Milioni e ancora milioni di dollari. Sono le cifre spese dalle multinazionali delle bevande zuccherate per nascondere gli studi che spiegano gli effetti deleteri sulla salute e impedire l’entrata in vigore di leggi contro l’obesità, come la soda tax, che tassa le bibite gassate.
Alla fine dell’estate 2015, il New York Times ha pubblicato un articolo devastante per la reputazione della multinazionale Coca Cola.
Indice dei contenuti
- 1 Incremento obesità e diabete tipo 2
- 2 Rapporti fra la Coca-Cola medici e professionisti
- 3 Coca-Cola e Pepsi e la Soda Tax
- 4 Lotta alle bevande gassate: tra il 2011 e il 2014 spesi 6 milioni di dollari
- 5 Lotta alle bevande gassate: Save the Children sul banco degli imputati
- 6 Lotta alle bevande gassate: gli altri casi incriminati
- 7 Le multinazionali creano studi ad hoc e corrompono la politica
Incremento obesità e diabete tipo 2
Per anni e anni l’azienda ha creato una rete per dare scientificamente sulla soluzione al problema globale dell’obesità. Sono stati coinvolti medici, ricercatori, nutrizionisti e attuate strategie di marketing per incentivare l’esercizio fisico senza preoccuparci e ridurre l’apporto calorico. Sostanzialmente veniva ignorato il problema del cibo ed evidenziata la necessità di apportare attività fisiche.
Contrariamente anche ad alcune evidenze scientifiche e mediche, che puntano proprio il dito sul cibo e sulle bevande zuccherate come causa sull’esplosione di obesità e diabete di tipo 2, un problema a carattere globale.
Rapporti fra la Coca-Cola medici e professionisti
Il sito d’informazione Le Monde riporta come molti professionisti sono stati pagati dalla multinazionale per produrre ricerche scientifiche a suo favore, producendo proprio dei dati in merito.
- CreaBio è stata pagata da Coca Cola con 930.000 euro, per realizzare un progetto di ricerca sui dolcificante che è stato pubblicato nel 2018. Questo studio sottolineava come non vi fosse nessuna differenza fra l’assunzione di acqua e di bevande con edulcoranti ipocalorici, legate a effetti sull’appetito e sulle scelte alimentari.
- Una ricercatrice universitaria France Bellisle è stata pagata 2.000 euro per scrivere un articolo che si concludeva con la dichiarazione che “non esiste nessun legame tra il consumo di bevande zuccherate e aumento di peso”.
- Bernard Waysfeld, uno psichiatra specializzato in nutrizione, ha confessato di aver ricevuto un importo di 4.000 euro perchè durante un simposio si parlasse delle bevande per adolescenti.
- Xavier Bigard, ex presidente della Società francese di medicina dello sport, ha dichiarato di aver ricevuto lo stesso importo da Powerade, marchio di proprietà della Coca-Cola, per una conferenza sulle regole dell’idratazione degli sportivi.
- La fiera annuale di Dietecom ha giovato tra il 2010 e il 2017 di oltre 140.000 euro.
- Sono stati versati 720.000 euro all’Istituto per le competenze europee in Fisiologia (Ieep), tra il 2010 e il 2014. Sono stati finanziati per effettuare uno studio sui dolcificanti che è stato pubblicato nel 2018, dove si evidenziava l’inesistenza degli effetti del consumo di bevande analcoliche sulla sensibilità all’insulina o la secrezione di questo ormone che regola la quantità di glucosio nel sangue.
Coca-Cola e Pepsi e la Soda Tax
Il New York Times svela uno studio, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, che enumera tutte le volte che le big dei soft drink hanno elargito soldi a quasi centro gruppi ed associazioni che si occupano di salute pubblica, convincendole in molti dei casi a ritirare il loro supporto a politiche favorevoli alla soda tax, ovvero una tassazione delle bevande gassate.
Lotta alle bevande gassate: tra il 2011 e il 2014 spesi 6 milioni di dollari
Secondo lo studio condotto da Michael Siegel, professore alla University School of Public Health, tra il 2011 e il 2014 solo la Coca Cola ha speso sei milioni di dollari l’anno per elargizioni con lo scopo di stemperare il clima sempre più negativo che stava montando intorno alle bibite gassate. Sempre più associazioni e gruppi dediti alla salute pubblica infatti si impegnavano per far approvare la soda tax sui prodotti che sono considerati tra i maggiori responsabili dell’obesità. Pepsi, invece, ha investito per lo stesso obiettivo tre milioni di dollari l’anno.
Lotta alle bevande gassate: Save the Children sul banco degli imputati
L’indagine non ha peli sulla lingua e porta nomi e cognomi di chi ha subito il fascino dei milioni delle due multinazionali. Sul banco degli imputati c’è, per esempio, Save The Children. Secondo lo studio la Ong fino al 2010 è stata molto attiva sul fronte della promozione della soda tax. Lo sforzo è tuttavia terminato proprio in quell’anno, dopo che cinque milioni di dollari dalle due aziende sono finite nelle casse dell’associazione. Una semplice coincidenza? Sì, secondo i responsabili della Ong che hanno negato il legame tra i soldi e la loro scelta di virare le loro attività su altri fronti.
Lotta alle bevande gassate: gli altri casi incriminati
Lo studio riporta altri casi “clamorosi” di conflitti di interesse, come quello della Academy of Nutrition and Dietetics, che nel 2012 si era rifiutata di sostenere la soda tax. Peccato che avesse accettato 525mila euro e l’anno dopo altri 350mila dollari di donazioni proprio da Coca Cola. E ancora The American Diabetes Association e The American Heart Association, hanno ricevuto l’una 140mila dollari e l’altra 400mila, sempre dalla multinazionale di Atlanta, tra il 2012 e il 2014.
Le multinazionali creano studi ad hoc e corrompono la politica
Lo studio rivela anche altro. Una ricerca finanziata dalla Coca Cola per negare l’esistenza di un legame tra le bibite gassate e l’obesità e dei tentativi riusciti da parte della multinazionale di bloccare il corso di leggi. Come è accaduto a Filadelfia, quando il sindaco aveva tutte le carte in regola e il supporto per approvare una soda tax locale e poi non se ne è fatto più nulla. Il Consiglio Comunale ha respinto la proposta. Forse perché Coca Cola e Pepsi avevano donato 10 milioni di dollari all’ospedale pediatrico?