Malgrado la scienza si sia dotata di mezzi per l’evoluzione della produzione energetica spesso si ha l’idea che i sistemi tradizionali siano più efficienti; questo porta a diffidare dell’innovazione radicale richiesta per affrontare la questione climatica e rispondere all’esaurimento dei fossili.
A poco vale scoprire nuovi giacimenti in fondo all’oceano o tra i ghiacci polari in scioglimento o ricorrere a tecnologie – come quella dello “shale gas” – che richiederanno sempre maggiore energia primaria man mano che si esauriscono le riserve di accesso più immediato ed enormi infrastrutture di trasporto si mangeranno parte del contenuto energetico prelevato. Il ritorno energetico sull’investimento energetico (Eroei) per questi sistemi sarà sempre più compromesso, si accelererà l’esaurimento dei fossili tradizionali impiegati nel ciclo, sarà innalzata irreversibilmente la temperatura del pianeta con nuove emissioni di CO2. Inoltre, sarà inevitabile cercare di ridurre le esposizioni finanziarie di investimenti così massicci e rischiosi ricorrendo a polizze assicurative, prodotti derivati e altri artifici monetari, che giocando prevalentemente sull’economia virtuale, faranno pagare il conto finale ancora una volta ai contribuenti.
Perché allora non assumere strategicamente e definitivamente un cambio del paradigma energetico, sfruttando sempre di più l’energia diretta e diffusa che proviene dal mondo naturale, anziché quella foriera di grandi rischi, accumulata in milioni di anni di lavoro della fonte solare e immagazzinata nelle parti sempre meno raggiungibili del nostro pianeta? Ma quella che questo blog prova a suggerire e indagare non sembra la strada intrapresa dai leader mondiali nei loro incontri fallimentari. Eppure ormai il mondo scientifico, le comunità locali, l’opinione pubblica indicano una pluralità di esperienze e soluzioni nuove. Questi soggetti, in sostanza, abbandonano il dogma quantitativo e confutano l’idea che un organismo cui è impedito di crescere senza fine, diventi invalido. La sfida del meglio invece del più è considerevole ed è ad essa che si rivolge una estesa convergenza di esperienze e di programmi che privilegia con convinzione e fiducia le rinnovabili, il risparmio, la riduzione delle emissioni climalteranti. A questo fine si prodigano ingegneri, scienziati, industriali, economisti, politici, filosofi e psicologi. Le resistenze, occorre dirlo, sono molto potenti e radicate. Perciò si tratta di affrontare il problema non solo con l’intelligenza, ma con saggezza ed è questa che forse oggi manca a gran parte dei politici che ci governano.
“È richiesto un altro modo di ragionare, non solo un cambiamento del paradigma tecnico-economico e occorrono azioni esemplari che si stampino nell’immaginario”. Così insegnava Joachim Gretz,recentemente scomparso, responsabile della ricerca sull’idrogeno nel Centro di Ricerca della UE a Ispra. A lui, mi piace ricordarlo, fu richiesto due anni fa un esempio dimostrativo per EXPO 2015. Stilò così un progetto per trasformare con poca spesa l’alimentazione dei vecchi piroscafi a ruota Patria e Piemonte dei Laghi di Como e Maggiore da gasolio ad idrogeno. Idrogeno che, almeno per i viaggi inaugurali, sarebbe stato accumulato nei serbatoi dopo essere stato prodotto per idrolisi con l’elettricità fornita da pannelli solari posti a copertura degli imbarcaderi di approdo.
Avremmo visto così scivolare silenziosi e senza emissioni inquinanti i fumosi “vapori” delle gite dei nostri nonni… Inutile dire che una dimostrazione suggestiva – oltre che attraente anche dal punto di vista turistico – dell’avanguardia tecnologica nel campo delle energie pulite, non è stata nemmeno presa in considerazione.
tratto da ” Il fatto quotidiano”