Le elevatissime dosi di gas radon, radioattivo e cancerogeno, presenti nella ex base Nato al monte Venda, in provincia di Padova, hanno causato almeno due morti tra i militari che vi prestavano servizio. I vertici militari sapevano del pericolo, ma non hanno fatto nulla per impedirlo. Sono queste le conclusioni a cui è arrivato il Tribunale di Padova, in una sentenza storica che vede per la prima volta condannato anche il Ministero della Difesa.
Nella base veneta, era stanziato il primo Regional Operation Center della Nato, predisposto al controllo del traffico aereo militare e commerciale fino a Roma, durante la Guerra Fredda. Nella struttura erano operativi centinaia di militari. Decine i casi di morti sospette e di malattie alle vie respiratorie. Vittime che, oggi, hanno avuto un briciolo di giustizia. Ma non basta.
Ecco cosa è accaduto.
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Radon tossico: centinaia i decessi all’ex base Nato
Le Forze Armate sapevano. Almeno dalla fine degli anni ’80, sapevano che in quella base c’erano elevate concentrazioni di radon. Ma non hanno agito per evitare i danni alla salute subiti dai militari. Non hanno limitato l’accesso ai locali contaminati. Non hanno dotato il personale di adeguate protezioni. E anzi avrebbero addirittura provato a mettere a tacere la scoperta, sminuendo il rischio legato alla presenza del gas radioattivo e cancerogeno. In attesa dei successivi gradi di giudizio, è questo quanto stabilito dal Tribunale di Padova. Condannato a 2 anni di carcere l’ex direttore generale della Sanità Militare, Agostino Di Donna. Il reato, pesantissimo: omicidio colposo.
Insieme a Di Donna è stato condannato anche il Ministero della Difesa: dovranno insieme risarcire i 3 membri dell’Aeronautica che si sono costituiti come parte civile al processo. Altri 3 appartenenti ai vertici militari, ramo Aeronautica, sono stati condannati, mentre Franco Pisano, ex capo di Stato Maggiore, è stato assolto.
Una sentenza a cui si arriva dopo un cammino tortuoso. Partita nel 2005, l’inchiesta è passata per due richieste di archiviazione, respinte dal gip. L’indagine è partita dopo morte di Graziano Strazzacappa e Nicola Santacroce, militari, morti dopo aver lavorato nell’ex base Nato, e per la malattia di un terzo membro della base.
Come sottolinea Patrizia Sadocco, legale di parte civile nel processo, si tratta di una sentenza storica. Per la prima volta, infatti, si riconosce la colpevolezza della Difesa nelle morti legate all’esposizione al radon:
«È la prima sentenza del genere in Europa – ha commentato Sadocco – alla quale siamo arrivati in primo grado dopo una battaglia lunga e piena di ostacoli. Per il mondo militare era impossibile pensare che qualcuno fosse responsabile penalmente per la morte o le malattie che hanno colpito centinaia di militari in servizio».
Decine di morti e ammalati
Nell’ex Base nato del monte Venda hanno lavorato circa 600 persone, dal 1955. La prima analisi pubblica delle quantità di gas radon presenti nei locali della base, arriva nel 2003, su iniziativa dell’Arpav. Nel frattempo, decine di persone hanno perso la vita. Le stime sono diverse. Circa 70 i decessi secondo qualcuno; fino a 119 per altri. 26 sarebbero le persone morte per tumore al polmone, malattia correlata all’inalazione del gas radioattivo. Decine poi sono le persone che hanno sviluppato patologie in seguito al loro lavoro presso il centro Nato.
Sono tanti infine, i militari esposti alla contaminazione, che però non hanno la possibilità di sapere se ne sono stati affetti, perché mancano i protocolli medici adeguati. Tra loro, il luogotenente Franco Carocci, tecnico di manutenzione del controllo e traffico aereo, che in un’intervista rivela di essere stato assegnato al Monte Venda fino al 2010.
«Lavoravamo sia nella galleria, sia nella parte superiore, dove sono state riscontrate elevate quantità di radon, di radiazioni ionizzanti. Siamo entrati a conoscenza dell’esposizione solo nel 2006. Ancora oggi aspettiamo che ci vengano riconosciute delle visite specialistiche, protocolli medici particolari, che a tutt’oggi non facciamo».
Che cos’è il radon e cosa provoca
Il gas nobile radon è un elemento chimico naturale, radioattivo. Deriva dal decadimento nucleare del radio, proveniente a sua volta dall’uranio. La sua pericolosità è legata anche al fatto che non è individuabile dai nostri sensi: è incolore, inodore e insapore.
Già nel 1988, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) lo ha classificato tra le sostanze cancerogene per l’uomo, nel Gruppo 1. Il radon, sostengono gli esperti dell’OMS, causa un aumento del rischio di contrarre il tumore ai polmoni.
La concentrazione del gas nell’atmosfera si misura in Bq/m3, dove Bq è l’unità di misura becquerel: il Sistema internazionale lo definisce come l’attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo.
Secondo le stime, per ogni 100 Bq/m3 di esposizione, il rischio di contrarre il cancro aumenta del 16%. Considerando una concentrazione media italiana di 70 Bq/m3, dobbiamo concludere che circa l’11% dei 31mila casi di tumore polmonare in Italia sono attribuibili al gas radioattivo. Il fumo di sigaretta, inoltre, peggiora ulteriormente tale rischio: per i consumatori di tabacco, la possibilità di contrarre un tumore per esposizione al radon aumenta di 15/20 volte rispetto alla media.
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