Latte dalla Romania portato sotto scorta dalla Polizia per evitare le recenti proteste dai pastori Sardi, arance arrivate dal Marocco e Pomodori pachino provenienti dal Nord Africa.
Questo è il triste scenario che ci ha regalato la globalizzazione e la mala politica degli ultimi decenni. Un Italia che può produrre tutto ciò ma che viene stritolata da questo sistema di importazione selvaggio di prodotti che sono alla base della nostra economia.
Il Pachino siciliano
I trattati siglati dall’Unione Europea con i paesi del Nord Africa, a partire da quello del 1996 con il Marocco, prevedono “misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli” ( Vedi PDF a fondo pagina ) e “per i prodotti agricoli trasformati”. Ma i produttori stranieri hanno costi di produzione più bassi, e per i concorrenti siciliani è impossibile competere.
Lo schiaffo per gli imprenditori agricoli di Pachino si materializza in un piccolo supermercato locale, dove al prezzo di 1 euro e 39 centesimi al kg è in vendita il pomodoro ‘datterino’ importato dal Camerun. “La distribuzione dovrebbe agevolarci a vendere il prodotto, ma nello stesso tempo è quella che ci danneggia – racconta Paolo Cavallaro, un agricoltore –, perché non possiamo competere con questi prezzi”.
L’anno scorso di Maio aveva annunciato la revisione dei trattati con Tunisia e Marocco per le importazioni di olio e arance in Italia. Siamo in attesa di capire se ci sarà un margine per pensare a una mossa politica positiva per i cittadini e gli agricoltori tutti, perchè questo sistema di importazioni sta notevolmente danneggiando l’economia italiana, incentrata sulle eccellenze dei suoi prodotti.
Il latte della Romania
In questi giorni la strada statale 131, l’arteria principale del traffico in Sardegna, è rimasta bloccata a lungo, proprio per la guerra del latte. Migliaia di litri di latte di pecora sono stati gettati per strada, sull’asfalto, dagli allevatori. Una protesta clamorosa: ritengono infatti sia meglio sprecarlo piuttosto che venderlo alle industrie di trasformazione, che pagano ormai pochi “spiccioli”.
La situazione è considerata insostenibile. “Il latte a 0,60 euro al litro è un’offesa alla dignità dei pastori, preferisco buttarlo” dice un giovane allevatore; è un prezzo che non copre neanche le spese.
I produttori e le organizzazioni agricole chiedono un intervento immediato: non possono pensare di lavorare a queste condizioni, chiedono che il prezzo del latte venga portato a non meno di 70 centesimi al litro (1 euro è considerato dagli allevatori un prezzo equo): il prezzo è calato dagli 85 centesimi al litro della scorsa stagione ai 60 di quella attuale. Le industrie di trasformazione hanno detto no.
In Sardegna vivono quasi 4 milioni di ovini, praticamente la metà dell’intero patrimonio nazionale. La metà del latte ovino prodotto in Italia viene dalla Sardegna, e viene in gran parte lavorato dalle cooperative dei pastori e da piccole industrie. La Sardegna produce anche la maggior parte del pecorino romano, prodotto non originario dell’isola, gran parte del quale è tradizionalmente esportato all’estero.
Ecco la testimonianza di un produttore, Andrea Casu, 50enne di Sant’Andrea Frius, è a capo di una piccola azienda che produce latte : “Il latte lo fanno arrivare dalla Bulgaria e dalla Romania, spacciandolo per sardo. Prima, quando la quota era fissata a ottantacinque centesimi, rientravo a malapena nelle spese. Adesso non più, non posso nemmeno acquistare un trattore nuovo. Pigliaru e tutti i politici regionali ci hanno abbandonato, faccio i salti mortali per pagarmi il mutuo della casa che finirà solo tra nove anni”.
La difesa di Coldiretti
La Coldiretti promette azioni legali: “Ci rifaremo all’articolo 62 della legge 1 del 2012 – spiega Cualbu – in cui sono previste sanzioni oltre i 3 milioni. Lo faremo contro quegli industriali che pagano il latte sotto i costi di produzione, cioè a 60 centesimi. Abbiamo i dati certificati da Ismea che lo dimostrano”. L’art. 62 al comma 2 “vieta qualsiasi comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, ivi comprese, ad esempio: qualsiasi patto che preveda prezzi particolarmente iniqui o palesemente al di sotto dei costi di produzione”.
“Stiamo portando avanti iniziative mirate – aggiunge il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. Abbiamo anche altre denunce legali che metteremo in campo a tutela dei pastori. Adesso spetta ai trasformatori dare un segnale concreto e immediato proponendo un prezzo di acconto più alto di questi miseri 60 centesimi”.
Con la globalizzazione vi è stato un annullamento di tutto il nome del mercato e del consumo, spazzando via concetti di limite, confini e differenze. La politica dovrebbe lavorare sul bene dell’Italia con un recupero del lavoro interno e un idea di piano industriale su settori che dovrebbero essere l’orgoglio per il nostro popolo. Ciò non dovrebbe essere inteso come protezionismo ma solamente una revisione di alcune politiche errate degli ultimi anni che hanno affossato ancora più gli italiani in una crisi senza precedenti.
Articoli correlati
I benefici “amari” delle arance italiane
Olio d’oliva contraffatto e grandi marche: conoscete ciò che mangiate?
Olio d’oliva deodorato e frodi alimentari: la contraffazione che mette a rischio il Made in Italy
Pomodoro Pachino: l’oro rosso siciliano rischia la scomparsa a causa dell’Europa
SCARICA IL PDF DELLE CONTROVERSE MISURE DI LIBERALIZZAZIONE
basta non comprare i prodotti esteri, quando vado a fare la spesa controllo sempre la qualità del prodotto e la provenienza….lo so che ci si perde del tempo ma per la nostra salute e per i nostri produttori ne vale la pena
E’ giusta la protesta, ma anziché rovesciare il latte per le strade, regalatelo per le strade perché il prezzo più alto lo hanno già pagato le mucche…
Sono ansioso di votare per il rinnovo del parlamento europeo e sono certo che i popoli sapranno mandare a casa questa accozzaglia di burocrati che si arricchiscono distruggendo la nostra economia e calpestando la dignità dei nostri contadini.Inoltre invito le persone ad essere più critiche quando si fà la spesa pensando che si possono commettere due errori in un solo gesto,il primo danneggiando i nostri produttori,il secondo mettendo a rischio la nostra salute acquistando e consumando cibi importati che nella migliore delle ipotesi sono contaminati da micotossine!!
Io sto con i pastori sardi e con tutti quelli che producono italiano.
Purtroppo è l’effetto della globalizzazione e anche del fatto che il reddito lordo pro capite delle famiglie italiane, in media è intorno ai 20.000 euro/anno.
Gli imbecilli che favorirono la sottoscrizione del trattato di Maastricht (quote di produzione agricola: Italia abbattuti 5 milioni di bovini e chiusura di 100.000 Aziende) dissero che gli italiani sono ricchi, pertanto possono pemettersi di abbassare il loro reddito per favorire l’economia UE.
Discorso che NON fila MA ce lo hanno fatto accettare MA le produzioni mediorientali non sono UE e allora scopriamo che sono il frutto di investimenti italiani fatti da imprese italiane che impiegano lavoratori locali (sottopagati) per poi importare in Italia le loro produzioni che provengono da altre latitudini (cioè clima, acqua e terreno differente) e realizzati con altre professionalità.
Il mistero è tutto qui, salvo che essendo impossibile porre dazi per evitare il collasso di quelle economie locali, dobbiamo accettare una concorrenza SLEALE senza che l’Autority per la concorrenza italiana o UE possa intervenire…
—
Come è accaduto con i prodotti cinesi e i negozi orientali: ai Governi va bene che compriamo i loro prodotti esteri low-cost anche se talvolta pericolosi perché anche gli italiani che non hanno 1000 euro di reddito lordo (e sono circa 2 milioni) possono sopravvivere…
—
Bello e umanitario, vero?