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Radiazioni del WiFi sui treni: non se ne parla mai abbastanza. Dopo un esposto del Codacons di 4 anni fa, tutto tace. Ma quali sono i rischi per i viaggiatori?
Qualcuno se lo ricorderà, perché le analisi tecniche del Codacons fecero scalpore e (per una volta) interessarono anche la grande stampa nazionale. “Sui treni italiani dotati di Wi-Fi la somma delle radiazioni elettromagnetiche è superiore ai limiti di legge“.
Così titolava l’associazione dei consumatori in un comunicato stampa, che faceva seguito ad alcune analisi effettuate sui convogli di Trenitalia e Italo. Era il 2012 e all’epoca furono mobilitati i ministeri della Salute e dell’Ambiente per porre un freno al problema.
Radiazioni “fuori legge”
Il Codacons effettuò all’epoca delle misurazioni all’interno delle carrozze di Trenitalia e Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori, la compagnia che fa viaggiare Italo), per rilevare la presenza di onde magnetiche ed elettromagnetiche.
Ne concluse che tali radiazioni superavano complessivamente i limiti fissati dalla legge. Rappresentando “pertanto, un potenziale pericolo per la salute dei passeggeri“, concludeva l’associazione.
In particolare, le misurazioni furono effettuate sul treno 9655 Frecciarossa di Trenitalia, che viaggia tra Milano e Roma, e su Italo 9940, tra Roma e Milano.
Sul Frecciarossa, i rilevatori del Codacons misuravano un picco di 5,56 microTesla per il campo magnetico prodotto. Per quanto riguarda il campo elettromagnetico, si raggiungeva un picco di 4,65 V/m.
Su Italo, invece, si raggiungevano punte di 33,48 microTesla per quanto riguarda il campo magnetico. Non era stato possibile invece effettuare una misurazione sul campo elettromagnetico.
“I dati registrati – spiegava allora il Codacons – appaiono ancor più gravi se si considerano i limiti previsti dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che ha inserito i campi magnetici come “possibilmente cancerogeni” quando superano il livello di 0,4 microTesla. In tal caso i valori registrati sul treno Frecciarossa farebbero registrare un superamento dei limiti del 588%, mentre per il treno Italo si arriverebbe addirittura ad un +6800%”.
C’è quindi un rischio radiazioni sui treni dell’alta velocità in Italia? Non esattamente.
La smentita
Un’analisi di Alessandro Grechi, ingegnere delle Telecomunicazioni, Web & Software Developer, individuava delle falle nelle conclusioni del Codacons.
Secondo Grechi, in realtà, i campi magnetico ed elettromagnetico presenti sui treni non sarebbero tanto riconducibili al WiFi, quanto alla ferrovia stessa:
“Due metri sopra di voi, seduti comodamente in carrozza, viaggia una linea elettrificata a 25 kV – 50 Hz. Risulta quindi normale che questa generi un campo elettromagnetico (CEM) abbastanza rilevante. Ed è esattamente quello che è risultato dai test”.
Confrontando poi i dati dell’associazione con i valori massimi previsti all’epoca dalla legge italiana, Grechi concludeva che “sia i valori relativi alla rete elettrica che quelli relativi al wifi misurati sono del tutto dentro i limiti di legge”.
Ma le radiazioni del Wi-Fi fanno male: sì o no?
Lo Iarc nel 2011, proprio come affermava il Codacons, aveva inserito le radiazioni da Wi-Fi tra i probabili cancerogeni. Da qual momento, però, l’istituto ha modificato la propria posizione:
“Non ci sono attualmente prove scientifiche sufficienti a sostegno di un rapporto diretto causa-effetto tra esposizione a campi elettromagnetici e cancro”.
Come mai questo cambio di opinione? Rivalutando alcuni studi scientifici, i ricercatori hanno concluso che “nonostante le onde elettromagnetiche penetrino nel corpo umano e possano causare riscaldamento dei tessuti, i livelli a cui siamo normalmente esposti sono talmente bassi che questo fenomeno è pressoché inesistente“.
Possiamo stare tranquilli? Non così in fretta.
Lo stesso Iarc è costretto ad ammettere che gli “studi di correlazione tra esposizione a campi elettromagnetici e aumento del rischio di cancro sono ancora in corso”. E che, insieme all’OMS, raccomanda “un continuo controllo e monitoraggio del fenomeno”.
Altri studi recenti, comunque, sembrano smentire l’ottimismo dell’istituto anticancro. Vi avevamo infatti parlato, l’anno scorso, di una ricerca pubblicata su ‘Electromagnetic Biology & Medicine’ sugli effetti di smartphone e radiazioni da WiFi.
L’analisi, condotta dall’Istituto di patologia sperimentale, oncologia e radiobiologia di Kiev, dimostrava come i campoi elettromagnetici possano provocare stress ossidativo. Producendo, così, i cosiddetti radicali liberi.
Un fenomeno che può portare a disturbi molto diversi. Mal di testa, affaticamento, persino irritazione cutanea. Tra gli effetti più gravi: malattie degenerative tra cui il cancro.
Il dibattito è aperto, quindi. Una domanda, però, sorge spontanea: perché di questi temi non si parla più? Se non c’è ancora certezza sulla salubrità delle radiazioni da WiFi, perché non si prendono provvedimenti? Possibile che dall’analisi Codacons 2012 (anche se non accurata), non si sia riusciti più a parlare dell’argomento?
Foto: Zepfanman.com