Le microplastiche, con la loro dimensione ridotta, possono effettivamente superare la barriera emato-encefalica, che è un sistema di vasi sanguigni e tessuti che protegge il cervello da sostanze nocive. Questa capacità delle microplastiche di violare tale barriera può causare problemi di salute significativi. Una volta che le microplastiche raggiungono il cervello, possono innescare infiammazioni e potenzialmente contribuire allo sviluppo di disturbi neurologici. Questi problemi di salute possono includere disfunzioni cognitive, malattie neurodegenerative e altri disturbi neurologici. È quindi essenziale comprendere meglio gli effetti delle microplastiche sul nostro sistema nervoso e adottare misure per ridurre l’esposizione a queste particelle nocive.
Le microplastiche sono diventate ubiquitarie nell’ambiente che ci circonda e stanno emergendo sempre più evidenze sui loro possibili effetti nocivi sulla salute umana. In particolare, gli ultimi studi hanno dimostrato che queste minuscole particelle possono infiltrarsi nel nostro flusso sanguigno e potenzialmente accumularsi nei nostri organi nel corso del tempo.
Inoltre, la recente ricerca ha confermato che le microplastiche possono attraversare la barriera emato-encefalica, un sistema di vasi sanguigni e tessuti che protegge il cervello da tossine e patogeni. Questo significa che le microplastiche possono potenzialmente penetrare nel cervello e causare danni neurologici a lungo termine.
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Le implicazione per la salute delle nanoplastiche
Le implicazioni per la nostra salute potrebbero essere estremamente gravi, poiché le microplastiche continuano ad accumularsi all’interno dei nostri corpi. Queste particelle possono provocare infiammazioni nel cervello, aumentando il rischio di disturbi neurologici come il morbo di Alzheimer.
Gli scienziati che operano in Austria e Ungheria sottolineano che gli esseri umani sono costantemente esposti a materiali polimerici presenti in tessuti, pneumatici per auto e imballaggi. Purtroppo, la loro degradazione causa inquinamento ambientale e diffusa contaminazione da micro e nanoplastiche.
La barriera emato-encefalica (BBB) è una barriera biologica cruciale che protegge il cervello da sostanze nocive. I ricercatori spiegano che hanno dimostrato come particelle di dimensioni nanometriche, ma non di dimensioni maggiori, possano raggiungere il cervello in soli 2 ore dopo l’ingestione. Questo fatto evidenzia la capacità delle microplastiche di superare la barriera emato-encefalica e penetrare nel cervello, aprendo la strada a possibili danni neurologici.
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I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver somministrato ai topi micro e nanoplastiche (MNP) a base di polistirene, una forma di plastica ampiamente utilizzata nell’industria degli imballaggi alimentari, e successivamente hanno esaminato gli animali.
Attraverso l’uso di modelli computerizzati, i ricercatori hanno individuato che una specifica caratteristica superficiale, chiamata “corona biomolecolare”, è di fondamentale importanza per consentire alle particelle di plastica di attraversare la barriera emato-encefalica e raggiungere il cervello. Secondo Oldamur Hollóczki, uno scienziato dell’Università di Debrecen in Ungheria, questa scoperta rappresenta un passo significativo nel comprendere come le particelle di plastica possano penetrare nel cervello.
Lukas Kenner, un collega di Hollóczki e ricercatore presso l’Università di medicina di Vienna in Austria, ha aggiunto che una volta presenti nel cervello, le particelle di plastica potrebbero aumentare il rischio di infiammazione, disturbi neurologici e persino malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer o il Parkinson. Queste implicazioni sulla salute mettono in luce la necessità di comprendere meglio gli effetti delle microplastiche sul nostro sistema nervoso e di adottare misure per ridurre la loro diffusione nell’ambiente.
Come entrano le nanoplastiche nella catena alimentare
Le nanoplastiche, che hanno dimensioni inferiori a 0,001 millimetri, possono entrare nella catena alimentare attraverso fonti come imballaggi per alimenti e liquidi.
Uno studio precedente ha rivelato che le persone che consumano tra 1,5 e 2 litri di acqua al giorno da bottiglie di plastica finiranno per ingerire circa 90.000 particelle di plastica in un anno. Tuttavia, secondo l’Università di Vienna, bere acqua del rubinetto può ridurre questo numero a circa 40.000, a seconda della posizione geografica.
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Gli effetti di queste microplastiche che circolano all’interno dei nostri corpi devono ancora essere completamente compresi. Nel frattempo, è fondamentale ridurre al minimo il potenziale danno delle particelle di micro e nanoplastica per la salute umana e l’ambiente, sottolinea Kenner.
“Il limitare l’esposizione e la riduzione dell’uso delle MNP sono fondamentali, mentre vengono condotte ulteriori ricerche sugli effetti di queste particelle”, afferma lo scienziato.
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