Questo periodo di emergenza sanitaria ha cambiato profondamente le nostre vite e le nostre abitudini: siamo rimasti chiusi in casa per mesi, senza poter incontrare amici o parenti e senza poter uscire se non per motivi di salute, per motivi urgenti o per lavoro, almeno per quei lavori che sono considerati necessari per il funzionamento della società, come ad esempio i lavoratori del settore sanitario (medici, infermieri, portantini, autisti della ambulanze ecc.) o quelli che garantiscono la possibilità di approvvigionarsi di cibo e beni di prima necessità (personale dei supermercati, dei negozi di alimentari ecc.).
Questo enorme cambiamento ha portato, come naturale conseguenza, anche al cambiamento del linguaggio, principalmente con l’inserimento nel nostro vocabolario quotidiano di una serie di parole che già esistevano ma che oggi utilizziamo con estrema frequenza: coronavirus, lockdown, delivery, distanziamento e sanificazione.
Ecco, oggi è proprio di quest’ultima che vogliamo parlarvi. Abbiamo sempre pulito gli ambienti che frequentavamo, sia a casa che a lavoro, ma c’è differenza fra normale pulizia e sanificazione?
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Differenza fra pulizia e sanificazione
La pulizia, ovvero quell’attività che è sempre rientrata nelle abitudini riguardanti la nostra vita di tutti i giorni, consiste in tutte quelle operazioni che facciamo al fine di rimuovere lo sporco visibile o tangibile, dagli accumuli di polvere o di altro materiale di rifiuto fino al grasso che si deposita sulle superfici.
Si tratta quindi di una operazione manuale da effettuare meccanicamente attraverso l’utilizzo di panni insieme ad acqua e altre sostanze detergenti. La sanificazione, invece, è un intervento che ha come obiettivo quello di eliminare ogni tipo di batterio o altro agente contaminante: questi ultimi, infatti, non vengono rimossi con le operazioni comuni di pulizia.
In questo caso andremo ad utilizzare prodotti chimici detergenti. È utile sottolineare che la sanificazione, in ogni caso, va sempre preceduta dalla normale pulizia, per non rischiare di ritrovarsi a sanificare la polvere!
Quali prodotti utilizzare per la sanificazione
Secondo le disposizioni ministeriali in materia, per la sanificazione ambientale è raccomandato l’utilizzo dell’ipoclorito si sodio diluito in percentuale dello 0,1%: detta così, questa cosa suona complessa, in realtà si tratta di una soluzione di acqua e candeggina.
Alcune superfici, tuttavia, potrebbero venir danneggiate dall’uso di candeggina: in questi casi ciò che viene suggerito è l’utilizzo dell’etanolo, ovvero del comune alcol etilico con una concentrazione al 75%.
Cosa sanificare
Tutte le superfici vanno sanificate all’interno di una casa o di un ufficio e, a maggior ragione, vanno sanificati i luoghi aperti al pubblico e che, quindi, vengono a contatto con molte più persone.
Quando sanifichiamo un ambiente è consigliabile porre una particolare attenzione alle superfici che vengono utilizzate o toccate più spesso come ad esempio le porte e le maniglie, i tavoli, le sedie e, ultimi ma ovviamente non meno importanti, i bagni e tutte le loro superfici.
Per quanto riguarda la biancheria come federe, lenzuola, tovaglie e strofinacci, è consigliabile un lavaggio con sapone e acqua ad una temperatura di 90 gradi.
Per i tessuti più delicati, per i quali queste temperature possono essere dannose, è possibile utilizzare l’acqua alla temperatura suggerita dall’etichetta con aggiunta di candeggina o prodotti equivalenti.
Gentilissimo Gino Fava e redazione, considero i vostri articoli solitamente piuttosto attendibili, ben argomentati, dotati di senso critico e capaci di porre domande al lettore, prima ancora che risposte. Trovo questo articolo totalmente fuori sintonia, dalla linea editoriale. Non c’è un dubbio o un pensiero articolato su che cosa significhi ‘sanificazione’ se si adottano altri punti di vista che non siano quelli di un pensiero simbolico dominante e bellico che ci fa credere in guerra perenne con microbi e batteri e ancor di più con la Natura tutta. Che i microbi e i batteri siano essenziali alla nostra vita di organismi e che viviamo in simbiosi con loro da sempre, non attraversa neanche lateralmente l’articolo. Che l’ipoclorito di sodio sia una sostanza gravemente inquinante per le acque e gli ambienti, che sia altamente tossica per gli umani, che provochi danni irreversibili alle vie respiratorie, alla pelle e provochi ipersensibilità e allergie dovreste saperlo. Perché niente di tutto questo compare nel vostro articolo? Spero non abbiate ricevuto indicazioni e inviti perentori all’allineamento con questa follia sanitaria collettiva.