Perché mangiare Sashimi non è esattamente la scelta più sostenibile che possiate fare.
Il Sashimi? È tra i cibi che potrebbero avere il peggiore impatto sull’ambiente e la cui industria viola i diritti umani. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi da Greenpeace che, nel suo rapporto “Made in Taiwan” ha evidenziato il lato macabro e oscuro del piatto tipico della cucina giapponese.
Un bocconcino di sashimi su tre arriva dalla pesca taiwanese, un’industria che, denuncia Greenpeace, viola i diritti umani e massacra gli animali.
Il rapporto pubblicato dall’organizzazione nasce da un anno di investigazioni effettuate dagli attivisti su tonniere taiwanesi. Indagini che hanno portato alla luce “spinnamento illegale degli squali, abusi delle condizioni lavorative e dei diritti umani e l’incapacità di Taiwan di rispondere adeguatamente a questioni come omicidi e traffico di droga in mare“.
Con la crescita della loro domanda, i consumatori di Stati Uniti, Giappone e anche Europa, spiega Greenpeace, chiedono a Taiwan standard elevati che non può offrire.
A livello globale, Taiwan possiede il maggior numero di tonniere ed è la sesta realtà ittica del Pacifico. “Grosse quantità di tonno pescato dalle flotte taiwanesi – si legge nel rapporto- vengono esportate per la lavorazione in Thailandia, dove sono venute alla luce di recente gravi violazioni del lavoro e dei diritti umani“.
Durante le indagini sarebbero emersi casi di sfruttamento dell’equipaggio straniero, come paghe insufficienti, condizioni di lavoro disumane, abusi verbali e fisici e addirittura decessi in mare. Come spiega Yen Ning, responsabile della campagna, “sulle imbarcazioni di Taiwan ci sono almeno 160 mila lavoratori stranieri, con numerosi problemi di traffico di esseri umani e di persone costrette a lavorare“.
E non va meglio per quel che riguarda l’uccisione degli squali, impigliati nelle reti delle tonniere: “Nelle nostre indagini abbiamo scoperto almeno 16 casi di spinnamento illegale degli squali, solo in un porto e in un periodo di tre mesi”. “Possiamo solo immaginare la portata più vasta di questa pratica”. “E purtroppo questo avviene sotto il naso delle autorità. Un’imbarcazione nota per la pesca illegale e coinvolta in casi di spinnamento degli squali ha continuato ad operare anche dopo la denuncia di Greenpeace alle autorità“.
Lo spinnamento degli squali (shark finning) è una pratica illegale che consiste nel tagliare le pinne a uno squalo, indipendentemente se ancora vivo o morto. I corpi degli animali, molti dei quali ancora in vita, vengono gettati in mare. Lì gli squali muoiono tra atroci sofferenze dissanguati o attaccati da altri squali. Le pinne vengono vendute illegalmente e acquistate per realizzare una zuppa senza sapore e senza alcun valore nutritivo. E, come abbiamo visto, il sashimi e lo spinnamento degli squali sono direttamente collegati.
Il dossier, fanno sapere gli organi di stampa, arriva in prossimità della scadenza del “cartellino giallo” che la Commissione europea ha alzato lo scorso primo ottobre nei confronti di Taiwan, e delle isole Comoros, sul fronte della pesca illegale. Ai due Paesi erano stati dati infatti sei mesi di tempo per prendere misure adeguate e assicurare l’origine legale di quel che finisce sul mercato e in particolare nei piatti degli europei.
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