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A un bimbo di 6 mesi viene negata la cittadinanza italiana perché ha due mamme. Il sindaco del suo Comune si è infatti rifiutato di trascrivere l’atto di nascita…
Può un buco legislativo negare il diritto alla cittadinanza di un bimbo? Nato 6 mesi fa in Spagna, Joan, questo il nome del piccolo, ha due mamme. Il sindaco di Perugia, Andrea Romizi, comune di residenza delle due donne si è rifiutato di trascriverne l’atto di nascita. Appellandosi a un ‘vuoto legislativo’.
Eppure altri comuni italiani sono riusciti a gestire situazioni simili con una sorta di scappatoia…
Atto di nascita negato: il rifiuto
I bambini presenti nelle coppie omosessuali sono stati in genere riconosciuti dalle altre amministrazioni comunali italiane in questo modo: al momento dell’iscrizione dell’atto di nascita, è stato indicato almeno uno dei due genitori. Una sorta di ‘scappatoia’ che ha permesso di assegnare la cittadinanza ai bambini, anche in assenza di una norma specifica sulla materia. È successo a Roma, così come a Torino.
Una prospettiva che però Romizi ha rifiutato. Il sindaco, appartenente a Forza Italia, ha infatti dichiarato di avere le “mani legate“. E parla di una “lacuna nella normativa vigente“. La giunta perugina ha infatti affermato che “la disciplina attuale non disciplina le trascrizioni riguardanti figli di genitori dello stesso sesso. A tale proposito è stato richiesto un parere alla prefettura e l’atto di diniego espresso dagli ufficiali di stato civile si è conformato al parere della giunta”.
Insomma, applicando “le norme vigenti” e le “funzioni dello stato civile“, il sindaco ha deciso di non trascrivere l’atto di nascita per intero. Appellandosi a una carenza di legge. Una carenza che, spiegano sempre dalla giunta, non può essere sopperita da un primo cittadino:
“Il sindaco non ha potestà legislativa e rimane in attesa degli eventuali interventi del legislatore alla luce anche della recente pronuncia della Cassazione”.
Atto di nascita negato: le associazioni ribattono
Ad assistere legalmente le due mamme, le associazioni Omphalos e Rete Lenford. Che hanno pesantemente criticato Romizi, ribadendo il diritto del piccolo Joan:
“Ci chiediamo con che coraggio l’amministrazione comunale abbia scelto di negare a un bambino di sei mesi il diritto all’identità. Questo atteggiamento, oltre che essere fuori dal tempo, è fortemente discriminatorio e crudele. Crudele perché a farne le spese è un bambino la cui unica “colpa” è quella di avere due mamme che lo hanno tanto desiderato e che lo amano. I tribunali di molte città e persino la Cassazione si sono già espressi più volte ordinando ai comuni reticenti di procedere alla trascrizione. Il Comune di Perugia ha però ignorato tutte le sentenze e ha rifiutato la trascrizione per motivi di ordine pubblico. Motivazione al limite del ridicolo. Al Comune evidentemente piace spendere denaro pubblico in ricorsi persi in partenza e noi non ci tireremo certo indietro”. Queste le dichiarazioni rilasciate da Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos.
A complicare ulteriormente la situazione, il fatto che il bimbo sia praticamente “confinato” in Spagna. Non essendo stato trascritto l’atto di nascita, “Joan non ha i documenti per viaggiare e fare rientro in Italia. Non può iscriversi a un asilo. In Spagna esiste lo ius sanguinis: al momento, quindi questo bambino non ha cittadinanza”, conclude Bucaioni.
La vicenda è già arrivata in Parlamento. Alcuni senatori Pd hanno effettuato un’interrogazione al ministro dell’Interno Marco Minniti. I relatori si appellano alla sentenza della Cassazione dello scorso settembre e di quella della Corte d’Appello di Trento, entrambe a favore della trascrizione dell’atto di nascita.