Alcuni consigli utili per gustare al meglio questo straordinario ingrediente
Ci sono ricette in cui il riso necessita di un lavaggio preventivo prima dell’uso; altre in cui questa pratica è altamente sconsigliata. Lavaggio sì o lavaggio no? Cerchiamo di capire come e soprattutto in che occasioni lavare il riso sotto l’acqua corrente, cercando di fare attenzione alle inevitabili eccezioni, che sono ormai radicate nella tradizione culinaria italiana.
Questa piccola e breve guida ha per protagonista un ingrediente davvero speciale: il riso.
Sono moltissime le varietà di questo cereale, diffuso e coltivato fin dall’antichità, colonna portante dell’alimentazione orientale, in primo luogo, ma non solo. Eppure, se non si conoscono bene le caratteristiche di ciascuna varietà, i tempi di cottura, i giusti utilizzi e gli abbinamenti, si rischia di commettere gravi errori anche nelle ricette più semplici. Tenete conto che molto spesso è semplicemente una questione di amido: l’amido di riso, infatti – legante naturale, rimedio contro l’acidità di stomaco – è l’elemento che permette di avere un risotto cremoso e “all’onda” oppure un’insalata fresca e non collosa.
E dall’amido di riso, principalmente, dipende la necessità di avere un lavaggio o meno del riso stesso, prima di iniziare a preparare la ricetta. Scopriamo perché.
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Partiamo dalle basi: il riso e l’amido
Il chicco della pianta del riso (Oryza sativa) contiene circa l’85% di amido: una percentuale davvero molto alta. Ma c’è amido e amido così come c’è chicco e chicco: in particolare, l’amido del riso è costituito da due diversi tipi di polimeri di glucosio:
- l’amilosio, un polimero di glucosio lineare, tipico delle varietà di riso a chicco lungo (riso fino o superfino) che è perfetto per le insalate e i piatti orientali: durante la cottura, infatti, tende a rimanere ben sodo, separato e non gelatinoso;
- l’amilopectina, un polimero di glucosio ramificato: proprio grazie alla sua struttura, gelatinizza durante la cottura ed è tipico di quelle varietà di riso che risultano più collose e cremose e che vengono spesso utilizzate in risotti, minestre e dolci.
Cosa succede quando si sciacqua il riso?
Lavare il riso sotto l’acqua vuol dire privare il chicco della parte superficiale ricca di amido, eliminandone una buona parte. Ovviamente questa operazione è più adatta a quelle varietà di chicco che sono già in partenza povere di amido di tipo amilopectina, e che invece contengono amilosio. Lo scopo del lavaggio, infatti, è quello di accentuare le caratteristiche del chicco lungo, ottenendo in cottura un riso ben sgranato, staccato, morbido e leggero.
Il lavaggio invece non è molto efficace (e di sicuro è sconsigliato) con le tipologie di riso a chicco piccolo e tondo, ideale per risotti (ad esempio Carnaroli, Vialone nano, Roma, Baldo): non solo l’operazione risulterebbe lunga e complessa, perché queste varietà sono molto ricche di amido, ma vanificherebbe uno il principale pregio delle suddette tipologie di riso, ovvero la cremosità, le proprietà leganti e collose.
Come lavare il riso
Di sicuro non si tratta nel complesso di un’operazione difficile come pulire il pesce, e ognuno di noi almeno una volta l’avrà già fatto. Il nostro consiglio è di utilizzare un colino a maglie strette, posato sul bordo di una ciotola riempita d’acqua fredda. Versate il riso nel colino, immergendolo nell’acqua, e smuovetelo con le mani. Noterete subito che l’acqua diventerà immediatamente torbida, perdendo la sua trasparenza. Scolate il riso sollevando il colino dalla ciotola, lasciate sgocciolare l’acqua e svuotate la ciotola; riempitela con della nuova acqua pulita e ripetete l’operazione finché l’acqua non resterà pressocché limpida.
Quando lavare il riso
Arriviamo dunque al punto fondamentale: quando va lavato il riso? In base a quanto detto finora è facile intuire che il riso NON va mai lavato:
- per cucinare risotti, altrimenti non avremo un risotto cremoso o “all’onda”, ma semplicemente un piatto di riso non legato;
- per cucinare dolci e minestre, e la ragione è più o meno la stessa: salvo rare eccezioni, si tratta di ricette che richiedono un riso dalle proprietà particolarmente leganti;
- quando utilizziamo un chicco tondo e piccolo, ovvero una tipologia di riso ricca di amido (amilopectina), per cui sarebbe un peccato perderlo.
È invece consigliabile lavare il riso:
- per piatti orientali, come per la preparazione del sushi o di piatti con riso pilaf e riso thai;
- per insalate di riso, in cui è bene che i chicchi rimangano ben separati e che siano ben sgranati;
- quando ritenete che possa essere contaminato da polvere e altre impurità dovute al confezionamento: anticamente la pratica del lavaggio del riso era quasi sempre d’obbligo, perché era necessario pulirlo da residui ed eventuali granelli di terra, sabbia o roccia;
- se lo utilizzate per lanciarlo ad un matrimonio: in questo caso è bene lavare e poi lasciar asciugare il riso, in modo da evitare che macchi di bianco gli abiti scuri di sposo e invitati.
Buongiorno,
in verità l’amido nel riso è sempre composto sia da amilosio che da amilopectina. Il rapporto tra queste due tipologie di amido, rende il riso più o meno “colloso” in fase di cottura, ma è anche responsabile dell’innalzamento o meno dell’indice glicemico di chi lo assume.
In generale, la “polvere” presente sul riso è semplicemente amido e residui di lavorazione della riseria, quindi non si tratta di sporco. Per questo motivo eviterei di lavare il riso sempre, a meno che non si intenda fare sushi o supplì, ossia piatti collosi.
Mai lavare il riso per lanciarlo agli sposi, perché macchia gli abiti, mentre l’amido si toglie facilmente con una scrollata.