Quando si parla di global warming, spesso, le prime immagini che ci vengono in mente sono gli orsi polari e lo scioglimento dei ghiacciai. Eppure, i cambiamenti climatici non sono solo questo.
Negli ultimi dieci anni, infatti, gli scienziati hanno iniziato a prestare attenzione anche a un’altra conseguenza dell’innalzamento delle temperature: lo scioglimento del permafrost.
I permafrost sono degli strati di terreno che rimangono ghiacciati per lunghi periodi di tempo. Presenti soprattutto nel Nord della terra, trattengono grandi quantità di carbonio e di altri nutrienti. Si pensa che il permafrost occupi attualmente quasi un quarto dell’emisfero settentrionale, con un serbatoio stimato di 1.700 miliardi di tonnellate di carbonio, il doppio di quello presente attualmente nell’atmosfera.
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Perché gli scienziati sono così preoccupati delle sorti del permafrost
Semplicemente perché, a causa dell’innalzamento delle temperature in atto e del conseguente scioglimento del permafrost, il carbonio e il metano presenti nel sottosuolo ghiacciato potrebbero essere sprigionati nell’atmosfera, amplificando ulteriormente l’effetto dei gas serra e velocizzando l’aumento della temperatura. Più alta è la temperatura, più velocemente si scioglie il permafrost, un fenomeno che genera una reazione a catena molto pericolosa, chiamata permafrost carbon feedback. Una cosa che potrebbe compromettere gli sforzi per ridurre le emissioni a livello globale.
L’impatto dei permafrost su clima, ecosistemi e infrastrutture è stato trascurato per troppo tempo, tanto da non essere stato quasi mai menzionato all’interno delle proiezioni dei modelli climatici; eppure la situazione non deve essere sottovalutata.
Lo scioglimento di questo terreno ghiacciato, infatti, non genera soltanto un aumento globale delle temperature, a causa delle sostanze rilasciate nell’atmosfera, ma porta anche a una debolezza strutturale del terreno, in grado di generare voragini e danneggiare abitazioni e infrastrutture.
Nelle zone temperate, le piante crescono, assorbono anidride carbonica dall’aria, muoiono, si decompongono e restituiscono indietro le sostanze che hanno assorbito. Nelle regioni dove sono presenti i permafrost il processo è molto più lento: le piante crescono più lentamente e anche la loro decomposizione ha tempi più dilatati. Questo porta a racchiudere una grande quantità di materiale organico nel terreno. Materiale che ha iniziato ad accumularsi dall’ultima glaciazione.
Il problema dei gas e del carbonio presenti sotto il ghiaccio
Finché il carbonio rimane cristallizzato nel permafrost, dunque, è stabile. Una volta sciolta la struttura che lo imprigiona inizia a generare danni all’ambiente. E il serbatoio, secondo un rapporto 2013 dalla National Academy of Sciences, conterrebbe da 1.700 a 1.850 miliardi di tonnellate di carbonio.
Ovviamente non significa che i gas verranno fuori tutti in una volta, forse il problema non si creerà mai. Tuttavia, visto che le temperature continuano ad innalzarsi, le emissioni prodotte dai permafrost potrebbero vanificare le politiche ambientali internazionali.
Finora, le emissioni di permafrost sono piuttosto piccole. Ma entro il 2100, si stima che potrebbero aumentare pericolosamente.
Ultimamente, inoltre, si pensa che alcuni strani crateri ritrovati nell’area settentrionale della Siberia siano il risultato di esplosioni di metano causate dai permafrost. Il dibattito è ancora aperto e non è detto che le due cose siano collegate, tuttavia la situazione rimane comunque critica.
Ad esempio in Siberia, un gruppo di ricerca ha scoperto un’area marina dove si trova del gas metano che sta ribollendo in superficie. Gli studiosi, guidati da Igor Semiletov, del Politecnico di Tomsk hanno ribattezzato il fenomeno fontane metanifere. Tutto questo è una conseguenza spettacolare, inusuale e non promette niente di buono per il pianeta, del permafrost che si scioglie sotto la coltre marina.
Il permafrost di sta sciogliendo in Siberia?
Il permafrost, in sostanza e ‘terreno che e’ permanentemente congelato e che lo stato è in alcuni casi per decine di migliaia di anni. Secondo le stime del National Data and Ice Data Center, il permafrost in questo momento copre circa 22,5 milioni di chilometri quadrati dell’emisfero settentrionale del pianeta.
Ma il permafrost, come abbiamo spiegato sopra, ha in sè del materiale organico sedimentato, e quando questo permafrost si scioglie, come succede sempre più frequentemente, questi composti organici rilasciano metano, un gas serra molto piu ‘potente della CO2.
Si crea cosi un circolo negativo: la neve si scioglie a causa dei gas serra e dei cambiamenti climatici, il piu ‘metano nell’atmosfera, ancora piu’ neve si scioglie e ancora piu ‘metano in atmosfera. Insomma un circolo vizioso.
Molto di questo permafrost si trova in Siberia ed è qui che è arrivato un evento alla luce gli effetti strani dei cambiamenti climatici sul permafrost, con immagini di terra tremante, di bolle di metano, e ora di fontane al metano. Per esempio un video e ‘qui.
Il permafrost e ‘anche presente sotto gli oceani, e infatti anche qui è presente un evento straniero: per esempio nel 2017 sono stati scoperti centiania di crateri al disotto del Mare di Barents, tra la Norvegia e la Russia. Questi crateri erano frutto del metano che accumulava e che poi scoppiava quando la pressione diventava troppo alta.
Le concentrazioni di metano in atmosfera in questi luoghi vicino allo scioglimento del permafrost possono essere anche di sei o sette volte maggiori rispetto al normale.
E la fontana di metano? Beh, Semiletov dice che non ha mai visto una cosa simile prima d’ora .
Qui le concentrazioni di metano sono ben nove volte superiori rispetto alla normale.
Sono scene apocalittiche che abbiamo creato noi umani.
(Foto in evidenza: wikimedia; foto interna: frontierscientists)