I frigoriferi presenti nelle case, i condizionatori che equipaggiano le nostre automobili e le abitazioni, le celle frigorifere che sono in grado di conservare le derrate alimentari per lunghi periodi, sono solo alcuni esempi di come i gas refrigeranti possono essere utilizzati.
Non v’è alcun dubbio che grazie a questi fluidi, la qualità della nostra vita sia migliorata, purtroppo, però, queste sostanze spesso causano fenomeni d’inquinamento, non
immediatamente riconoscibili. Si tratta, infatti, di gas inodori, incolori, non tossici e quindi apparentemente innocui che, però, se rilasciati in atmosfera, intaccano lo strato di ozono (CFC o HCFC) o contribuiscono all’effetto serra, esplicando i propri effetti sino a centinaia di anni (HFC).
Apparentemente sono innocui, ma se rilasciati in atmosfera intaccano lo strato di ozono troposferico o contribuiscono all’effetto serra per migliaia di anni. Per molti decenni l’industria ha utilizzato gas per refrigeranti senza preoccuparsi troppo dell’impatto che questi avevano una volta liberati in atmosfera.
Eppure queste sostanze giocano un ruolo fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, eppure esistono sul mercato delle alternative naturali, ed è questa la direzione da percorrere. Proprio per le loro proprietà ozono lesive e per il loro elevato potere climalterante alcune sostanze sono state messe al bando già da diversi anni. È il caso dei CFC che in base al protocollo di Montreal sono vietati dal 1994 o degli HCFC già oggi in dismissione e il cui utilizzo è possibile solo se rigenerati fino a fine 2014, mentre in questi mesi è in discussione il nuovo regolamento europeo riguardante la messa al bando degli HFC e la loro sostituzione con altre sostanze come i refrigeranti naturali.
Dai dati riportati nel rapporto risulta evidente come ancora oggi i quantitativi di gas fluorurati all’interno dei circuiti, nelle apparecchiature o nelle schiume isolanti in cui sono
stati utilizzati sono elevati. A livello europeo le recenti ricerche di settore stimano ne siano presenti ancora 1,5 milioni di tonnellate, con un potenziale emissivo pari a 5,1mliardi di tonnellate di CO2 equivalenti. In Italia nel 2012 le stime indicano che sono stati immessi sul mercato circa 10.600 tonnellate di gas refrigeranti e che lo stock nel nostro Paese sia di circa 100mila tonnellate. Un quantitativo di gas con un potenziale effetto serra di 250 milioni di tonnellate equivalenti, il 50% circa del totale delle emissioni di gas serra annuali a livello nazionale. Un dato che richiama con forza l’importanza nel controllo e nella gestione di queste sostanze e del loro recupero nel fine vita degli apparecchi e dei materiali che li contengono.
Oggi a livello europeo, stando ai dati dell’Agenzia europea per l’ambiente, le emissioni derivanti dai gas fluorurati (HFC) costituiscono circa il 2% delle emissioni totali di gas serra, con 84 milioni di tonnellate emesse nel 2010. Quantità destinate ad aumentare considerando che negli ultimi venti anni, rispetto ad una diminuzione generale del 15%, si è registrato un aumento delle emissioni dei gas refrigeranti del 60% circa. In Italia l’incremento, per quanto riguarda gli HFC, negli ultimi dieci anni, rispetto ad una diminuzione generale delle emissioni di gas serra del 9%, è addirittura del 341%. La fonte principale di dispersione in atmosfera di queste sostanze è rappresentata dall’utilizzo e dal consumo negli impianti di refrigerazione e di condizionamento dell’aria.
Per contrastare questo insidioso fenomeno d’inquinamento è necessario ridurre le emissioni facendo in modo che impianti e apparecchiature siano installati correttamente, controllati nel funzionamento con cadenza periodica e, al termine del ciclo di vita, i gas refrigeranti siano conferiti ai centri di raccolta autorizzati. Legambiente ha pubblicato un dossier sull’impatto ambientale dei gas refrigeranti in Italia. Questo dossier concentra la propria attenzione proprio su quest’ultimo aspetto: il destino dei gas refrigeranti alla fine della vita utile degli impianti e delle apparecchiature che li hanno utilizzati. Liberare i gas refrigeranti in atmosfera, in luogo di recuperarli, non costituisce solamente un danno ambientale, sanzionato dalla legge, ma anche una perdita economica. Il recupero e il ritrattamento dei gas refrigeranti, infatti, possono permetterne il riutilizzo, evitando che si producano refrigeranti nuovi, la cui manifattura è dispendiosa da un punto di vista energetico.