Studi recenti mostrano nuovi ambiti di ricerca per il trattamento dei sintomi della sclerosi multipla e del diabete di tipo 2.
La pratica del digiuno è al centro di nuovi studi con protocolli di digiuno intermittente e varianti, di cui si indagano anche le potenziali applicazioni terapeutiche.
Quando si parla di digiuno molto spesso si evocano spettri poco piacevoli, lunghe astinenze dal cibo e volti e corpi emaciati, ma la moderna ricerca sta mostrando come protocolli di digiuno intermittente e di restrizione calorica possano invece essere efficaci non soltanto nel mantenere il benessere e aumentare la longevità, ma anche nell’affiancarsi al trattamento farmacologico di tutta una serie di patologie, tra le quali la sclerosi multipla.
Questa nuova indagine indaga il ruolo di una dieta che imiti il digiuno, in pratica un protocollo di digiuno intermittente, nel ridurre i processi autoimmuni e nel mitigare i sintomi della sclerosi multipla.
Cenni sulla sclerosi multipla
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario del soggetto attacca la guaina mielinica che isola gli assoni dei neuroni del Sistema Nervoso Centrale, provocandone la progressiva distruzione e rendendo difficoltosa la trasmissione di segnali tra cervello e midollo spinale.
Ne consegue tutta una serie di sintomi molto diversi e variabili nel tempo, a seconda di localizzazione e gravità delle lesioni, con forme progressive, con un peggioramento continuo dei sintomi, che possono comunque cambiare nell’evolversi della patologia, e forme recidivanti-remittenti in cui i sintomi tendono a comparire e scomparire, con attacchi seguiti da fasi di remissione, più o meno completa.
La maggior parte dei farmaci attualmente utilizzati ha la funzione di controllare i sintomi e ridurre i fenomeni autoimmuni, spesso con effetti collaterali non trascurabili, ma non pare in grado di ridurre o sanare le lesioni presenti [1].
Alcuni studi su modelli animali hanno mostrato come vari tipi di restrizione calorica, una riduzione controllata dell’apporto calorico con protocolli diversi, possano avere effetti protettivi sul sistema nervoso [2, 3, 4]. Lo studio che prendiamo in esame è uno dei primi progettato per determinare se un protocollo di restrizione calorica sia in grado di ridurre i processi autoimmuni e favorire il recupero delle lesioni.
Digiuno e sclerosi multipla: lo studio
Lo studio è stato condotto su dei topi nei qualli è stata indotta Encefalomielite Autoimmune Sperimentale, un modello animale molto simile alla Sclerosi Multipla. La patologia viene indotta iniettando negli animali antigeni mielinici mescolati con agenti che esaltano la risposta autoimmune. Dopo qualche giorno, alla comparsa dei primi sintomi, gli animali sono stati divisi in tre gruppi: un gruppo di controllo con dieta normale, un gruppo che ha seguito una dieta chetogenica con ridottissimo apporto di carboidrati per tutta la durata dell’esperimento (30 giorni) e infine un gruppo che ha seguito un digiuno intermittente — Diet Mimicking Fasting —con primo giorno al 50% del normale apporto calorico, secondo e terzo giorno al 10%, e giorni dal quarto al settimo con apporto normale; in pratica tre cicli successivi di digiuno intermittente articolato su sette giorni.
Accanto al lavoro sugli animali è stato compiuto anche uno studio randomizzato, durato tre mesi, su sessanta pazienti affetti da Sclerosi Multipla recidivante-remittente. I pazienti sono stati divisi in modo del tutto casuale in tre gruppi, un gruppo di controllo, con dieta normale, un gruppo che ha seguito una dieta chetogenica e un gruppo che ha seguito un singolo ciclo di digiuno articolato su sette giorni, seguito da una dieta mediterranea per il restante periodo.
Il lavoro sul modello animale ha permesso di approfondire i meccanismi alla base dei benefici osservati, mentre lo studio sui pazienti umani ha funzionato da controllo per efficacia, sicurezza e sostenibilità del protocollo.
Gli importanti risultati dello studio
- Il digiuno ha permesso di ridurre in maniera significativa i sintomi della malattia, in parte intervenendo sui processi infiammatori, in parte prevenendo le lesioni demielinizzanti. Circa il 21% degli animali a digiuno ha mostrato una completa remissione dei sintomi. Molto meno importante l’effetto di una dieta chetogenica, seppur apprezzabile.
- Il digiuno intermittente ha ridotto la risposta autoimmune, con variazioni importanti nel numero e nella presenza di diversi tipi cellulari del sistema immunitario: riduzione dei globuli bianchi, linfociti, monociti e granulociti. Queste cellule, una volta cessato il digiuno, tornano ai livelli originari indicando un possible stimolo per morte e rigenerazione di questi tipi cellulari. Inoltre nel gruppo a digiuno si è registrata una netta riduzione di specifiche popolazione di linfociti T responsabili dei processi di demielinizzazione.
- Il digiuno determina una riduzione delle citochine proinfiammatorie, probabilmente stimolando la produzione di corticosterone endogeno che riduce l’attivazione dei linfociti T.
- Il digiuno ha ridotto i processi di demielinizzazione, probabilmente stimolando la rigenerazione degli oligodendrociti che formano la guaina mielinica e proteggendoli dall’apoptosi, la morte cellulare programmata.
- Il digiuno ha promosso la rigenerazione della guaina mielinica, promuovendo la produzione di oligodendrociti a partire dalle cellule progenitrici.
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Il digiuno intermittente funziona sull’uomo?
- Sia i pazienti tenuti in dieta chetogenica sia quelli a digiuno hanno mostrato un netto miglioramento dei sintomi misurato utilizzando scale specifiche per la valutazione generale, fisica e mentale, miglioramento che è risultato maggiore per i soggetti a digiuno.
- Nei soggetti a digiuno si è registrata anche una riduzione dei linfociti, in corrispondenza del periodo di digiuno, ridottasi nel periodo successivo.
- Sia la dieta chetogenica che il digiuno sono stati ben tollerati dai pazienti
Si tratta di risultati incoraggianti che paiono confermare quanto osservato nel modello animale, ma che ovviamente richiedono studi più approfonditi, magari con l’utilizzo di tecniche di risonanza magnetica per valutare l’evoluzione delle lesioni, diete di controllo appropriate e approfonditi test biochimici.
Gli ultimi studi sul diabete di tipo 2
Il digiuno intermittente pianificato può aiutare a invertire il diabete di tipo 2, come recentemente hanno affermato un pool di medici statunitensi nella rivista BMJ Case Reports dopo che tre loro pazienti, dopo questa cura, sono stati in grado di eliminare del tutto la necessità del trattamento con insulina.
Tre uomini, di età compresa tra i 40 e i 67 anni, hanno provato il digiuno intermittente programmato per vedere se potesse alleviare i loro sintomi. Stavano prendendo vari farmaci per controllare la loro malattia e le unità giornaliere di insulina. Oltre al diabete di tipo 2, avevano tutti la pressione alta e il colesterolo alto.
Due uomini hanno digiunato a giorni alterni per ben 24 ore, mentre il terzo ha digiunato per tre giorni alla settimana. Nei giorni di digiuno sono stati autorizzati a bere bevande a bassissimo contenuto calorico, come tè / caffè, acqua o brodo e a consumare un pasto a basso contenuto calorico la sera.
Prima di intraprendere il loro regime di digiuno, tutti hanno partecipato a un seminario di formazione nutrizionale della durata di 6 ore, che includeva informazioni su come si sviluppa il diabete e sul suo impatto sul corpo; insulino-resistenza; mangiare sano; e come gestire il diabete attraverso la dieta, compreso il digiuno terapeutico.
Si sono attenuti a questo schema per circa 10 mesi dopo i quali si è misurata la glicemia a digiuno, la glicemia media (HbA1c), il peso e la circonferenza della vita.
Tutti e tre gli uomini sono stati in grado di interrompere l’iniezione di insulina entro un mese dall’inizio del programma di digiuno. In un caso ci sono voluti solo cinque giorni.Il feedback è stato positivo, con tutti e tre gli uomini che riescono a rispettare il loro programma alimentare senza troppe difficoltà
Il digiuno funziona contro la sclerosi multipla?
Nell’uomo gli effetti del digiuno si sono rivelati significativi nel ridurre la severità dei sintomi e nel determinare un transitorio calo della popolazione di linfociti. Tuttavia nello studio si è utilizzato un singolo ciclo di digiuno seguito da tre mesi di dieta mediterranea. Sarebbe interessante approfondire gli effetti di cicli ripetuti, verificandone la sostenibilità nel tempo.
Il digiuno intermittente come minor apporto di calorie
Il digiuno modifica il livello dei nutrienti e dei fattori di crescita in circolo, con un ruolo molto importante svolto dalla via di segnalazione della mTor, attivata quando i nutrienti abbondano, inibita quando i nutrienti cominciano a scarseggiare. È possibile che la riduzione dei nutrienti associata al digiuno possa agire attraverso l’inibizione di mTor e l’attivazione di un altro importante sensore dell’energia disponibile come AMPK: il risultato netto sarebbe una riduzione dei processi infiammatori legati alla sclerosi. [5, 6]
Da sottolineare che il protocollo di digiuno utilizzato è un poco differente dalle più comuni tipologie di digiuno intermittente che prevedono dalle 16 alle 24 ore di digiuno, magari praticate una o più volte a settimana.
Qui si è lavorato con un singolo protocollo settimanale così organizzato:
primo giorno: 50% del normale apporto calorico, circa 800 kcal;
dal secondo al settimo giorno: 10% del normale apporto calorico circa 180-300 kcal;
Il tutto è stato seguito da tre mesi di dieta mediterranea.
I ricercatori sono convinti che il ruolo positivo del digiuno sia reso possibile dal suo esser ripetuto nel tempo con cicli successivi, cicli che favorirebbero i processi di distruzione delle componenti cellulari che provocano lesioni durante la fase di digiuno e la successiva rigenerazione degli oligodendrociti e della guaina mieliniche, quando viene ripresa la normale alimentazione.
Questo non significa che abbiamo pronta la cura per questa malattia, ma ci fornisce un’importante spunto di indagine e di lavoro per un trattamento che possa non soltanto contribuire alleviare i sintomi della sclerosi multipla senza gli effetti collaterali dei farmaci attualmente utilizzati, ma che possa anche portare alla riduzione, se non alla scomparsa, delle lesioni a carico del sistema nervoso centrale.