maggio del 1797, quando i Francesi di Napoleone,
senza colpo ferire,
sbarcarono sull’Isola di Rialto,
dando inizio al Saccheggio della Cittadella, culminato con la Profanazione della Chiesa di San Giocometo,
il luogo più sacro dei Veneti.
Ma, ormai, quei nuovi Barbari calpestavano soltanto il Cadavere di una vecchia Cittadella che non esisteva più nel suo Spirito antico, e poterono impunemente trasformare la vicina Chiesa di San Gregorio in una Fornace a cielo aperto per quindici lunghi giorni,
e ricavarne la Zecca di Stato di Napoleone per la grandezza della Francia, facendovi fondere in grandi Lingotti tutto l’Oro e tutto l’Argento presente nei Palazzi e nelle Chiese, saccheggiando e depredando ogni cosa, comprese le Tombe dei Cimiteri, che vennero aperte, per essere anch’esse violate. ———-
Ma l’antico Spirito non era morto, perché gli “Ultimi dei Romani” combatterono ancora, in quella che sarebbe stata l’ultima Guerra della loro Storia:
ciò avvenne circa Sessant’anni dopo la Caduta della loro Cittadella,
quando 194 Veneti,
con le loro Camicie tutte di un solo Colore, e che erano dello stesso Colore della loro antica Bandiera,
sbarcarono a Marsala,
in Sicilia,
con 434 Lombardi,
156 Liguri, 78 Toscani,
75 Calabresi e Pugliesi, 71 Siciliani
e 20 Sardi:
tutto ciò per riunificare una Nazione, Mille e Quattrocento anni dopo la Caduta dell’Impero.
E ciò che i Barbari avevano diviso, venne nuovamente riunificato.
E oggi,
fra questi Canneti,
sulle sponde di questa Laguna salata,
fra le vecchie Mura in rovina di antichi Porticcioli di piccole Isole abbandonate, tra le Paludi di Canne,
quando alla Sera più nulla viene a disturbare il Silenzio,
e il Tempo sembra assumere una strana dimensione, quasi di Irrealtà, lontana dal nostro Mondo di oggi,
e lo Sciacquordio del Remo inizia a prendere la Sapienza e il Ritmo di un Tempo antico, si dice che allora,
e soltanto allora,
sia ancora possibile scorgere, durante la bassa Marea, la piccola Base quadrata di uno Zoccolo, ricoperta dal Muschio, vecchia di Secoli, o forse di Millenni.
E sullo Zoccolo quadrato di quel Marmo semisommerso dalle Acque limacciose, risulta allora appena leggibile,
nello strano gioco dell’incerto Chiarore delle ultime Luci del Sole al tramonto, un’antica ISCRIZIONE,
risalente ai tempi dei Romani,
incisa con forza su quella Pietra,
sopra un Segno che sembra una Freccia…
VΕΝΕΤE ΕΣΤΙΑ
Biografia dell’autore
Giuseppe Nacci nasce a Trieste nel 1964. Laureatosi in Medicina e Chirurgia a Trieste nel 1991, si specializza successivamente in Medicina Nucleare presso l’Università di Milano. Nel 2000 pubblica il libro “La Terapia dei Tumori con Gadolinio 159 in Risonanza Magnetica Nucleare”, in vista di un possibile impiego dell’isotopo radioattivo in Adroterapia, e di cui ottiene il Brevetto di produzione per la molecola Gadolinio 159-Biotina (No. 01313103).
Ma la Vita è mutevole nei suoi accadimenti, e nel 2001 vicende improvvise e drammatiche lo costringono a rivedere completamente le proprie cognizioni di MEDICINA, portandolo su un nuovo e diverso percorso, che lo obbliga a dieci lunghi anni di studio nel campo della BOTANICA, e più precisamente nell’impiego delle Piante Medicinali FRESCHE per indurre l’Apoptosi nelle cellule umane tumorali maligne, caratterizzate, come noto, da Aberrazioni cromosomiche (mutazioni genetiche).
L’esperienza medica sul campo, presso un piccolo ambulatorio privato di Trieste, benchè arricchita nel 2007 dalla pubblicazione del libro “Diventa Medico di Te Stesso” della “Editoriale Programma” di Treviso, si conclude nell’Aprile del 2011, quando il dott. Giuseppe Nacci cessa di prendere in cura pazienti, a seguito dell’entrata in vigore, dal primo Maggio 2011, delle nuove leggi dell’Unione Europea che proibiscono, da allora, proprio l’uso terapeutico delle Piante Medicinali FRESCHE.
Rimangono così due libri di questa lunga e sofferta esperienza “sul campo”: “Guariti dal Cancro senza Chemio: 23 casi clinici documentati di guarigione” e “Cancer Therapy: 23 Clinical Cases of Malignant Tumours cured without Chemo-Therapy”, entrambi pubblicati dalla “Editoriale Programma” di Treviso, accanto ad un libro sulla minaccia rappresentata in tutto il mondo dalle centrali nucleari (“Centrali nucleari: Chernobyl, Krsko, Fukushima. Conoscere il passato per preservare il futuro”, e un libro sul diabete (“Come affrontare il Diabete”), anche questi pubblicati presso la “Editoriale Programma” di Treviso.
Dal 2013 riprende i suoi vecchi studi di Geologia, di Astronomia e di Greco antico, che aveva purtroppo trascurato dopo i tempi del Liceo e dell’Università, affrontando così il grande mistero dell’ATLANTIDE, analizzato però dal punto di vista scientifico, e di cui è uscito nel 2018, sempre presso la “Editoriale Programma” di Treviso, il primo dei cinque libri previsti sull’argomento: “L’Ultima Guerra di Atlantide, Vol. Primo: il Mondo Perduto”, 364 pagg).
Nel Maggio 2020 ha pubblicato il libro Primo Maggio 2011, la lunga Notte (90 pagine), scaricabile gratuitamente da INTERNET (www.pieronuciari.it/wp/dott-giuseppe-nacci , anche in versione inglese (First May 2011, the long Night).