Nei giorni scorsi i media americani hanno sottolineato come il presidente Trump abbia scritto un tweet, riguardante un possibile miglioramento delle situazione Coronavirus in Cina grazie all’aumento delle temperature che, oltretutto, è immaginabile aspettarsi con l’arrivo della stagione primaverile.
L’arrivo della bella stagione che, ricordiamo, inizierà ufficialmente con l’equinozio di primavera del 20 marzo, ci porta a chiederci, sempre più spesso, se esiste un nesso tra l’andamento delle temperature e la diffusione del Coronavirus.
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Alcuni studi rivelano la sensibilità del virus alle alte temperature
Uno studio, condotto da un team dell’Università Sun Yat-sen di Guangzhou, nella Cina meridionale, ha cercato di determinare come la diffusione del Covid-19 possa essere influenzata dai cambiamenti di stagione e di temperatura.
Nel rapporto si evince che il virus è altamente sensibile alle alte temperature; il che potrebbe impedire la sua diffusione nei paesi più caldi, mentre il contrario si verifica nei climi più freddi.
Un altro studio, condotto dai ricercatori del Maryland, ha messo in relazione il clima con la diffusione del Coronavirus. Il team, coordinato dal dottor Mohammad M. Sajadi dell’Istituto di Virologia presso la Scuola di Medicina dell’Università del Maryland, ha analizzato le aree più colpite dal virus SARS COV2, portando particolare attenzione a latitudine, temperatura e umidità delle zone.
La Cina, stando allo studio, ha visto il maggior picco di contagi a gennaio/febbraio: in quel periodo la temperatura media registrata a Wuhan era di 6,8°C. In seguito, tra febbraio e marzo, i più colpiti sono stati Italia, Corea e Iran, quando le temperature erano 7,8° C a Piacenza e Lodi; 5,3°C a Seoul e 7,9°C a Teheran.
Dall’analisi dei dati, i ricercatori sono arrivati ad ipotizzare che il virus riuscirebbe a prosperare più facilmente in alcune zone rispetto ad altre, a causa dei fattori climatici, in particolare:
- con temperature medie dai 5 agli 11° C
- un’umidità media relativa tra il 47 e il 79%
A sostegno dell’ipotesi, la mancata diffusione del Coronavirus in località fredde, con clima rigido e temperature medie di 2° C o meno: in Russia ci sono stati solo 7 casi; in Canada solo 79 contagiati.
Da questo studio emerge che anche le temperature molto elevate rendono difficoltoso lo sviluppo del virus (es. Thailandia, temperatura di 32°C, con solo 53 casi).
Alcuni esperti preferiscono non sbilanciarsi
Alcuni fattori, come la similitudine con altre condizioni tipicamente stagionali, lascerebbero ben sperare. I Center for Disease Control and Prevention americani scrivono: “Altri virus, quali quelli del comune raffreddore e dell’influenza, si diffondono di più durante i mesi freddi” aggiungendo, però: ” ma questo non significa che sia impossibile ammalarsi con questi virus durante gli altri mesi. Al momento non si sa se la diffusione del Covid-19 diminuirà con l’arrivo del caldo”.
Massimo Galli, direttore del reparto Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano dice: “La bella stagione diminuisce l’occasione di contatto con le persone al chiuso e alcuni precedenti come quello della SARS suggeriscono un andamento stagionale per questo tipo di virus. Ma non si tratta che di un precedente che impedisce di trarre conclusioni su quello che ci aspetta per i mesi a venire. Non è possibile dire se sarà maggiore il peso delle misure contenitive o il comportamento del virus stesso sull’evoluzione della malattia”.
Il noto epidemiologo statunitense Stephen Morse della Columbia University ha spiegato che immaginare che il virus se ne vada col caldo rientra a oggi nelle ipotesi più ottimistiche, basate semplicemente su conoscenze pregresse su altri tipi di virus.
“E’ possibile-dice- ma per ora è una pia illusione, facendo un’analogia con l’influenza e altri virus respiratori tipici della stagione fredda”, aggiungendo che una risposta sarà disponibile ad aprile ma che questo implica agire ora per contenere i contagi, invece di farsi cullare da analogie piene di speranze, ma molto probabilmente sbagliate.
Alcuni esperti invitano a non sottovalutare il ruolo dei cambiamenti climatici
Grazia Francescato, professoressa esperta di questioni ambientali, presidente del WWF dal 1992 al 1998 ha spiegato che dal 28 febbraio non si parla più di emergenza climatica ma solo di Coronavirus, eppure i due problemi sono fortemente connessi.
Già 13 anni fa, in un rapporto del 2007, l’OMS aveva avvertito che le infezioni virali, batteriche o da parassiti sarebbero state una delle minacce più consistenti per il Pianeta, proprio a causa dei cambiamenti climatici, eppure il grido d’allarme degli scienziati ha continuato a risuonare, quasi sempre inascoltato.
Oggi però, dice la Francescato, “non possiamo più permetterci il lusso di non tenerne conto. Ne va della nostra salute oltre che dell’equilibrio della terra”.
Insomma, le ricerche sull’evoluzione del Coronavirus proseguono e, ad oggi, non c’è nessuna certezza sul nesso andamento temperature-diffusione del virus.
C’è da notare che il corona virus in Italia è stato più aggressivo nelle zone industrializzate del paese. La pianura padana è la zona più inquinata d’Europa e c’è tanta gente che ha problemi respiratori o muore a causa dello smog, ma questo non ci viene detto e ci fanno credere che tutte le morti siano causate dal corona virus!